sabato 30 gennaio 2010
Nullità matrimoniali, la carità esige giustizia. Il Papa: il bene è inscindibile dalla verità (Cardinale)
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Il Papa: "Occorre prendere atto della diffusa e radicata tendenza, anche se non sempre manifesta, che porta a contrapporre la giustizia alla carità, quasi che una escluda l’altra. In questa linea, riferendosi più specificamente alla vita della Chiesa, alcuni ritengono che la carità pastorale potrebbe giustificare ogni passo verso la dichiarazione della nullità del vincolo matrimoniale per venire incontro alle persone che si trovano in situazione matrimoniale irregolare. La stessa verità, pur invocata a parole, tenderebbe così ad essere vista in un'ottica strumentale, che l’adatterebbe di volta in volta alle diverse esigenze che si presentano" (Discorso alla Rota Romana)
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Nullità matrimoniali, la carità esige giustizia
Il Papa: il bene è inscindibile dalla verità
DA ROMA GIANNI CARDINALE
Ogni anno quando il Papa riceve in udienza i membri della Rota Romana pronuncia parole forti in difesa dell’istituto matrimoniale e sembra lanciare un chiaro messaggio ai tribunali della Chiesa cattolica affinché evitino ogni lassismo nel riconoscerne la nullità. Il concetto è stato ribadito anche ieri da Benedetto XVI ricevendo i «prelati uditori» dell’antico tribunale in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. E lo ha fatto, prendendo spunto dall’enciclica Caritas in veritate , contestando la «diffusa e radicata tendenza, anche se non sempre manifesta, che porta a contrapporre la giustizia alla carità, quasi che una escluda l’altra».
A questo proposito il Pontefice ha sottolineato l’importanza del Diritto canonico, che «a volte, è sottovalutato, come se esso fosse un mero strumento tecnico al servizio di qualsiasi interesse soggettivo, anche non fondato sulla verità». «Occorre invece – ha aggiunto – che tale Diritto venga sempre considerato nel suo rapporto essenziale con la giustizia, nella consapevolezza che nella Chiesa l’attività giuridica ha come fine la salvezza delle anime».
Benedetto XVI ha quindi rivolto un pensiero agli avvocati rotali «i quali devono non soltanto porre ogni attenzione al rispetto della verità delle prove, ma anche evitare con cura di assumere, come legali di fiducia, il patrocinio di cause che, secondo la loro coscienza, non siano oggettivamente sostenibili ». Tornando quindi sul rapporto tra carità e giustizia il Papa, dopo aver ribadito che l’azione «di chi amministra la giustizia non può prescindere dalla ca- rità», ha detto: «La carità senza giustizia non è tale, ma soltanto una contraffazione, perché la stessa carità richiede quella oggettività tipica della giustizia, che non va confusa con disumana freddezza». A tale riguardo Benedetto XVI ha richiamato quanto detto da Giovanni Paolo II nel 1990 e cioè che il giudice «deve sempre guardarsi dal rischio di una malintesa compassione che scadrebbe in sentimentalismo, solo apparentemente pastorale».
«Occorre rifuggire – ha ribadito papa Ratzinger – da richiami pseudopastorali che situano le questioni su un piano meramente orizzontale, in cui ciò che conta è soddisfare le richieste soggettive per giungere ad ogni costo alla dichiarazione di nullità, al fine di poter superare, tra l’altro, gli ostacoli alla ricezione dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia ». «Il bene altissimo della riammissione alla Comunione eucaristica dopo la riconciliazione sacramentale – spiega il Papa – esige invece di considerare l’autentico bene delle persone, inscindibile dalla verità della loro situazione canonica». Insomma: «Sarebbe un bene fittizio, e una grave mancanza di giustizia e di amore, spianare loro comunque la strada verso la ricezione dei sacramenti, con il pericolo di farli vivere in contrasto oggettivo con la verità della propria condizione personale ». Benedetto XVI infine ha invitato i giudici rotali – e anche quelli di tutti i tribunali ecclesiastici – a non dimenticare che «il matrimonio gode del favore del diritto». Il che vuol dire che «in caso di dubbio, esso si deve intendere valido fino a che non sia stato provato il contrario». «Altrimenti – insiste il Papa – si corre il grave rischio di rimanere senza un punto di riferimento oggettivo per le pronunce circa la nullità, trasformando ogni difficoltà coniugale in un sintomo di mancata attuazione di un’unione il cui nucleo essenziale di giustizia – il vincolo indissolubile – viene di fatto negato».
Il decano della Rota, il vescovo polacco Antoni Stankiewicz, nel suo indirizzo di saluto al Papa ha ribadito da parte sua come la «tendenza relativistica », diffusa oggi, «non di rado si insinua anche nelle dichiarazioni di nullità del matrimonio, le quali subiscono uno sviamento, venendo tramutate 'in una facile via per la soluzione dei matrimoni falliti' (Giovanni Paolo II alla Rota nel 1987, ndr ) ».
Le parole pronunciate ieri dal Papa non sono rivolte tanto giudici della Rota, che in realtà è piuttosto restrittiva nel riconoscere la nullità dei matrimoni, quanto piuttosto ai tribunali diocesani o regionali di prima e seconda istanza dove viene trattata la stragrande maggioranza di questo tipo di cause.
Il tribunale del Papa, la Sacra Rota, infatti, funziona come una Corte di Cassazione che va interpellata nei casi in cui i primi due gradi di giudizio non siano conformi e a cui si può ricorrere dopo la sentenza di primo grado in forza del principio per cui ciascun fedele può sempre appellarsi alla Santa Sede.
© Copyright Avvenire, 30 gennaio 2010
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