domenica 28 marzo 2010

Nella Domenica delle Palme,l’appello del Papa per la pace a Gerusalemme. Il Papa esorta i fedeli a seguire Cristo senza temere offese e incomprensioni


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Il Papa: "L’uomo può scegliere una via comoda e scansare ogni fatica. Può anche scendere verso il basso, il volgare. Può sprofondare nella palude della menzogna e della disonestà. Gesù cammina avanti a noi, e va verso l’alto. Egli ci conduce verso ciò che è grande, puro, ci conduce verso l’aria salubre delle altezze: verso la vita secondo verità; verso il coraggio che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti; verso la pazienza che sopporta e sostiene l’altro" (Omelia)

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Nella Domenica delle Palme, l’appello di Benedetto XVI per la pace a Gerusalemme. Il Papa esorta i fedeli a seguire Cristo senza temere offese e incomprensioni

Pace per Gerusalemme, pace per la Terra Santa. All’Angelus, nella Domenica delle Palme, Benedetto XVI ha levato un appello per la fine delle tensioni nella Città Santa. Esortazione preceduta, nella Messa in Piazza San Pietro, da una vibrante invocazione di pace per tutta la Terra Santa. Nella XXV Giornata Mondiale della Gioventù, il Papa ha inoltre esortato i giovani a seguire Gesù, anche se ciò può comportare offese e incomprensioni. Nella sequela di Cristo, ha affermato il Pontefice dinnanzi ad oltre 50 mila pellegrini, non dobbiamo lasciarci intimidire dalle opinioni dominanti. Benedetto XVI ha guidato la processione delle palme in Piazza San Pietro a bordo della “papamobile” per essere più visibile ai fedeli. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Nella Domenica delle Palme, Benedetto XVI ha rivolto un accorato appello per la pace e la riconciliazione nella Città Santa di Gerusalemme. In questo momento, ha detto all’Angelus, “il nostro pensiero e il nostro cuore si dirigono in modo particolare a Gerusalemme, dove il mistero pasquale si è compiuto”:

“Sono profondamente addolorato per i recenti contrasti e per le tensioni verificatisi ancora una volta in quella Città, che è patria spirituale di Cristiani, Ebrei e Musulmani, profezia e promessa di quell’universale riconciliazione che Dio desidera per tutta la famiglia umana. La pace è un dono che Dio affida alla responsabilità umana, affinché lo coltivi attraverso il dialogo e il rispetto dei diritti di tutti, la riconciliazione e il perdono. Preghiamo, quindi, perché i responsabili delle sorti di Gerusalemme intraprendano con coraggio la via della pace e la seguano con perseveranza!”

Nella XXV Giornata Mondiale della Gioventù, il Papa ha quindi ricordato che, proprio 25 anni fa, Giovanni Paolo II dava inizio alle Gmg, “tracciando una sorta di pellegrinaggio giovanile attraverso l‘intero pianeta alla sequela di Gesù”:

“25 anni or sono, il mio amato Predecessore invitò i giovani a professare la loro fede in Cristo che “ha preso su di sé la causa dell’uomo” Oggi io rinnovo questo appello alla nuova generazione, a dare testimonianza con la forza mite e luminosa della verità, perché agli uomini e alle donne del terzo millennio non manchi il modello più autentico: Gesù Cristo”.

Un mandato che il Papa ha consegnato in particolare ai 300 delegati del Forum internazionale dei giovani, convocati dal Pontificio Consiglio per i Laici. Salutando i pellegrini di lingua italiana, Benedetto XVI ha così invitato i giovani a non temere “quando il seguire Cristo comporta incomprensioni e offese”. E li ha invitati a servire le persone “più fragili e svantaggiate” come anche i coetanei in difficoltà. Il Papa ha assicurato la sua preghiera per la Giornata mondiale dei portatori di autismo, promossa dall’Onu per il prossimo 2 aprile.

Prima dell’Angelus, nella Messa in una Piazza San Pietro gremita di fedeli, Benedetto XVI si era soffermato sul tema fondamentale espresso nella Domenica delle Palme: la sequela, la via di Cristo come “via giusta per l’essere uomini”. “L’essere cristiani è un cammino”, ha detto il Papa, “un andare insieme con Gesù Cristo” verso l’amore, verso Dio. Un’esortazione, ha detto, rivolta in particoalre ai giovani nella XXV Giornata Mondiale della Gioventù. Nella sequela di Cristo, ha sottolineato, si compie “un’ascesa alla vera altezza dell’essere uomini”. L’uomo, ha constatato, “può scegliere una via comoda e scansare ogni fatica”, può “scendere verso il basso”, “sprofondare nella palude della menzogna e della disonestà”. Gesù invece ci indica un’altra via:

“Gesù cammina avanti a noi, e va verso l’alto. Egli ci conduce verso ciò che è grande, puro, ci conduce verso l’aria salubre delle altezze: verso la vita secondo verità; verso il coraggio che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti; verso la pazienza che sopporta e sostiene l’altro. Egli conduce verso la disponibilità per i sofferenti, per gli abbandonati; verso la fedeltà che sta dalla parte dell’altro anche quando la situazione si rende difficile”.

Cristo, ha soggiunto, ci “conduce verso la disponibilità a recare aiuto; verso la bontà che non si lascia disarmare neppure dall’ingratitudine”. Gesù, narra il Vangelo, sale verso Gerusalemme, la città in cui si trovava il Tempio di Dio, per celebrare con Israele la Pasqua. Va verso questa festa, ha spiegato il Papa, sapendo di essere Egli stesso l’Agnello da immolare. Ma, ha aggiunto, “Gesù sa che la sua via andrà oltre: non avrà nella croce la sua fine. Sa che la sua via strapperà il velo tra questo mondo e il mondo di Dio”:

“Sa che il suo corpo risorto sarà il nuovo sacrificio e il nuovo Tempio; che intorno a Lui, dalla schiera degli Angeli e dei Santi, si formerà la nuova Gerusalemme che è nel cielo e tuttavia è anche già sulla terra, perché nella sua passione Egli ha aperto il confine tra cielo e terra”.

La sua via conduce “fino all’altezza di Dio stesso”. E’ questa, ha osservato il Pontefice, “la grande ascesa alla quale Egli invita tutti noi”. Gesù “rimane sempre presso di noi sulla terra ed è sempre già giunto presso Dio, Egli ci guida sulla terra e oltre la terra”. Il “camminare insieme con Gesù – ha poi affermato – è al contempo sempre un camminare nel ‘noi’ di coloro che vogliono seguire Lui”. Ci troviamo, per così dire, ha constatato, “in una cordata con Gesù Cristo, insieme con Lui nella salita verso le altezze di Dio”. Dobbiamo accettare di “non potercela fare da soli”. Fa parte di questa umiltà “l’entrare nel noi della Chiesa, l’aggrapparsi alla cordata”. E ha messo in guardia dalla “caparbietà e saccenteria” che potrebbe portarci a strappare la corda. “L’umile credere con la Chiesa”, ha ribadito, “è una condizione essenziale della sequela”:

“Di questo essere nell’insieme della cordata fa parte anche il non comportarsi da padroni della Parola di Dio, il non correre dietro un’idea sbagliata di emancipazione. L’umiltà dell’«essere-con» è essenziale per l’ascesa. Fa anche parte di essa che nei Sacramenti ci lasciamo sempre di nuovo prendere per mano dal Signore; che da Lui ci lasciamo purificare e corroborare; che accettiamo la disciplina dell’ascesa, anche se siamo stanchi”.

Dobbiamo anche dire, ha soggiunto, che dell’ascesa verso l’altezza di Gesù Cristo “fa parte la Croce” che in ultima analisi “è espressione di ciò che l’amore significa: solo chi perde se stesso, si trova”. Il Papa ha così ricordato il suo pellegrinaggio in Terra Santa, la commozione che ha provato nel trovarsi a Nazaret, Betlemme, al Sepolcro vuoto. “La fede in Gesù Cristo non è un invenzione leggendaria”, ma, ha detto, “si fonda su di una storia veramente accaduta”, una storia che possiamo “contemplare e toccare”. “Seguire le vie esteriori di Gesù – ha proseguito – deve aiutarci a camminare più gioiosamente e con una nuova certezza sulla via interiore che Egli ci ha indicato e che è Lui stesso”:

“Quando andiamo in Terra Santa come pellegrini, vi andiamo però anche – e questo è il secondo aspetto – come messaggeri della pace, con la preghiera per la pace; con l’invito a tutti di fare in quel luogo, che porta nel nome la parola “pace”, tutto il possibile affinché esso diventi veramente un luogo di pace”.

Così, ha aggiunto, questo pellegrinaggio è al tempo stesso “un incoraggiamento per i cristiani a rimanere nel Paese delle loro origini e ad impegnarsi intensamente in esso per la pace”. Dal Papa anche l'invito a pregare affinché "nella comunione con Cristo possiamo portare il frutto di buone opere". Diversamente da quanto sostiene "un'interpretazione sbagliata" di San Paolo che riterrebbe le opere "insignificanti per la salvezza dell'uomo", è la riflessione del Pontefice, "l'agire retto" è importante. Del resto, i Comandamenti vanno "letti in modo nuovo e più profondo a partire da Cristo" quali "regole fondamentali del vero amore". Il Papa ha concluso la sua omelia rammentando l’invocazione dei pellegrini all’ingresso della Città Santa: “Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli”. Sanno infatti che “in terra non c’è pace”:

“Così questa acclamazione è espressione di una profonda pena e, insieme, è preghiera di speranza: Colui che viene nel nome del Signore porti sulla terra ciò che è nei cieli. La sua regalità diventi la regalità di Dio, presenza del cielo sulla terra”.

Sulle parole del Papa di stamani e su come ci si prepara a vivere la Settimana Santa, Marina Tomarro ha raccolto alcune testimonianze di fedeli in Piazza San Pietro:

R. – E’ un momento molto importante dell’anno: lo vivremo con amore, con sincerità, soprattutto all’interno della nostra famiglia, guardando con uno sguardo di semplicità, con occhi diversi, le persone che ci circondano.

R. – E’ la Passione del Signore, è la nostra liberazione, la sicurezza che siamo stati salvati dalla vita di Cristo. Questa è l’importanza della Settimana Santa.

R. – Sicuramente cercherò di viverla nel modo più sereno possibile, avvicinandomi il più possibile al Vangelo e alla Bibbia.

R. – Pregando, comunque, per tutte le persone, soprattutto quelle che non hanno la fede e che hanno bisogno del Signore, per affrontare la vita, avere forza e coraggio per affrontare i momenti più difficili della vita.

D. – Il Papa ci ha invitato anche a restare uniti, nonostante le difficoltà. Cosa ne pensa?

R. – Con piccoli gesti, secondo me. Sono belle le parole, però i sentimenti del cuore, i piccoli gesti che vengono, aiutano tanto il nostro prossimo.

R. – Penso sia fondamentale che tutti noi mettiamo da parte i rancori, che molto spesso, anche nella quotidianità, ci mettono uno contro l’altro. In questa Settimana Santa penso sia fondamentale per tutti noi cercare di mettere da parte questi problemi, tutte queste incomprensioni, che spesso ci mettono contro il prossimo per riuscire ad arrivare a quello che è il messaggio di Gesù, camminando, come ha detto il Papa, verso Gerusalemme.

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