lunedì 6 settembre 2010

Il Papa a Carpineto Romano: ogni pastore trasmette "sapienza" (Sir)


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Benedetto XVI: Leone XIII, un Papa molto anziano, ma saggio e lungimirante, poté così introdurre nel XX secolo una Chiesa ringiovanita, con l’atteggiamento giusto per affrontare le nuove sfide. Era un Papa ancora politicamente e fisicamente “prigioniero” in Vaticano, ma in realtà, con il suo Magistero, rappresentava una Chiesa capace di affrontare senza complessi le grandi questioni della contemporaneità" (Omelia)

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BENEDETTO XVI: LEONE XIII, OGNI PASTORE TRASMETTE “SAPIENZA”

Un “uomo di grande fede e di profonda devozione”.
Così Benedetto XVI, ieri mattina, ha descritto Papa Leone XIII, nella messa a Carpineto Romano, dove si è recato per il bicentenario della nascita di Vincenzo Gioacchino Pecci, avvenuta il 2 marzo 1810. “Senza la preghiera, cioè senza l’unione interiore con Dio – ha chiarito il Papa -, non possiamo far nulla”. E, in effetti, “le parole e gli atti di Papa Pecci lasciavano trasparire la sua intima religiosità; e questo ha trovato rispondenza anche nel suo magistero: tra le sue numerosissime encicliche e lettere apostoliche, come il filo in una collana, vi sono quelle di carattere propriamente spirituale, dedicate soprattutto all’incremento della devozione mariana, specialmente mediante il santo Rosario”. Ma ci sono anche i “documenti su Cristo Redentore, sullo Spirito Santo, sulla consacrazione al Sacro Cuore, sulla devozione a san Giuseppe, su san Francesco d’Assisi”. Tutti questi diversi elementi, ha aggiunto il Pontefice, “mi piace considerarli come sfaccettature di un’unica realtà: l’amore di Dio e di Cristo, a cui nulla assolutamente va anteposto”. Benedetto XVI ha richiamato, poi, il concetto di “sapienza cristiana”. “Ogni Pastore – ha detto - è chiamato a trasmettere al popolo di Dio non delle verità astratte, ma una ‘sapienza’, cioè un messaggio che coniuga fede e vita, verità e realtà concreta”.
“Il Papa Leone XIII – ha continuato -, con l’assistenza dello Spirito Santo, è stato capace di fare questo in un periodo storico tra i più difficili per la Chiesa, rimanendo fedele alla tradizione e, al tempo stesso, misurandosi con le grandi questioni aperte”. E vi riuscì sulla base della “sapienza cristiana”, fondata “sulle Sacre Scritture, sull’immenso patrimonio teologico e spirituale della Chiesa Cattolica e anche sulla solida e limpida filosofia di san Tommaso d’Aquino”. Poi un richiamo al magistero sociale di Leone XIII, “reso celeberrimo e intramontabile dall’enciclica Rerum novarum, ma ricco di molteplici altri interventi che costituiscono un corpo organico, il primo nucleo della dottrina sociale della Chiesa”. Il Papa ha riflettuto “sulla spinta di promozione umana apportata dal Cristianesimo nel cammino della civiltà, e anche sul metodo e lo stile di tale apporto, conformi alle immagini evangeliche del seme e del lievito: all’interno della realtà storica i cristiani, agendo come singoli cittadini, o in forma associata, costituiscono una forza benefica e pacifica di cambiamento profondo, favorendo lo sviluppo delle potenzialità interne alla realtà stessa. È questa la forma di presenza e di azione nel mondo proposta dalla dottrina sociale della Chiesa, che punta sempre alla maturazione delle coscienze quale condizione di valide e durature trasformazioni”.
Inquadrando l’epoca storica in cui visse Leone XIII, il Santo Padre ha ricordato: “L’Europa risentiva allora della grande tempesta napoleonica, seguita alla Rivoluzione francese. La Chiesa e numerose espressioni della cultura cristiana erano messe radicalmente in discussione”. Le popolazioni delle campagne “non erano certo favorevoli a questi stravolgimenti, e rimanevano legate alle tradizioni religiose. La vita quotidiana era dura e difficile: le condizioni sanitarie e alimentari molto carenti. Intanto, si andava sviluppando l’industria e con essa il movimento operaio, sempre più organizzato politicamente”. Il magistero della Chiesa, ha osservato il Pontefice, “fu sospinto e aiutato dalle riflessioni e dalle esperienze locali ad elaborare una lettura complessiva e prospettica della nuova società e del suo bene comune”. “Così – ha proseguito Benedetto XVI -, quando, nel 1878, fu eletto al soglio pontificio, Leone XIII si sentì chiamato a portarla a compimento, alla luce delle sue ampie conoscenze di respiro internazionale, ma anche di tante iniziative realizzate ‘sul campo’ da parte di comunità cristiane e uomini e donne di Chiesa”. Furono “decine e decine di santi e beati, dalla fine del Settecento agli inizi del Novecento, a cercare e sperimentare, con la fantasia della carità, molteplici strade per attuare il messaggio evangelico all’interno delle nuove realtà sociali”.
Per il Papa, “furono senza dubbio queste iniziative, con i sacrifici e le riflessioni di questi uomini e donne a preparare il terreno della Rerum novarum e degli altri documenti sociali di Papa Pecci”. Già dal tempo in cui era nunzio apostolico in Belgio, “egli aveva compreso che la questione sociale si poteva affrontare positivamente ed efficacemente con il dialogo e la mediazione”. Dunque, “in un’epoca di aspro anticlericalismo e di accese manifestazioni contro il Papa, Leone XIII seppe guidare e sostenere i cattolici sulla via di una partecipazione costruttiva, ricca di contenuti, ferma sui principi e capace di apertura. Subito dopo la Rerum novarum si verificò in Italia e in altri Paesi un’autentica esplosione di iniziative: associazioni, casse rurali e artigiane, giornali,… un vasto ‘movimento’ che ebbe nel servo di Dio Giuseppe Toniolo l’illuminato animatore”. “Un Papa molto anziano, ma saggio e lungimirante, poté così introdurre nel XX secolo – ha sostenuto Benedetto XVI - una Chiesa ringiovanita, con l’atteggiamento giusto per affrontare le nuove sfide”. “Era un Papa ancora politicamente e fisicamente ‘prigioniero’ in Vaticano, ma – ha concluso - in realtà, con il suo magistero, rappresentava una Chiesa capace di affrontare senza complessi le grandi questioni della contemporaneità”.

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