domenica 25 luglio 2010
Il sacerdote libero professionista. Sconcertano le “notti brave romane” dei preti dell'inchiesta di Panorama (Bernardelli)
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Il sacerdote libero professionista
di Giorgio Bernardelli
Sconcertano le “notti brave romane” dei preti dell'inchiesta di Panorama. Ma la “doppia vita” non è resa più facile dal fatto di non essere legati a una comunità?
Sembra senza fine il filone boccaccesco che ha per protagonisti i preti. Adesso tocca alle “notti brave” di alcuni sacerdoti gay nell'estate di Roma, raccontate con dovizia di particolari nel numero in edicola del settimanale Panorama. Di fronte a racconti del genere c'è ben poco da dire, se non ripetere - come ricorda la nota dedicata alla vicenda dal Vicariato di Roma - che chi vive il proprio sacerdozio in questo modo getta fango su tutti. Mi permetto solo di aggiungere che getta fango non solo sui preti: qui non c'è da difendere una “categoria”, ma qualcosa di più prezioso come la credibilità delle parole, dei gesti, dei riti attraverso cui siamo chiamati a rendere visibile all'uomo di oggi il Vangelo di Gesù.
Detto questo (e aggiunta tutta la vicinanza ai tanti preti che grazie al Cielo sappiamo non essere così), c'è - però - un aspetto di questa vicenda su cui credo valga la pena di spendere qualche parola. Mi ha colpito che nella risposta all'inchiesta il Vicariato di Roma faccia riferimento alle centinaia di sacerdoti che vivono a Roma per motivi di studio ma non sono impegnati in attività pastorali del Vicariato.
La nota non lo dice, ma a questi vanno poi aggiunti quelli che lavorano nei dicasteri vaticani.
Il riferimento è pertinente, perché leggendo l'inchiesta di Panorama tutto lascia pensare che i quattro sacerdoti di cui si parla non siano impegnati in una parrocchia. C'è in particolare un dettaglio sul “prete francese” di cui parla il settimanale che mi ha lasciato sconcertato ancora più delle sue frequentazioni: il fatto che di domenica celebrasse Messa dove gli pare (in casa addirittura), all'ora che gli pare e con chi gli pare. L'immagine che ne emerge è quella di un sacerdote “libero professionista”, con un ufficio da svolgere ma senza un legame con una comunità. Visto il contesto adesso è facile dargli contro. Ma siamo onesti è chiediamoci: il suo è un caso così isolato oggi a Roma?
E - anche lasciando perdere per un momento tutti i discorsi su notti brave, tendenze omosessuali, festini e chi più ne ha più ne metta - l'idea di un prete che fuori dall'orario di lavoro in Curia o dalle ore di studio all'Università Pontificia si fa sostanzialmente i fatti suoi, non è già una negazione dell'identità del sacerdote?
Certo, anche in questo caso è sbagliato fare di tutta l'erba un fascio. So benissimo che ci sono tanti sacerdoti della Curia e tanti studenti delle Università Pontificie che vanno regolarmente in parrocchia o vivono in altre comunità. Però mi chiedo se sia giusto lasciare tutto questo all'iniziativa dei singoli. Quando è in diocesi un sacerdote non si costruisce il suo ministero da solo e su misura. Perché a Roma le cose oggi possono andare diversamente?
E' solo una piccola domanda. Ma quel ritorno alla santità del sacerdozio, richiamata tante volte e con passione in questi mesi difficili da Benedetto XVI, non passa anche dalla correzione di queste storture?
http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=93
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4 commenti:
Vescovi diocesani dovrebbero attivarsi per appurare quanti e quali sacerdoti (anche quelli che sono dentro nei conventi) si dedicano alla vita mondana, uscendo la sera e rientrando all'alba.
Coraggio Vescovi tutti, prima che la Chiesa affonda e Dio terrà conto del vostro comportamento.
Purtroppo, c'è chi pensa che il sacerdozio non sia una missione ma, un lavoro come altri. Dunque, pensa anche, che finito il lavoro, si possa fare il comodaccio proprio!!!!!! Evidentemente, a certi non è ben chiaro che cosa significhi fare il sacerdote essere ministro di Dio e la cosa non mi meraviglia affatto visto che, anche certi vescovi e cardinali la pensano così. Di chi la colpa? Non lo sò...... forse dei seminari che dovrebbero adottare una linea più rigorosa sia nella preparazione intellettuale che e soprattutto in quella spirituale cosa che evidentemente, sempre nel nome della modernizzazione a tutti i costi, è venuta meno negli anni ed è andata sempre peggiorando fino a questi risultati. Quella del sacerdozio è una missione; se si decide per il sacerdozio, si deve comprendere che la propria esistenza, deve essere completamente consacrata a Dio e non si può pretendere di avere una doppia vita. Se non si è in grado di sopportare questo sacrificio, allora si faccia altro.
A questo punto cara Euge il compito spetta ai Vescovi in primis coadiuvati dai Superiori, dai Guardiani, e dai Rettori.
Se i Vescovi si muovessero avrebbero di che lavorare.
Non abbiate paura, coraggio!
Preghiamo perché quei pochi sacerdoti che resteranno sia sostenuti da fede autentica e non siano tentati.
Non credo che incrementando la preparazione e lo studio intellettuale nei seminari (già oberati quei poveri ragazzi di tanto inutile stress psicologico con le molte materie da studiare e relativi esami da sostenere)si riesca a dare una formazione o una coscienza morale ai futuri preti. La problematica omosessuale riguarda purtroppo ma non sempre anche docenti e formatori con il risultato che molti casi penosi e bisognosi di un attento accompagnamento psicologico e spirituale, sono insabbiati dagli stessi superiori. Ci sono giovani e meno giovani che arrivano all'ordinazione presbiterale mentre in privato sfogano i loro impulsi sessuali contro natura. Spesso sono additata dai credenti benpensanti come una bacchettona, tuttavia prendo ad esempio un istituto religioso francescano come quello dei Francescani dell'Immacolata, quì i giovani candidati vengono formati a vivere le virtù, a nutrirsi della preghiera, a vivere la loro sequela del Signore come un cammino di innamoramento per Colui che li ha chiamati. C'è un difetto, anzi ve ne sono tanti, nell'attuale formazione dei presbiteri e dei religiosi: occorre rimediare attingendo, secondo me, alla esperienza secolare della Chiesa. Fui chiamata a fare dei test in un seminario a dei giovani chierici: ne venni fuori sgomenta e preferisco esercitare la mia professione declinando simili incarichi. C'è bisogno di preghiera.
Renate
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