lunedì 9 agosto 2010
A colloquio con il Patriarca Antonios Naguib sul cammino verso il sinodo speciale per il Medio Oriente (Osservatore Romano)
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A colloquio con il Patriarca Antonios Naguib sul cammino verso il sinodo speciale per il Medio Oriente
Unità tra le comunità cattoliche per guardare al futuro con ottimismo
di Mario Ponzi
C'è bisogno di tanto ottimismo per alimentare di nuova linfa le Chiese del medio oriente. Tuttavia "nonostante le apparenze lascino pensare ad un futuro fosco - dice in questa intervista al nostro giornale sua beatitudine Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti cattolici, uno dei patriarchi che ricevette a Nicosia, nel giugno scorso dalle mani del Papa, l'Instrumentum laboris della prossima assemblea speciale per il Medio Oriente del sinodo dei Vescovi - le nostre Chiese hanno la possibilità di cambiare le cose. A patto che riscoprano la necessità di restare unite tra di loro".
Da questo punto di vista quanto influirà, secondo lei, la testimonianza offerta dal Papa il giugno scorso a Cipro?
È stata una testimonianza di grandissima importanza non solo per i cattolici dell'isola, ma sicuramente lo è stata per quelli dell'intera regione del Medio Oriente. La consegna dell'Instrumentum laboris del prossimo sinodo ai patriarchi e agli altri capi delle Chiese cattoliche orientali, che erano tutti lì presenti, tranne naturalmente il povero monsignor Padovese, è stato un messaggio molto chiaro, una vera chiamata all'unità tra di noi ancor prima di andare a cercarla con gli altri.
E come giudica il documento che Benedetto XVI le ha consegnato?
È stato formulato con le proposte giunte da tutte le nostre Chiese, dunque rispondente alla realtà. Le posso dire che ha suscitato grande entusiasmo e molte aspettative nel clero, nei religiosi e nelle religiose delle nostre Chiese cattoliche in Egitto. Naturalmente ha attirato anche l'attenzione di tutti gli altri fedeli. Anche se devo confessare che la maggior parte di essi non segue da vicino il processo di avvicinamento al sinodo. Qui i mass media ignorano completamente questo evento per noi fondamentale. Dunque è difficile farne capire il senso ai fedeli cattolici, una minoranza sparsa a macchia di leopardo in tutta la nazione. Noi cerchiamo di "catturare" la loro attenzione con i pochi mezzi mediatici di cui disponiamo. Naturalmente cerchiamo di attivarci anche con altri mezzi per raggiungere il più vasto numero possibile di persone. Recentemente per esempio, durante incontro assembleare che annualmente vede riunita la gerarchia della Chiesa cattolica che è in Egitto, è stato deciso di avviare una serie di interventi tematici da parte dei vescovi e degli altri membri, in modo tale da garantire la diffusione del contenuto, possibilmente cercando soprattutto di metterne in luce i significati più profondi. Dovremo far capire ai nostri fedeli che si parlerà anche e soprattutto della loro dignità, del loro futuro, della loro vita.
Secondo lei in quale modo il prossimo evento sinodale potrà aiutare a risolvere le sfide più urgenti che si pongono alla Chiesa nella regione?
Le sfide urgenti per le nostre Chiese cattoliche in Egitto sono molte. Devo citare in primo luogo la formazione iniziale e permanente dei responsabili religiosi: seminaristi, sacerdoti, religiosi, religiose, persone consacrate e leader laici. Da ciò dipende la formazione religiosa dei nostri fedeli laici, che comporta un grande sforzo per la preparazione del materiale, il coordinamento fra le Chiese e gli istituti, e la creatività nell'uso dei media. Dobbiamo anche affrontare la sfida dei due dialoghi ecumenici e interreligiosi. I nostri fedeli si aspettano dalle nostre Chiese un intervento in tutte le sfere della loro vita: personale, familiare, economica e civile. I nostri mezzi sono molto limitati e ci sentiamo spesso incapaci di rispondere alle loro aspettative. Fortunatamente tutto ciò è compensato da una vicinanza molto stretta ai fedeli nella loro vita quotidiana, soprattutto nei momenti più importanti.
Come il sinodo potrà migliorare questo stato di fatto?
Ciò che mi aspetto maggiormente è che possa favorire uno scambio sincero e positivo sulla situazione delle nostre Chiese. Spero che possa suscitare maggiore ottimismo rispetto al presente e al futuro, nonostante tutte le apparenze contrarie. D'altro canto è questo uno dei grandi meriti del testo del documento conciliare, interamente inserito in questa prospettiva. Mi aspetto anche un rafforzamento del nostro sentimento di appartenenza alla famiglia delle Chiese cattoliche d'Oriente, unite in un solo corpo alla grande famiglia della Chiesa cattolica, fortemente legata al Papa e alla Santa Sede. Noi abbiamo anche bisogno di vivere insieme, per incontrarci e ascoltarci reciprocamente, per rafforzare l'unità e la coesione fra le nostre Chiese nei nostri Paesi e nella nostra regione. Tutto ciò si può applicare anche all'approfondimento e al rafforzamento delle nostre convinzioni riguardo al nostro ruolo nel Paese, al nostro impegno di dialogo e alla nostra partecipazione convinta ed efficace alla costruzione dei nostri Paesi, nella fratellanza, nella giustizia, nella pace e nella collaborazione pratica. Alla base di tutto ciò, e come obiettivo principale, c'è la chiamata a un rinnovamento spirituale, ecclesiale, pastorale e apostolico. La preghiera è molto importante per una buona preparazione al sinodo e soprattutto per la successiva applicazione dei suoi risultati.
Cosa le è rimasto più impresso dell'esperienza vissuta accanto al Papa a Nicosia?
Due fattori mi hanno profondamente colpito: in primo luogo il suo atteggiamento cordiale, semplice e radioso; e poi i suoi discorsi, caratterizzati dalla chiarezza della esposizione di quella che è la posizione della Santa Siede riguardo al delicato problema politico dell'isola e anche dalla conoscenza del contesto religioso pluralistico dei cristiani del Paese e della regione. Le sue parole erano pervase da un senso di sicurezza, d'incoraggiamento e di speranza che ha molto impressionato. Ogni discorso è stato perfettamente adattato alla circostanza e al pubblico presente. I contatti ecumenici e interreligiosi sono stati molto ricchi e incisivi. E poi il Papa conosce tante lingue e ha pronunciato anche alcune parole in arabo, cosa che ha fatto molto piacere a tutti. Per quanto riguarda i fedeli di altre religioni non si può dire che abbiano seguito con interesse l'evento. Anche perché i mass media egiziani non hanno fatto alcuna menzione della visita del Papa a Cipro, né prima, né dopo. Tanto meno hanno mai parlato della celebrazione della prossima assemblea speciale del sinodo per il Medio Oriente. Solo qualche sito internet, non cristiano, si è occupato dell'Instrumentum laboris. Ma come era da aspettarsi, ne ha dato un'immagine distorta, falsata.
(©L'Osservatore Romano - 9-10 agosto 2010)
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