martedì 26 ottobre 2010

Sinodo, padre Samir: lavoriamo perché le società del Medio Oriente rispettino la libertà di culto e la giustizia

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Verso il Sinodo 2012 sulla Nuova Evangelizzazione. Mons. Fisichella: riportare Cristo all’uomo di oggi (Radio Vaticana)

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Sinodo, padre Samir: lavoriamo perché le società del Medio Oriente rispettino la libertà di culto e la giustizia

Dialogo con i musulmani per una società non condizionata dalla diversità religiosa, ma armonizzata dal contributo che ogni singolo credo può arrecare a una pacifica convivenza. E’ una delle piste di “lavoro” ribadita al recente Sinodo della Chiesa del Medio Oriente, terminato domenica scorsa. Fabio Colagrande ha chiesto una valutazione dell’assise a uno degli esperti che vi hanno partecipato, il gesuita padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della Cultura araba e d'Islamologia presso l'Università “Saint Joseph” di Beirut, in Libano:

R. – I Padri sinodali sono riusciti ad affrontare tutta la varietà dei problemi del Medio Oriente, che incidono sulla vita dei cristiani e che li spingono a emigrare - quelli possono farlo. Si è cercato di vedere sia il rapporto con lo Stato, sia la questione della pace nella regione, sia la questione della violenza e, soprattutto, la questione della comunione interna alla Chiesacattolica, tra i cristiani con l’ecumenismo, e con i nostri fratelli musulmani.

D. – Quali affermazioni ha fatto il Sinodo sulla cooperazione e il dialogo con i concittadini musulmani?

R. – Per il musulmano, in modo spontaneo - essendo gli islamici la maggioranza assoluta, più del 90 per cento della popolazione della regione – va da sé l'annunciare il Corano in tutte le circostanze. Il cristiano ha solo il permesso di pregare nella sua chiesa, ma non deve testimoniare fuori la sua fede. Ora, noi diciamo che questo è inaccettabile: vogliamo una società fatta di cittadini, punto e basta, non di drusi, cristiani, musulmani sciiti o sunniti. Tutti siamo d’accordo nel dire che anche la fede fa parte della vita sociale, questo non lo neghiamo. Non vogliamo una società laica, atea, ma vogliamo dire che la religione è un fatto personale, che incide sulla società e, dunque, abbiamo il diritto e il dovere, come i musulmani, di proclamare la nostra fede. Questo, dunque, è stato detto chiaramente.

D. – Padre Samir, nel messaggio finale del Sinodo c’è un appello alla comunità internazionale, perché si applichino le risoluzioni dell’Onu per ridare la pace al Medio Oriente...

R. – La pace è la condizione di fondo. Come si può fare la pace, se non con il diritto e la giustizia? Ora, il diritto, a livello politico, non è un affare personale, non è neppure semplicemente un accordo tra due: deve essere un accordo con la comunità internazionale, la quale è rappresentata dall’Onu. Noi diciamo, con il Santo Padre e con la gente di buona volontà: la pace non può esserci che nel rispetto del diritto. Anche se poi tutti siamo consapevoli che l’Onu non è esente da pressioni.

D. – Come fare perché questo Sinodo dia dei frutti che restino nella storia?

R. – Penso che adesso cominci il vero lavoro: riflettere, agire, e non viceversa. Adesso comincia, dunque, la fase più difficile, quella di imparare a dialogare tra musulmani, cristiani, ebrei, atei: imparare a fare giustizia, imparare come trattare gli immigrati, imparare a accettare il pluralismo. Come ha detto il Papa, nel discorso finale, si tratta adesso di imparare a captare una polifonia. Noi affrontiamo questa sfida. Siamo molto variegati. Io sono ottimista, perché sono credente.

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