mercoledì 17 novembre 2010

Cristiani e islamici a difesa della vita di Bibi. Mobilitazione internazionale per la donna accusata di blasfemia in Pakistan (Osservatore Romano)

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Mobilitazione internazionale per la donna accusata di blasfemia in Pakistan

Cristiani e islamici a difesa della vita di Bibi

Islamabad, 16. La mobilitazione internazionale per la salvezza di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia in Pakistan, cresce e sta provocando numerose manifestazioni di solidarietà. Grazie all’impegno di associazioni cristiane, gruppi che tutelano i diritti umani e semplici cittadini, gli uffici governativi del Pakistan sono stati inondati, in pochi giorni, da circa quarantamila messaggi elettronici che chiedono l'immediata liberazione della donna.
La Chiesa in Pakistan e le comunità cristiane a livello internazionale hanno rilanciato la petizione per l’abolizione della legge sulla blasfemia, diffusa già un anno fa grazie a un'iniziativa della Commissione giustizia e pace dei vescovi pakistani e condivisa da numerose altre associazioni. Sono state raccolte in Pakistan oltre settantacinquemila firme per chiedere al Governo l’abrogazione del provvedimento.
L’iniziativa ha varcato i confini nazionali ed è stata raccolta dall’organizzazione umanitaria «Aiuto alla Chiesa che Soffre» (Acs). In Francia il segretariato di Acs ha raccolto e consegnato di recente al Governo francese oltre 10.600 firme, mentre il segretariato italiano di Acs in poche settimane ha raggiunto quota 1.400 adesioni e si appresta a rilanciare la petizione in occasione della presentazione del «Rapporto 2010» sulla Libertà religiosa che si terrà il 24 novembre a Roma.

Il provvedimento nei confronti di Bibi continua a destare un acceso dibattito nella società pakistana. La Chiesa, la «Commissione nazionale per i diritti umani» e altri gruppi della società civile, anche musulmani, contestano apertamente la legge, ne chiedono l’abolizione e invitano il Governo ad aprire un tavolo ufficiale in Parlamento per riesaminarla. Il ministro federale per le minoranze religiose, Shahbaz Batti, ne promuove la «revisione».
Ma la Conferenza degli «Jamiat Ulema del Pakistan» (Jup), in rappresentanza di oltre trenta partiti religiosi, la ritiene invece «intoccabile» e minaccia dure proteste in caso contrario.
Gli estremisti, addirittura, vorrebbero estendere la definizione di «blasfemo» a chiunque promuova l’abolizione della legge stessa.
La «legge sulla blasfemia» include gli articoli 295b, 295c, 298a, 298b e 298c del Codice penale pakistano e prevede il carcere o anche la pena capitale per quanti insultano o dissacrano il nome del profeta Maometto e del Corano.
Tra il 1980 e il 1986 queste leggi erano state introdotte dall'allora presidente Zia-ul-Haq per garantire il rispetto del profeta Maometto, dei suoi compagni e del sacro Corano. Oggi queste leggi sono le uniche al mondo attraverso cui persone che subiscono accuse infondate restano vittime di omicidi, vengono arse vive e subiscono la distruzione delle loro proprietà.

(©L'Osservatore Romano - 17 novembre 2010)

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