sabato 30 gennaio 2010

Il Papa chiede di pregare affinché gli uomini di cultura e di scienza giungano alla conoscenza di Dio. La riflessione di Erri De Luca (Radio Vaticana)


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Il Papa chiede di pregare affinché gli uomini di cultura e di scienza giungano alla conoscenza di Dio. La riflessione di Erri De Luca

“Per tutti gli scienziati e gli uomini di cultura, perché attraverso la sincera ricerca della verità possano giungere alla conoscenza dell'unico vero Dio”: è questa l’intenzione generale di preghiera di Benedetto XVI per il mese di febbraio. Su queste parole del Papa rivolte al mondo della cultura e della scienza, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento dello scrittore Erri De Luca:

R. – Intanto, mi sembrano rispettose del percorso individuale, della ricerca individuale delle persone. Non sta chiedendo di rivolgersi all’intermediazione della Chiesa, chiede che il percorso delle persone, delle singole persone, sia illuminato, favorito dall’intenzione di preghiera. Quindi, mi sembra rispettoso della difficoltà dei percorsi di ciascuno.

D. – L’uomo è ricerca per definizione, si potrebbe dire, eppure oggi molti uomini sembrano smarriti, proprio perché incapaci di cercare un senso della propria vita...

R. – Mi sembra che il credente sia qualcuno in ricerca, sia qualcuno che continuamente non è arrivato al traguardo, ma continuamente ricerca la presenza della divinità nella sua giornata. Il credente è qualcuno che obbedisce proprio al participio presente del verbo credere: continuamente crede, continuamente rinnova il suo atto di fede. Io sono uno che frequenta le Scritture Sacre tutti i giorni, le leggo, resto non credente, ma sono uno che continuamente, tutti i giorni, ha questa possibilità, questa occasione, questa frequentazione e resto non credente, uno che non si può rivolgere alla divinità. Credo che però le persone, credenti e non credenti, si assomiglino in questo, in questa continua domanda. Diverso è il caso sia dell’ateo che del talebano. Credo che il nostro compito, insomma, di credenti e non credenti, sia di far vacillare le certezze granitiche dell’ateo e del talebano.

D. – “Chi cerca la verità, cerca Dio, che lo sappia o no”, affermava Edith Stein. Cosa le suggerisce questa riflessione? Come la interroga in fondo?

R. – La fede, a me sembra, che non sia il risultato di un traguardo, ma sia una premessa. Quando l’Angelo dice a Maria “Piena di grazia”, in quel momento la sta riempiendo di grazia, le sta dando quella forza di combattimento che le permetterà di affrontare le prove gigantesche che ha davanti. La fede in quell'attimo è lo spunto di partenza, quello che fa partire la risposta pronta di Maria. Ecco, la fede, secondo me, non è alla fine un traguardo di ricerca né culturale, né scientifica. Perché altrimenti ne sarebbero tagliati fuori gli uomini senza conoscenza, senza scuola, senza istruzione. Invece quelli spesso contengono uno spunto, una forza di combattimento della fede, che quelli della cultura o della scienza non riescono nemmeno ad immaginare. Penso che quel genere di Verità, con la “V” maiuscola così grande, sta all’inizio del percorso e non alla fine.

D. – Benedetto XVI ha più volte, negli ultimi tempi, richiamato l’immagine del “cortile dei gentili”, del Tempio di Gerusalemme, per sottolineare la necessità, oggi più che mai, di un dialogo con i non credenti. Su quale terreno, su quali basi si può costruire questo cammino comune?

R. – Sul participio presente dei credenti e non credenti, che tutti i giorni, continuamente, affrontano questo tema grandioso! Il nostro compito è proprio quello di allargare il campo del participio presente e far vacillare quelli che si sono arroccati in una loro certezza difensiva.

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