mercoledì 27 ottobre 2010

Condanna a morte per Tareq Aziz. La Santa Sede interverrà per via diplomatica affinché la sentenza non venga eseguita (Galeazzi)

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Il Vaticano: lo salveremo con la diplomazia

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

«Non uccidete Tareq Aziz.
La Santa Sede interverrà per via diplomatica affinché la sentenza non venga eseguita». Il Vaticano, attraverso il portavoce papale Federico Lombardi, accoglie l’appello degli avvocati dell’ex vicepremier cristiano per una richiesta di clemenza del Pontefice. E’ in preparazione «un intervento umanitario per fermare l’esecuzione e favorire la riconciliazione e la ricostruzione della pace e della giustizia in Iraq dopo le grandi sofferenze attraversate».
Non sarà una presa di posizione «in forma pubblica», bensì una mediazione «per le vie diplomatiche a disposizione della Santa Sede». A sollecitare l’attenzione della Curia sono stati soprattutto Shlemon Warduni (vescovo di Baghdad, leader carismatico dei Caldei e membro in Vaticano del Consiglio Speciale per il Medio Oriente) e monsignor Philippe Najem, procuratore dei Caldei presso la Santa Sede. In questa «delicatissima fase», sostiene Najem, «qualunque intervento richiede la massima circospezione per non rivelarsi controproducente, perciò le vie riservate sono le uniche possibili».
In passato «Aziz è stato ricevuto in Vaticano», puntualizza il cardinale Achille Silvestrini (ex ministro degli Esteri e prefetto delle Chiese Orientali) ed «è percorribile la strada di un interessamento diplomatico a scopo umanitario per agevolare una svolta positiva». Aziz «è il volto ragionevole del regime di Saddam e ha evitato fatti gravi, ucciderlo non ridarà la vita a chi l’ha persa», evidenzia padre Giuseppe Piemontese, custode del Sacro Convento di Assisi (dove fu accolto nel 2003) . E la Comunità di Sant’Egidio, diplomazia «informale» della Santa Sede, condanna come «una punizione postuma» la pena di morte contro Tarek Aziz. «L’Iraq in tal modo dimostra di essere un Paese che non trova pace e rischia di allontanarsi dal sentire della gran parte degli Stati del mondo - sottolinea il portavoce Mario Marazziti -. Tuttavia si può sperare in un atto di clemenza del governo iracheno all’interno del quale si trovano diverse personalità contrarie alla pena capitale». Una strategia «sottotraccia», senza clamori.
«Serve prudenza per rendere efficace un’azione mirata- spiega Warduni-. Il mondo torna ad accorgersi dell’Iraq per un ingiusto verdetto ma da noi la tragedia collettiva è quotidiana: la violenza e la logica della vendetta prevalgono sulla sicurezza e la stabilità». Adesso «è presto» per capire cosa abbia determinato la decisione dell’alta corte penale di Baghdad, però il clima è evidente:«Ci sono soltanto macerie, siamo diventati bersagli, abbiamo paura a uscire di casa».
«Tra autobombe, kamikaze, sequestri, scontri tra clan, regolamenti di conti nei tribunali e nelle strade, la situazione è peggiorata per tutti, soprattutto per noi cristiani», puntualizza Warduni. Oggi «in Iraq non c’è democrazia ma sangue e terrore, prima c’era la dittatura, però la gente viveva abbastanza bene. Ora, nell’insicurezza totale, la sopravvivenza di ognuno è quotidianamente a rischio, i cristiani vogliono vivere in pace e libertà invece di dover scappare dalle loro case. L’esodo è una sfida che l’Occidente ignora».
Il contesto, dunque, «non permette facili ottimismi perché, malgrado la maggioranza degli iracheni voglia una nuova fase di pace e ricostruzione, non c’è traccia di compartecipazione e riconciliazione».

© Copyright La Stampa, 27 ottobre 2010 consultabile online anche qui.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Quella del trtibunale irakeno è la stessa logica del tribiunale internazionale dell'Aja che, a decenni dalla fine dei conflitti nella ex Jugoslavia, strepita per mettere dentro i "criminali di guerra", opponendosi così ad ogni possibile pacificazione.

Anonimo ha detto...

Signore perdona l'anonimo delle 10:04 perchè non sa quel che dice

Anonimo ha detto...

Signore, perdona l'anomimo delle 14:55 perchè sa benissimo quello che dice!!!!!

Anonimo ha detto...

non può esistere nessuna pacificazione senza la certezza che chi commette certi crimini venga perseguito e punito.