martedì 12 ottobre 2010

Come essere minoranza “creativa” nel puzzle religioso del Medio Oriente (Anderson A. Silva)

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Cattolici - In Vaticano l'Assemblea Episcopale delle chiese presenti nell'universo arabo, mentre aumentano le tensioni tra sciiti e sunniti

Come essere minoranza “creativa” nel puzzle religioso del Medio Oriente

Anderson A. Silva

Minoranza della minoranza. Si presentano così i cattolici del Medio Oriente: 5.600.0000 su 16.000.000 di cristiani, pari al 5 per cento della popolazione mediorientale. Se i cristiani infatti sono un’esigua minoranza nel Medio Oriente, ancor più lo sono i cattolici. I loro bastioni, o punti di forza, sono le chiese maronita e caldea, presenze significative in Libano e, prima del drammatico esodo di questi anni, in Iraq. Altrove, in particolare nel popoloso Egitto, i cattolici invece sono una piccola minoranza della significativa minoranza cristiana. Che diviene presenza quasi impalpabile in molti altri stati, anche se l’immigrazione sta trasformando la realtà un tempo uniforme in particolare nei paesi del Golfo. Come accade qui da noi, ma al contrario di quanto accade qui da noi, l’immigrazione nei paesi del Golfo è in buona parte cristiana, ma in paesi che hanno avuto nell’omogeneità religiosa musulmana il loro tratto peculiare: la chiesa cattolica dunque è chiesa di immigrazione in quei paesi.
Già da questa breve presentazione numerica si capisce che le prospettive e le priorità dei quasi duecento padri sinodali sono molto diverse. Come diversi sono gli interlocutori con i quali si trovano.
Questo sinodo infatti si materializza nel bel mezzo della fitna, della guerra tra sciiti e sunniti, che sta infiammando molti paesi del Medio Oriente. I sunniti, i musulmani fedeli cioè alla tradizione, sono interlocutori difficili per le piccole chiese del Golfo, che hanno a che fare un Islam sunnita oscurantista. Ma per l’importante chiesa maronita del Libano i sunniti sono un alleato culturalmente aperto e politicamente indispensabile davanti all’espansionismo fondamentalista dei khomeinisti di Hezbollah, per i quali essere sciiti è essere contro, soprattutto contro l’Occidente. Sciita dunque per molti padri sinodali sarà sinonimo di fondamentalista. Ma per la chiesa di Terrasanta il fondamentalismo si chiama diversamente, cioè con il nome di Hamas, che è sunnita, come i fratelli musulmani, dai quali deriva. Ma lì, in Terrasanta, ci sono anche altri problemi, anche per la chiesa cattolica. E il nuovo giuramento di fedeltà allo Stato d’Israele, definito nella nuova formula “ebraico e democratico”, per molti padri sinodali lo dimostra.
Non sarà facile per il sinodo trovare un linguaggio comune, visto che i problemi sono comuni ma gli interlocutori cambiano volto, come in un gioco tanto indecifrabile quanto disperato.
Poi c’è un problema di identità culturale. I missionari giunti dall’Occidente che guidano alcune chiese mediorientali dimostrano sovente una sensibilità molto diversa da quella di alcuni vescovi arabi. E qui veniamo a un altro problema, forse il più importante per le tante e tanto piccole chiese d’Oriente: quello di appartenere alla Chiesa universale e alla cultura araba al contempo. Quel mondo, il mondo arabo, è caratterizzato oggi da un terribile complesso d’inferiorità e chi ne è figlio non può rinunciare almeno a ricordare che la storia non si fa soltanto indicando buoni e cattivi, ma anche cause ed effetti.
Questo però non è soltanto un problema, può essere anche un’opportunità. Infatti nel corso della conferenza stampa di presentazione dei lavori sinodali, che ha avuto luogo ieri nella sala stampa vaticana, i due relatori, giunti da due paesi molto diversi, il Libano e l’Egitto, entrambi arabi, hanno condiviso appieno la scelta “romana” di inserire un’intenzione di preghiera «per la laicità dello stato» nella messa solenne con cui i lavori sono stati aperti, domenica 10 ottobre. Perché su questo, sulla necessità di creare una laicità che in Medio Oriente significa soprattutto eguaglianza davanti alla legge, cittadinanza e diritti di cittadinanza, convengono molte sensibilità diverse, anche fuori dal mondo cristiano. Il bandolo per fare del sinodo straordinario per il Medio Oriente un’occasione positiva può essere questo.
Se si riuscisse a convincere tutti a indicare buoni e cattivi ma anche cause ed effetti e soprattutto il bisogno comune di chiedere a se stessi i diritti per poterli invocare poi con più forza dagli altri, i cattolici del Medio Oriente si sarebbero dimostrati all’altezza di quel compito che papa Benedetto XVI ha sovente indicato ai suoi: essere minoranza creativa.

© Copyright Europa, 12 ottobre 2010 consultabile online anche qui.

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