sabato 3 luglio 2010
Domenica Benedetto XVI in visita a Sulmona per l'anno giubilare dedicato a Celestino V: Sulla via evangelica del perdono e del servizio (Angelo Spina)
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Domenica Benedetto XVI in visita a Sulmona per l'anno giubilare dedicato a Celestino V
Sulla via evangelica del perdono e del servizio
di Angelo Spina
Vescovo di Sulmona-Valva
I vescovi dell'Abruzzo e del Molise hanno voluto dedicare uno speciale anno giubilare a san Pietro Celestino, dal 28 agosto 2009 al 29 agosto 2010, in occasione degli ottocento anni dalla nascita, collocata dagli storici tra il 1209 e il 1215.
L'anno giubilare Celestiniano vuole essere un anno di grazia per tutti i fedeli delle undici diocesi dell'Abruzzo e del Molise e di quanti pur di altri luoghi desiderano viverlo.
Le diocesi del Molise sono tutte coinvolte. San Pietro Celestino, proclamato compatrono della Regione, è nato in Molise, è stato a Faifoli (Montagano) come chierico e come abate. La devozione è molto sentita in tanti luoghi tra cui Sant'Angelo Limosano, Montagano, Isernia ecc.
Altrettanto coinvolte sono le diocesi dell'Abruzzo: Sulmona con l'eremo di Sant'Onofrio, dove è vissuto per tanti anni, l'Abbazia Morronese e le reliquie conservate nella cattedrale di San Panfilo; Chieti, con l'eremo Santo Spirito a Roccamorice e quello di Sant'Onofrio a Serramonacesca; L'Aquila con la bolla della Perdonanza, la basilica di Collemaggio che ne conserva il corpo. La devozione di san Pietro Celestino è sentita in tutto l'Abruzzo. Egli rimane nella storia non solo per le vicende del suo tempo e del suo pontificato, ma soprattutto per la sua santità.
Sulla scia della sua esistenza, vissuta con intensità, siamo invitati a riflettere sul dono meraviglioso della vita e ad accogliere il progetto di Dio su di noi. Chi poteva pensare che da una famiglia povera di dodici figli, in un piccolo paese molisano, potesse nascere un uomo che tanto avrebbe fatto parlare di sé? Dio chiama alla vita e pone in essa la sua potenza. San Pietro Celestino, sin dalla sua giovinezza è stato un "cercatore di Dio", una persona in cerca di risposte ai grandi interrogativi: chi sono, da dove vengo, perché vivo, per chi vivo? La risposta la trova solo in Dio. Oggi molti sono alla ricerca di Dio, del volto di Dio, di una dimensione verticale. Credere non è cosa facile. È fatica credere. È passare dall'io al Tu, dal silenzio all'ascolto, dalla povertà alla ricchezza di accogliere Colui che si fa dono. Tutto ciò comporta obbedienza, perdita della libertà non per costrizione, ma per amore, come risposta al dono della fede. Di qui l'urgenza di una "nuova evangelizzazione".
Cerca Dio e, per ascoltarne la voce, si separa dal mondo, vive da eremita. Il silenzio diventa l'elemento che caratterizza il suo vivere quotidiano. E nel silenzio esteriore, ma soprattutto in quello interiore, ascolta la voce di Dio che parla alla coscienza. La parola di Dio, nel silenzio, trova spazio per essere accolta e ricevere la risposta libera con il "sì" della fede. Cresce sempre più in lui la dimensione contemplativa e la necessità della preghiera per avere forza.
In un mondo dove il chiasso esteriore è sempre più marcato, dove il silenzio interiore è assente, è necessario recuperare tale dimensione essenziale per poter fare ascolto dell'Altro e degli altri. Senza ascolto non c'è dialogo, non c'è risposta, non c'è comunicazione.
Vivendo sul monte Morrone e sulla Maiella, per lunghi periodi della sua vita, con scenari meravigliosi, aveva esperienza viva della bellezza del creato come opera delle mani di Dio. Ne coglieva il senso e la profondità, ne rispettava i segni, i ritmi, ne faceva uso e non abuso.
La visione della creazione senza il "principio", senza alcun riferimento etico, conduce l'uomo a sfruttare i beni della terra non per un uso ma con gravi abusi. Per la sete di avere, senza scrupoli, distrugge e inquina. Rovinando la bellezza, impoverendo il futuro del pianeta, delle sue risorse per le generazioni future, vengono causati danni irreversibili per la vita stessa dell'uomo. Oggi è urgente vigilare per la salvaguardia del creato.
Aveva chiara coscienza del peccato che, come freccia che entra nella carne e produce la piaga, ma anche certezza della misericordia che crea un cuore puro, un cuore nuovo con il suo amore di grazia.
Il mondo contemporaneo ha perso la coscienza e la gravità del peccato. Il pensiero relativista così imperante nasconde la verità della gravità del peccato. L'uomo non può autosalvarsi. La salvezza viene dall'amore di Dio dalla sua infinita misericordia che permette all'uomo di ritrovare la pace vera e di stare in pace con gli altri ed essere costruttore di pace.
La sua non fu solo una vita di eremita, ma di uno che viveva con gli altri, fondò un ordine, viveva in cenobio. Sui monti e in diversi luoghi incontrava le persone, i poveri, i pastori, i laici e per sottrarli alle tante angherie del tempo, gli dava coscienza della dignità della loro persona invitandoli a vivere in fraternità. Fondò diverse "fraternità", stili di vita cooperativistici dove al primo posto non c'era l'interesse personale, ma la ricerca del bene comune.
La cultura odierna permeata di individualismo porta al fallimento. L'aggregarsi solo per scopi utilitaristici non permette all'uomo di raggiungere la sua realizzazione integrale. Oggi si soffre di vuoto interiore, di mancanza di fiducia nell'altro. La via del bene comune, di vedere tutto nella logica del dono da ricevere e da ridonare, apre orizzonti nuovi e dona speranza.
Aveva capito così bene quanto è grande la misericordia di Dio che a L'Aquila per la sua elezione a pontefice volle "La Perdonanza". Un segno forte che denuncia la gravità del peccato e della divisione e che esalta la misericordia di Dio che perdona le colpe e le pene, che cerca la pace, che dona la pace all'uomo.
Non ci può essere giustizia senza perdono. Molti oggi sono giustizialisti. Ma se non c'è il perdono, la riconciliazione dei cuori, anche dopo avere applicato la giustizia, non può avvenire. Si rimane nuovamente divisi, separati, contrapposti. È necessario il perdono di Dio, la sua misericordia, la riconciliazione con lui perché possa esserci riconciliazione fra gli uomini.
Dopo la sua elezione a pontefice tocca con mano come l'uomo è avido di potere. Comprende che è ingannato da quelli che lo circondano, che approfittano della sua inesperienza per strappargli benefici. Egli continua a scavare nel suo cuore e cerca il Signore Gesù con tutte le forze per servire solo Lui, via, verità e vita. Nel suo cuore, dove per tutta la vita, ha cercato di fare deserto da ogni potere e vanità, niente può attecchire se non Dio solo. Un uomo liberato perciò libero dal potere. "Il Papa, come per dovere aveva accettato il Pontificato supremo, così, per dovere vi rinuncia; non per viltà... ma per eroismo di virtù, per sentimento di dovere" (cfr. Omaggio di Paolo VI a San Celestino V. Fumone, 1 settembre 1966).
L'uomo è assetato di potere, di voler dominare l'altro. La conversione di una visione del potere, inteso come schiacciare gli altri, a servire gli altri è un cammino lungo. È la via evangelica sempre più necessaria.
Pochi anni dopo la sua morte viene proclamato santo. La santità è possibile perché c'è il primato della grazia. Tutti siamo chiamati alla santità che è il segno di una vita riuscita. È la risposta più seria all'amore di Dio. È l'adesione più piena ai suoi disegni. È il trionfo della grazia. Santità è luce che si diffonde nel mondo grazie a innumerevoli lucerne vive, accese dalla grazia e seminate dovunque. Esse prendono luce dall'alto, ma sono saldamente piantate in terra. Esse fugano l'oscurità del mondo trasformandolo in un tripudio di luce: "Voi siete la luce del mondo... Risplenda la vostra luce davanti agli uomini" (Matteo, 5, 14). La morte non fu per Pietro Celestino V la fine, ma il principio della gloria, oltre che nel paradiso, anche sulla terra. Indica oggi a tutti che una terra senza cielo diventa fango e guardando il cielo, camminando verso il cielo diventa giardino. Giardino di Dio, di santità, di luce, di bellezza, di gioia, di gloria.
La visita pastorale di Benedetto XVI a Sulmona, nell'anno giubilare Celestiniano, è un grande dono fatto alla diocesi di Sulmona-Valva, alla città di Sulmona, all'Abruzzo intero, alla regione ecclesiastica Abruzzese-Molisana. La sua venuta è per tutti motivo di gioia, di consolazione e di speranza. Confermandoci nella fede e nella carità il Papa aprirà solchi nuovi per non avere paura a progettare il futuro.
Nel capitolo v della Lumen gentium i Padri conciliari hanno sottolineato "la vocazione universale alla santità" (cfr. Lg 40). "È ora di riproporre a tutti con convinzione questa "misura alta" della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione" (Novo millennio ineunte, 31). "La santità non è un lusso, non è un privilegio per pochi, un traguardo impossibile per un uomo normale; essa, in realtà, è il destino comune di tutti gli uomini chiamati a essere figli di Dio, la vocazione di tutti i battezzati" (Benedetto XVI, udienza generale, 20 agosto 2008).
Partendo da questa esigenza forte di una Chiesa, tutta chiamata alla santità, si aprono orizzonti programmatici nuovi, e anche la società civile riceve nuova spinta di speranza soprattutto dopo il sisma del 6 aprile 2009 e la crisi economica per la mancanza di lavoro soprattutto nell'entroterra abruzzese.
San Pietro Celestino invita tutti noi, mentre camminiamo sulla terra, ad avere fisso lo sguardo alle cose di lassù, quelle del cielo, che rimangono in eterno.
(©L'Osservatore Romano - 4 luglio 2010)
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