domenica 13 dicembre 2009

Oggi il Papa visita i ricoverati nell'hospice Fondazione Roma Sacro Cuore (Ponzi)


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Domani Benedetto XVI visita i ricoverati nell'hospice Fondazione Roma Sacro Cuore

Solidarietà e condivisione con il mondo della sofferenza


"Difficilmente i nostri ospiti sono in grado di capire cosa accade quotidianamente attorno a loro.
Dunque soltanto tre malati possono condividere con noi l'emozione dell'attesa dell'arrivo del Papa in una realtà piccola come la nostra". Alberto Caratelli, direttore della Fondazione Roma - Hospice Sla e Alzheimer, anticipa in qualche modo l'atmosfera che Benedetto XVI si troverà davanti quando domani mattina, domenica 13 dicembre, si soffermerà tra le stanzette dell'ex Hospice Sacro Cuore (la nuova denominazione è stata assunta solo lo scorso mese di novembre). Si troverà accanto a trenta persone neppure in grado di riconoscere quanti li assistono ventiquattro ore al giorno, per accompagnarle amorevolmente verso una serena conclusione della parabola terrena della loro vita.
Si troverà anche accanto a quei tre che lo aspettano con emozione e che, non avendo null'altro da offrirgli, hanno chiesto di poter essere fotografati con il Papa e di lasciargli le loro istantanee a ricordo dell'incontro. "È un gesto molto significativo - ci ha spiegato il direttore - poiché da quando li ha colpiti la sclerosi laterale amiotrofica che ha devastato i loro corpi, non hanno mai più voluto farsi riconoscere né essere fotografati. Lo faranno solo per rendere omaggio a Benedetto XVI".
Sarà comunque una giornata speciale quella che vivranno i trentatré ricoverati nell'hospice. Si tratta di malati terminali, di persone affette da sclerosi laterale amiotrofica e di anziani colpiti dall'Alzheimer, dove dalla cura della malattia si è passati alla cura del malato. Un passaggio fondato sulla sensibilità di chi ha creduto fermamente nella validità del progetto, pensato poco più di una decina di anni fa da Marcello Sacchetti, allora presidente del Circolo San Pietro, e realizzato grazie al sostegno del presidente dell'allora fondazione Cassa di Risparmio di Roma, Emmanuele Emanuele. Il Circolo San Pietro, è noto, dal 1869, anno della fondazione, ha sempre avuto a cuore la situazione dei più poveri, dei più miseri, degli abbandonati da tutti.
Nella costante volontà di raggiungere i sofferenti ovunque si trovassero, Sacchetti rivolse la sua attenzione ai malati terminali.
L'intento era quello di restituire dignità a quanti, schiacciati dalla sofferenza, sembravano voler desiderare la morte come liberazione dal dolore, dando così ingiustificata ragione ai fautori dell'eutanasia. Nel 1998 ricoverò i primi tre malati terminali e dette ufficialmente vita all'hospice per malati terminali, intitolato significativamente al Sacro Cuore. In quegli anni in Italia di strutture simili ne esistevano forse due o tre. A Roma era la prima in assoluto.
Sin dall'inizio i volontari del Circolo affiancarono medici e infermieri che si prendevano cura di quei primi ospiti, dispensando, con le prime cure palliative, carezze, gesti e sguardi carichi di amore e di solidarietà, mai di compassione. Sta proprio in questa collaborazione tra medici palliativisti, psico-oncologi, infermieri e volontari il tratto caratteristico di queste strutture, pensate per la prima volta in Inghilterra nell'intento di alleviare il più possibile le sofferenze dei moribondi.
Ben presto l'hospice Sacro Cuore divenne un punto di riferimento nella sanità romana. Aumentarono le capacità ricettive sino a raggiungere la possibilità di ricoverare gli attuali trentatré ospiti. A questi però "vanno ad aggiungersi quotidianamente - ci ha detto il direttore - venti malati di Alzheimer che seguiamo in day hospital, 120 malati terminali intrasportabili e che dunque seguiamo a domicilio, come a domicilio assistiamo altri cinquanta malati di Alzheimer e sei di sclerosi laterale amiotrofica".
L'importanza di simili strutture sta nella testimonianza che offrono quanti - personale sanitario, familiari, volontari e spesse volte gli stessi malati - danno vita e forma alla comunità dell'hospice. E non si tratta solo di accompagnare serenamente verso il termine ultimo della vita naturale una persona cara. C'è anche da restituire dignità a quanti vengono colpiti da malattie invalidanti, anche quelle che non comportano un immediato pericolo di vita. Di sclerosi laterale amiotrofica si è parlato spesso in questi ultimi anni, non fosse altro perché è una sindrome che ha colpito anche più o meno noti calciatori. Dal 2004 al 2008 è risultato che su trentamila calciatori presi in esame sono stati accertati quarantatré casi di Sla, dato che è di quasi 24 volte superiore al riscontrabile nella popolazione normale. Si tratta di una patologia rara, le cui cause sono a tutt'oggi sconosciute. Colpisce il sistema nervoso, in particolare i cosiddetti neuroni di moto, tra la corteccia cerebrale, il tronco encefalico e il midollo spinale. Le conseguenze sono drammatiche perché non lascia alcuna via di scampo.
Stesso discorso per l'altra grave patologia di cui l'hospice si occupa, l'Alzheimer. In alcuni consessi scientifici per definire la malattia con uno slogan usano il termine "la mente rubata". Efficacissimo tra l'altro per definire una patologia che comporta il disturbo della fase cognitiva dell'individuo, fino a coinvolgere, in maniera distruttiva, la memoria a medio e a lungo termine. Ne conseguono incapacità di orientamento spazio-temporale, mutamento progressivo della personalità sino a diventare a volte aggressiva, a volte paranoica, a volte depressa, o esplosiva. Si tratta di una malattia sempre più invadente nella società internazionale. Per averne un'idea basti pensare che, secondo proiezioni presentate nel settembre scorso alla XVI giornata mondiale Alzheimer, celebrata a Milano, nel 2010 nel mondo ci saranno trentacinque milioni di persone malate di Alzheimer o di altre forme di demenza, con un aumento del 10 per cento sulle previsioni fatte dalla rivista scientifica "The Lancet" nel 2005. E, sempre stando ai dati diffusi nella Giornata, il numero di questi malati è destinato a raddoppiare ogni venti anni.
Limitandoci all'Europa, attualmente su 7,5 milioni di malati di demenza, il 60 per cento soffrirebbe di Alzheimer.
Si tratta di dati inquietanti, anche se "quello che si ritiene un indice di aumento della malattia nel mondo contemporaneo - ci ha detto Stefano Zuccaro, già presidente della Società italiana geriatri ospedalieri - può essere dovuto semplicemente all'aumento dell'età media delle persone. Bisogna anche considerare che in questi ultimi anni si è molto affinata la nostra capacità di diagnosi, per cui molti dei casi che prima si classificavano genericamente come demenza senile, oggi vengono classificati come casi di Alzheimer". In effetti in una nota a margine dei dati resi noti dalla Giornata di settembre, si legge che "gli scienziati ritengono che questo incremento percentuale sia dovuto a più fattori, non ultima la disponibilità per la prima volta di dati pervenuti da nazioni a basso e medio sviluppo economico. Non a caso le stime di crescita negli Stati Uniti d'America sono in linea con le previsioni, mentre quelle riferite all'Asia del sud e all'America Latina sono superiori". È comunque una patologia estremamente invalidante, con dirette e gravi conseguenze naturalmente anche sulle famiglie. Colpisce soprattutto le persone anziane, anche se "non sono poi rari - ci ha detto ancora Zuccaro - i casi di persone che contraggono il morbo ancora prima dei sessantacinque anni".

(mario ponzi)

(©L'Osservatore Romano - 13 dicembre 2009)

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