domenica 13 giugno 2010

Il carisma della vocazione. La Responsabilità e il dono di svelare il mistero (Sequeri)


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Il Papa: "Il Cristianesimo ha permesso all'Europa di comprendere cosa sono la libertà, la responsabilità e l'etica che impregnano le sue leggi e le sue strutture societarie. Emarginare il Cristianesimo — anche attraverso l'esclusione dei simboli che lo manifestano — contribuirebbe a privare il nostro continente della sorgente fondamentale che lo alimenta instancabilmente e che contribuisce alla sua vera identità" (Discorso)

Per mesi i media ci hanno rotto le "uova" pretendendo mea culpa e parole chiare dal Papa sulla pedofilia. E ora? Le parole non bastano più...comodo!

Benedetto XVI ha nominato Amministratore Apostolico del Vicariato Apostolico di Anatolia Mons. Franceschini. Sostuisce Mons. Padovese

Solito commento di Politi che critica il Papa e gioisce per il calo dell'otto per mille dimenticando chi saranno i primi ad essere colpiti

La lotta solitaria di Papa Ratzinger contro pedofili e gerarchie vaticane (Socci)

Tesoro in “vasi di creta”: editoriale di padre Lombardi (Radio Vaticana)

Lo storico mea culpa di Papa Benedetto rivolto al presente e non al passato. Il commento di Luigi Accattoli

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La bufala della foto di Ratzinger «nazista» nel nuovo libro di Eric Frattini (Tornielli). Mi aspetto dal Vaticano una reazione "violenta" ed immediata (errata corrige e precisazione)

Benedetto XVI davanti a 15mila sacerdoti: Mai più abusi (Mora per El Pais)

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Santa Messa di chiusura dell'Anno Sacerdotale: il bellissimo servizio di Lucio Brunelli

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Pedofilia, il Papa avverte il Nemico: "non spingerai la Chiesa fuori dal mondo (Caterina Maniaci)

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Veglia del Papa con i sacerdoti: gli splendidi video di Rome Reports

Il Papa: Dove non c’è coesione, non c’è progresso. Se rimaniamo uniti possiamo non farci piegare e spezzare dai venti del momento

Il Papa: Dio si serve di voi sacerdoti per servire gli uomini (Avvenire)

La richiesta di perdono del Papa per gli abusi del clero: video di Rome Reports

Pedofilia: Papa chiede perdono a nome della Chiesa: "Mai piu' abusi" (Ansa)

Il Papa chiude l'Anno Sacerdotale: "Era da aspettarsi che al «nemico» questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto; egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo. E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti – soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario. Anche noi chiediamo insistentemente perdono a Dio ed alle persone coinvolte, mentre intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più" (Omelia)

«La gioia di essere preti». A Roma da tutto il mondo (Stefania Careddu)

L'abbraccio del Papa ai sacerdoti di tutto i mondo (Sir)

Il giallo del patrono cancellato: il curato d’Ars (Tornielli)

Il Papa: Dio ci liberi dagli scandali che oscurano la testimonianza. L'arroganza della ragione oscura la presenza di Dio (Izzo)

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Il carisma della vocazione

La Responsabilità e il dono di svelare il mistero

Pierangelo Sequeri

C’è un tempo per rimanere incantati della signorile dispensazione della grazia, che affida i suoi tesori ai vasi di coccio (materia modesta: dura e fragile anche quando non dovrebbe).
C’è un tempo per rimanere avviliti per lo smarrimento del dono affidato, che ferisce al cuore più della spada, ed espone la fede all’incredulità. C’è anche un tempo – ed è ora – nel quale i due momenti sono come sovrapposti: e vanno vissuti insieme.
"Insieme". Ieri, nella visibile coralità dei quindicimila "segnati" e "consegnati", che si sono radunati intorno all’altare della celebrazione presieduta dal Papa, questo avverbio – "insieme" – ha sviluppato tutta la forza di un suo duplice significato.
"Insieme", vuol dire certamente la sincera disponibilità a portare in sé stessi, senza sottrarsi, l’incondizionata ammirazione della grazia ricevuta e anche la dolorosa ferita del peccato. Il sacerdote non vuole coprire il peccato con la retorica della grazia. Non vuole nemmeno dissimulare con imbarazzo, quasi fosse cosa di cui egli stesso dispone a suo piacimento, la bellezza del dono che porta. Il dono è di Dio. Ed è in favore dei molti che cercano segni di Dio: e uomini in carne e ossa realmente segnati da Dio.
Quando il Papa ci ricorda – e ricorda a tutti – che il sacerdozio è una consacrazione, non un mansionario, di questo parla. Quando ricorda che si tratta della vita di uno di noi, che azzarda la consegna di se stesso, e non di un ufficio che eroga prestazioni per il bisogno sociale di un po’ di religione, di questo parla. Quando ricorda che tra i segni che incidono la grazia destinata fin nella carne, come una ferita nel cuore che lietamente guarisce mille affetti feriti, il celibato sacerdotale offre un’insostituibile eloquenza alla pura grazia del sacramento, di questo parla. Non si tratta di fare vantaggiosa economia delle responsabilità, si tratta di allargare la disposizione dell’ospitalità per conto di Dio, in favore dei molti: a cominciare da quelli più inermi e più abbandonati.
"Insieme", ieri, diceva però anche altro. L’icona bella dei quindicimila intorno all’altare diceva di una "collegialità" indispensabile del sacerdozio ordinato e consegnato, che porta "insieme" la responsabilità e il dono. La comunione sacerdotale vive per prima – ed esemplarmente per tutti – la lieta disposizione a «portare gli uni i pesi degli altri», di cui parla l’apostolo Paolo. Se il ministero non è ufficio e mansionario, non è neppure luogo di carriera e competizione. Il vero miracolo, perciò, è che sia così vasta, tra i flutti della nostra società liquida che corrodono i buoni legami d’amore, la fermezza di questa lieta consegna. Nell’insieme dei volti conosciuti e sconosciuti delle migliaia, ieri, l’abbiamo vista. E l’abbiamo ammirata commossi, senza presunzione e senza arroganza, come un puro dono di Dio.
Ne custodiremo l’icona, sostenendoci e ammonendoci a vicenda, senza lagnare e senza dubitare di Dio: il quale ci assegna, umani come siamo, il compito di renderlo prossimo agli umani. Lo faremo nella franca coscienza di essere esposti per primi, e più di ogni altro, all’insidia del "nemico" che intorbida le acque dell’amore e del bisogno d’amore. Le genti d’Occidente, proprio di questo stanno affogando. Discepoli goffi e improbabili come siamo, cammineremo sulle acque, se Dio ce lo chiede.

© Copyright Avvenire, 12 giugno 2010

1 commento:

Anonimo ha detto...

Scusa l'OT, Raffa, visto che non c'è la voce "commenti" sotto il post di messa in latino sono costretta a pregarti qui di rimandare al saggio e intelligente pezzo di Izzo, come è stato fatto per Socci.
Alessia