venerdì 18 dicembre 2009

La Santa Sede riduce Emmanuel Milingo allo stato laicale (Nina Fabrizio)


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Nina Fabrizio

CITTÀ DEL VATICANO

Arriva al finale la "sacra" telenovela di Emmanuel Milingo, l'eccentrico vescovo esorcista africano, sposato con l'adepta della setta Moon, Maria Sung, poi divorziato, poi di nuovo sposato con la stessa Sung, un'agopunturista sudcoreana, e negli ultimi anni a capo di un movimento per l'abolizione del celibato dei preti, nonché irrefrenabile consacratore di nuovi presuli. Il Vaticano lo ha messo ieri alla porta sancendo la sua definitiva riduzione allo stato laicale. Così Milingo, che aveva continuato a esercitare le sue funzioni di vescovo nonostante tutti i provvedimenti in cui è incorso – dalla sospensione a causa delle nozze nel 2001 fino alla scomunica latae sententiae per l'ordinazione illegittima di quattro vescovi a Washington nel 2006 – ora non potrà più indossare la tonaca e perde tutti i diritti e i doveri connessi allo stato clericale, tranne, ironia della sorte, quello all'obbligo del celibato, che naturalmente sta disattendendo.
L'ultima provocazione che ha fatto scattare il severo provvedimento vaticano è stata la recente ordinazione effettuata da Milingo di nuovi vescovi (dopo i quattro di Washington), di cui non si conoscono però le precise modalità né il numero esatto.
«Forse tre», ha detto il direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi.
Lo "sforzo" di proselitismo dell'arcivescovo ieri spretato è stato comunque vano: Lombardi ha precisato che le nuove ordinazioni «non sono valide» perché «la Chiesa ha ottime ragioni per non considerarle tali». Non per questo, però, meno grave: Milingo – è la sentenza del Vaticano – «ha continuato nell'esercizio illegittimo degli atti di ufficio episcopale, attentando nuovi delitti contro l'unità della santa chiesa». «Tali gravi delitti – aggiunge la Santa sede – sono da ritenersi segno comprovante della persistente contumacia» dell'arcivescovo. Ecco le conseguenze pratiche per Milingo: «perdita dei diritti e dei doveri connessi allo stato clericale, eccetto l'obbligo del celibato; proibizione dell'esercizio del ministero; privazione di tutti gli uffici, di tutti gli incarichi e di qualsiasi potestà delegata, nonché il divieto di utilizzare l'abito ecclesiastico». Inoltre, come prevede il diritto canonico, non è valida nemmeno la partecipazione dei fedeli a sue eventuali nuove celebrazioni. Dietro l'apparente durezza del provvedimento e nonostante tutte le malefatte con cui Milingo ha esposto in questi anni la Chiesa a forti imbarazzi, approfittando spesso anche dei riflettori mediatici, si legge tuttavia una nota di rammarico nella decisone del Vaticano che ha sempre sperato in un «pentimento» dell'arcivescovo ribelle, perfino adesso.
«La dimissione dallo stato clericale di un vescovo – spiega infatti il comunicato ufficiale – è un fatto del tutto eccezionale a cui la Santa Sede si è vista costretta» per la gravità delle conseguenze derivanti dai «gravi delitti» di Milingo che hanno procurato «sofferenza» alla Chiesa, la quale, «conserva tuttavia la speranza nel suo ravvedimento».

© Copyright Gazzetta del sud, 18 dicembre 2009

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