mercoledì 22 settembre 2010

Il Papa e Newman. Il coraggio dell’educazione e, in particolare dell’educazione al Vangelo (Campoleoni)


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BENEDETTO XVI E NEWMAN - Il coraggio di educare

Responsabilità e impegno anche per il laicato di oggi

Alberto Campoleoni

Il coraggio dell’educazione e, in particolare dell’educazione al Vangelo, l’importanza di trasmettere il messaggio cristiano, di far conoscere la fede. È uno dei “fili rossi” che ha percorso gli interventi di Benedetto XVI in Inghilterra, a partire dalla ripresa della testimonianza del cardinale John Henry Newman, proclamato beato.
Educazione e Vangelo: stanno insieme, insegna il Papa. Perché chi è cristiano è al servizio “dell’unico e vero Maestro” e sa che è nell’incontro con Lui che si compie la condizione di ogni persona, la sua vocazione. Riferendosi al cardinale beato, Benedetto XVI spiegava così, durante la veglia di sabato sera, qual è la “prima lezione” che si può apprendere dalla sua vita: “Newman ci rammenta che, quali uomini e donne creati ad immagine e somiglianza di Dio, siamo stati creati per conoscere la verità, per trovare in essa la nostra definitiva libertà e l’adempimento delle più profonde aspirazioni umane. In una parola, siamo stati pensati per conoscere Cristo, che è Lui stesso ‘la via, la verità e la vita’” (Gv 14,6).
Conoscere e far conoscere Cristo è l’orizzonte dell’agire cristiano. Riflettendo ancora sulla figura di Newman, il Papa indicava come il cardinale fosse impegnato a “raggiungere un ambiente educativo nel quale la formazione intellettuale, la disciplina morale e l’impegno religioso procedessero assieme”. È la prospettiva di una formazione integrale della persona, che non conosce compartimenti stagni.
Ecco allora l’appello del cardinale Newman che il Papa rilancia come meta per chi è impegnato nell’educazione: “Voglio un laicato non arrogante – scriveva il cardinale – non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscono la propria religione, che in essa vi entrino, che sappiano bene dove si ergono, che sanno cosa credono e cosa non credono, che conoscono il proprio credo così bene da dare conto di esso, che conoscono così bene la storia da poterlo difendere”.
Per il Papa questa – cioè la prospettiva di persone e cristiani adulti e responsabili – è la “meta migliore” che potrebbero porsi “gli insegnanti di religione”. Quanti sono impegnati a trasmettere e a promuovere, a far conoscere e far crescere, a offrire conoscenze e favorire consapevolezze. Questa “grande visione” di Newman, la visione di una educazione integrale, della persona tutta intera, nella prospettiva cristiana dovrebbe, secondo Benedetto XVI, ispirare “ad un più grande sforzo” quanti sono impegnati “nel compito dell’insegnamento e della catechesi”.
È un invito forte quello che viene da oltre Manica. Aiuta a comprendere meglio anche cosa possa significare la scelta della Chiesa italiana per l’educazione, l’impegno scelto per questi anni. Ciascuno – per dirla ancora con le parole del Papa – secondo il proprio “specifico servizio”.

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