mercoledì 28 luglio 2010

Ma le donne amano la Chiesa? Papa Benedetto XVI non proviene da una cultura ecclesiale misogina (Di Giacomo)


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Su segnalazione di Eufemia ed Alessia leggiamo:

Ma le donne amano la Chiesa?

di Filippo Di Giacomo

Le miserie chiesastiche di questi giorni? Roba vecchia. Per chi ha memoria, e una biblioteca ordinata, il recente scoop del settimanale più diffuso della galassia berlusconiana è stato solo una rifrittura di ciò che, negli anni del wojtylismo populista, era conosciuto da tutti e da tutti usato e strumentalizzato per aver accesso agli ambienti del potere ecclesiastico.
Coloro che si occupano di informazione vaticana, provano una stretta al cuore nel rileggere i titoli (“Via col vento in Vaticano”, il più conosciuto, ma anche “Verbum gay verbum Dei”, il più impressionante per la sua veridicità) di quella trentina di pamphlet che, come nelle corti pontificie del Rinascimento, hanno scandito ventisette anni fatti di luci pubbliche e di ombre per niente nascoste, anzi persino ostentate. Che queste non siano state ancora rimosse, nonostante il chiaro e pressante magistero di Benedetto XVI, è forse un aspetto molto marginale di una questione più grande, ovvero l’ormai innegabile fallimento della Chiesa dei chierici.
La disobbedienza del clero, anche di quello chiamato a collaborare con lui, ripropone con forza al Pontefice la necessità di riaffidare ai laici i campi nei quali il Concilio Vaticano II li aveva visti come “inviati in missione”. E riproporre la questione del ruolo dei laici nella Chiesa, sull’orizzonte tracciato dall’evoluzione delle società umane negli ultimi decenni, presuppone che venga proposta e chiarita fino in fondo il ruolo delle battezzate cattoliche in tutti gli ambiti del vivere ecclesiale.
A parole, la Chiesa ama le donne. Ma le donne amano la Chiesa? La risposta è difficile. Quando la quasi totalità delle battezzate cattoliche dell’ Occidente e delle Americhe non segue la dottrina ufficiale negli ambiti che chiamano in gioco la loro libertà di scelta, la risposta tenderebbe al negativo. Quando poi si guarda in uno qualsiasi dei campi immensi dove la Chiesa testimonia la propria missione, la presenza delle donne è talmente qualificante da apparire sostanziale e, addirittura, indispensabile. Persino nella misogina, e corrotta, Roma dei chierici, nelle Università pontificie, il dieci per cento del corpo accademico è in mano alle donne. Certo, per i pregiudizi di sempre e le paure clericali moderne, quasi nessuna di loro viene promossa alla titolarità della cattedra. Così come le magistrate che operano nei tribunali ecclesiastici italiani: restano subalterne a chierici che, spesso, hanno una qualifica giuridica inferiore alla loro. Nella Chiesa succede ancora così: pastorale, carità, istruzione, culto diventano sempre debitori del genio femminile. Ma chi comanda, deve avere la tonaca. Certo, spaziando per il vasto orbe cattolico, si trovano già numerose brecce aperte in quasi tutte le strutture intermedie del vivere sociale cristiano. In cima alla piramide, negli ultimi cinquant’anni, non è ancora arrivata nessuna. In realtà, i Papi ci hanno già provato. Ma è stato soprattutto agli inizi del mandato dell’attuale segretario di stato vaticano che sui giornali si sussurrava di un organigramma ratzingeriano-bertoniano al femminile anche per la curia romana. Papa Benedetto XVI e il suo segretario di stato non provengono da culture ecclesiali misogine. In Portogallo quest’anno, il servizio liturgico per Benedetto XVI è stato curato da giovane donne. Sulla necessità di una rievangelizzazione del femminile al femminile, cioè sull’attivazione ministeriale delle battezzate cattoliche (anche se “ministero” non è necessariamente sinonimo di sacerdozio) ha ampiamente parlato il Concilio Vaticano II. L’argomento, in Italia, è stato poco trattato perché quando Bernard Haring, l’indimenticato maestro di teologia morale che tanto dispiace al cardinale Caffarra, alla fine degli anni Settanta lo pose come questione vitale per il futuro della Chiesa, il solito censore autoritario ma non autorevole che accompagna ogni stagione dell’Osservatore Romano lo stroncò per sospetta lesa maestà. Erano gli anni dell’esplosione del movimento femminista e, spesso, non si riusciva a distinguere la forma dalla sostanza. Con Giovanni Paolo II, che all’universo femminile parlava non solo con i documenti ma anche con il cuore, il cattolicesimo contemporaneo ha cercato la strada per uscire dal ghetto dei chierici. Negli Stati Uniti e in diversi Paesi europei, Francia in testa, lo scandali dei preti pedofili ha innescato una campagna d’opinione a favore di una proposta: affiancare ad ogni Conferenza Episcopale una Conferenza dei battezzati. Non sarebbe strano se Benedetto XVI, un papa che alla cristologia sta offrendo i suoi giorni e le sue fatiche, ci insegnasse un’ ecclesiologia che torni al Vangelo anche con la voce forte e chiara delle battezzate cattoliche del mondo intero.

© Copyright L'Unità, 28 luglio 2010 consultabile online anche qui.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Di Giacomo potrebbe cominciare a dare l'esempio e lasciare il posto di vaticanista dell'Unità ad una donna. Presumo che leggeremmo meno scelleratezze di quelle che scrive lui, spesso e volentieri. Con la demagogica scusa della misoginia si capisce benissimo dove vuole andare a parare: maggiore "democrazia" e "decentramento" e, un giorno, sacerdozio femminile. Se vuole diventare protestante, lo dica chiaramente.

Alberto

laura ha detto...

D'accordo con anonimo

Anonimo ha detto...

Straquoto Alberto su tutta la linea.

Anonimo ha detto...

Se vuole una risposta alla domanda, la mia è SI', SONO UNA DONNA E AMO LA CHIESA.

Sonia

Anonimo ha detto...

" STALIN È MORTO. GLORIA ETERNA ALL'UOMO CHE PIÙ DI TUTTI HA FATTO PER LA LIBERAZIONE E PER IL PROGRESSO DELL'UMANITÀ. Il Capo dei lavoratori di tutto il mondo si è spento ieri sera a Mosca alle 21:50. "
(L'Unità, 6 marzo 1953, prima pagina)

Da che pulpito le prediche del Di Giacomo!