lunedì 28 dicembre 2009
Interpreti di attese di bene. Le parole del Papa agli italiani (Francesco Bonini)
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Il Papa: "Sono qui tra voi per dirvi che vi sono vicino e vi voglio bene e che le vostre persone e le vostre vicende non sono lontane dai miei pensieri, ma al centro e nel cuore della comunità dei credenti, e così anche nel mio cuore" (Discorso al termine del pranzo)
VISITA DEL PAPA ALLA MENSA DI SANT'EGIDIO: FOTO E VIDEO
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CATTOLICI E SOCIETÀ - Interpreti di attese di bene
Le parole del Papa agli italiani
Francesco Bonini
La Chiesa, ha ribadito papa Benedetto XVI nel messaggio “Urbi et Orbi”, è una comunione che è per tutti. C’è questo dinamismo al centro degli interventi natalizi del Papa, a partire dal discorso alla curia romana, centrato sulla proposta a tutto il mondo della riconciliazione: “Riconciliazione, giustizia, pace e bene comune”, ha ripetuto, rilanciando le conclusioni del Sinodo per l’Africa.
Si disegna un programma di azione a partire da una precisa radice teologica e spirituale: per vescovi e preti in quanto tali, chiamati ad “essere realisti e pratici, senza arrogarci una competenza politica che non ci spetta”, e per tutti i cattolici nel mondo, nel senso di una “una laicità positiva, praticata e interpretata in modo giusto”.
È la linea della dottrina sociale, della recente enciclica “Caritas in veritate”. Ne consegue un atteggiamento fiducioso, che Benedetto XVI consegna in particolare anche all’Italia e agli italiani. Augurando Buon Natale il Papa indica due auspici. Il primo è che la venuta di Cristo “rechi in ciascuno nuova speranza e susciti generoso impegno per la concorde costruzione di una società più giusta e solidale”. C’è bisogno di nuovo slancio di consapevolezza collettiva e la Chiesa, i cattolici possono giocare un ruolo significativo, facendosi risolutamente interpreti di attese collettive di bene, di giustizia, di verità, che rischiano di restare inespresse, travolte dal gorgo degli interessi di corto respiro e, dunque, delle contrapposizioni. Ma bisogna spendersi di persona. Ecco il secondo punto del Papa che, “contemplando la povera e umile grotta di Betlemme, le famiglie e le comunità imparino uno stile di vita semplice, trasparente e accogliente, ricco di gesti di amore e di perdono”.
Il futuro, il nostro futuro passa per nuovi e più adeguati sili di vita, che permettano relazioni positive con l’ambiente, con gli altri, con se stessi, quella “ecologia umana” che Benedetto XVI ha da tempo messo al centro del suo magistero. Questo porta in definitiva ad “un rinnovato impegno di amore vicendevole e di reciproca comprensione”, i cui frutti “all’interno delle famiglie e dell’intera Nazione” sono in “quel clima di intesa e di comunione che tanto giova al bene comune”, che tutti auspicano. Il Papa ci ricorda che l’obiettivo è assolutamente alla nostra portata, ma comporta un percorso esigente e preciso, in cui tutti facciano la loro parte. Il pranzo del Papa con gli emarginati alla Comunità di Sant’Egidio indica la strada.
Esprimendo tempestivamente la solidarietà e la vicinanza al Papa dopo l’incidente della notte di Natale in San Pietro, la presidenza della Cei sottolinea come il suo “magistero di amore e di verità guida e sostiene la Chiesa e costituisce un punto di riferimento per la società civile”. C’è bisogno oggi di investire con convinzione proprio sui rapporti, sulle relazioni, sulla fiducia, la concordia. È forse questa la cifra oggi di questa fase della presenza dei cattolici nel Paese.
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