lunedì 9 agosto 2010
La Chiesa celebra la Festa di Santa Teresa Benedetta della Croce. Il Papa: brilla come una luce in una notte buia (R.V.)
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La Chiesa celebra la Festa di Santa Teresa Benedetta della Croce. Il Papa: brilla come una luce in una notte buia
La Chiesa celebra oggi la Festa di Santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, ebrea tedesca, filosofa e carmelitana. Patrona d’Europa insieme a Santa Brigida e Santa Caterina da Siena, Benedetto XVI l’ha citata più volte nel corso del suo Pontificato, e in particolare durante la sua storica visita nel Campo di concentramento di Auschwitz, dove il 9 agosto 1942 la santa fu uccisa con la sorella nelle camere a gas: aveva 50 anni. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Ha “attraversato l’oscuro tempo della Seconda Guerra Mondiale, senza perdere mai di vista la speranza, il Dio della vita e dell’amore”: così il Papa ha ricordato Santa Teresa Benedetta della Croce ieri all’Angelus. Edith Stein, allieva del filosofo Husserl, era ebrea di nascita, ma dopo un lungo cammino di ricerca si è lasciata conquistare da Cristo in età adulta, senza mai rinnegare il suo popolo, come ha sottolineato il Papa ad Auschwitz il 28 maggio 2006:
“Come cristiana ed ebrea, ella accettò di morire insieme con il suo popolo e per esso. I tedeschi, che allora vennero portati ad Auschwitz-Birkenau e qui sono morti, erano visti come Abschaum der Nation – come il rifiuto della nazione. Ora però noi li riconosciamo con gratitudine come i testimoni della verità e del bene, che anche nel nostro popolo non era tramontato. Ringraziamo queste persone, perché non si sono sottomesse al potere del male e ora ci stanno davanti come luci in una notte buia”.
Edith Stein era una donna in cerca della verità: l’ha trovata nella Croce di Cristo. “Prendere la croce – ha ricordato il Papa nell’Angelus del 20 giugno scorso - significa impegnarsi per sconfiggere il peccato che intralcia il cammino verso Dio, accogliere quotidianamente la volontà del Signore, accrescere la fede soprattutto dinanzi ai problemi, alle difficoltà, alla sofferenza”:
“La santa carmelitana Edith Stein ce lo ha testimoniato in un tempo di persecuzione. Scriveva così dal Carmelo di Colonia nel 1938: «Oggi capisco … che cosa voglia dire essere sposa del Signore nel segno della croce, benché per intero non lo si comprenderà mai, giacché è un mistero… Più si fa buio intorno a noi e più dobbiamo aprire il cuore alla luce che viene dall’alto». (La scelta di Dio. Lettere (1917-1942), Roma 1973, 132-133)”.
“Il mondo è in fiamme – scriveva Edith Stein nel tempo buio del nazismo - la lotta tra Cristo e anticristo si è accanita apertamente, perciò se ti decidi per Cristo può esserti chiesto anche il sacrificio della vita. Contempla il Signore che pende davanti a te sul legno, perché è stato obbediente fino alla morte di Croce …”. Per lei, infatti, è la Croce “l’unica speranza”:
“I cristiani, però, non esaltano una qualsiasi croce, ma quella Croce che Gesù ha santificato con il suo sacrificio, frutto e testimonianza di immenso amore. Cristo sulla Croce ha versato tutto il suo sangue per liberare l’umanità dalla schiavitù del peccato e della morte. Perciò, da segno di maledizione, la Croce è stata trasformata in segno di benedizione, da simbolo di morte in simbolo per eccellenza dell’Amore che vince l’odio e la violenza e genera la vita immortale.’ O Crux, ave spes unica! O croce, unica speranza!’”.
Sulla figura di Edith Stein, e in particolare sulla sua conversione, ascoltiamo il servizio di Tiziana Campisi:
Era una notte d’estate e correva l’anno 1921, Edith Stein, nella casa di campagna di alcuni amici, non riusciva a dormire; lei stessa racconta quello che successe: “Presi casualmente un libro dalla biblioteca; portava il titolo ‘Vita di Santa Teresa narrata da lei stessa’. Cominciai a leggere e non potei più lasciarlo, finché non ebbi finito. Quando lo richiusi mi dissi: questa è la verità”. Quella verità tanto a lungo cercata la promettente studiosa di Breslavia, la trova nel mistero della Croce, nella persona di Gesù Cristo. E’ un’esperienza che le cambia la vita, si fa battezzare l’anno dopo, poi decide di entrare fra le carmelitane, ed è il 16 luglio del 1933, solennità della Madonna del Carmelo, che viene accettata a Lindenthal. Ma come spiegare questa scelta di Edith Stein? Lo abbiamo chiesto a padre Saverio Cannistrà, preposito generale dell’Ordine dei Carmelitani scalzi:
R. – Credo che la scelta del Carmelo sia legata alla sua ricerca della verità. Il discorso è un po’ complesso, ma credo che in Edith Stein ci sia una reinterpretazione del Carmelo come risposta ad una ricerca della verità nel nostro tempo. Questo è legato un po’ a tutta la storia precedente, filosofica ed anche spirituale, di Edith Stein.
D. – La figura di Edith Stein è molto complessa. Come arriva ai semplici?
R. – Credo che quello che Giovanni Paolo II ha detto nella Lettera apostolica con cui la proclama compatrona d’Europa, sia un messaggio che tutti possono cogliere e cioè che Edith Stein sia per ogni persona - e specialmente in Europa - una segno di rispetto della persona, di accoglienza dell’altro, di ricerca di convivenza pacifica tra culture e religioni diverse.
D. – Quale messaggio particolare recepire oggi da Santa Teresa Benedetta della Croce?
R. – Edith Stein ha attraversato le esperienze più drammatiche e complesse della storia europea della prima metà del XX secolo: la guerra, la persecuzione, i campi di sterminio, ma anche l’ateismo, la ricerca filosofica di nuove categorie di pensiero. In tutto questo e attraverso questo cammino, ha trovato dentro di sé una fonte di pace e di serenità. Io credo che questo sia il messaggio ed anche l’esempio che Edith Stein ci lascia: come si possa, attraverso le vicissitudini storiche, anche le più drammatiche del nostro tempo, non perdere la propria identità e la propria libertà. Questo ritornando all’interno di se stessi e qui trovando il fondamento in una verità che ci è stata donata.
D. – C’è un pensiero, una frase di Edith Stein che può ricordarci?
R. – Una che a me piace particolarmente ha a che fare proprio con la dignità della persona. Teresa Benedetta dice, grossomodo, così: segno della dignità, della sacralità della persona e della sua libertà, è il fatto che Dio stesso si ferma di fronte ad essa.
“Più si fa buio attorno a noi e più dobbiamo aprire il cuore alla luce che viene dall’alto” diceva Edith Stein. Di lei oggi non restano che gli scritti e quel pugno di polvere raccolto dai forni crematori di Auschwitz portato nella chiesa di San Michele, a Wroclaw, dove ha vissuto da giovane. Quella luce che viene dall’alto ce la addita anche lei da quel buio che sembra averla inghiottita, ma che ce la fa ricordare come una grande testimone di fede.
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