venerdì 19 febbraio 2010

Benedetto XVI ha buttato alle ortiche uno dei più robusti e diffusi motti popolari (Eco di Bergamo)


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Vuoi vedere che adesso il Papa si mette a cambiare anche i proverbi. Non bastano più, a Sua Santità, quelle perle che il popolo dei semplici tiene in gran conto perché le considera il distillato di saggezza di tante generazioni.
Il Pontefice e teologo Joseph Ratzinger vuole altro. Ricevendo ieri mattina in udienza nel Palazzo Apostolico, all'avvio della Quaresima, il clero di Roma, Benedetto XVI ha buttato alle ortiche uno dei più robusti e diffusi motti popolari. Quello che recita: sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Questo andava bene fino a ieri.
Nel discorso ai sacerdoti, il Papa ha cancellato senza indugi la prima fase dell'azione ed è passato direttamente alla seconda: sbagliare è semplicemente frutto del peccato.
«Non si dica più – incalza il Pontefice –: ha mentito, è umano; ha rubato, è umano. Questo non è il vero essere umano». Che santissima picconata, altro che buonsenso comune.
Ma dopo il colpo, ecco la medicina: «Essere umani vuol dire esseri generosi, volere la giustizia, la prudenza, la saggezza. Essere a immagine di Dio, perché il peccato non è mai solidarietà, è sempre assenza di solidarietà».
Visto? Queste cose dice Papa Ratzinger: una condanna forte, severa, che non lascia spazi e neppure fessure a interpretazioni ambigue. Soprattutto sorprendente perché viene dal capo di una Chiesa da secoli esperta «della debolezza della carne», come ci ricorda l'apostolo.
E che fonda il suo compito terreno nella predicazione del perdono e dell'infinita misericordia («Settanta volte sette»), consapevole dell'amore smisurato che viene da un Altro. Parole che, c'è da scommettere, saranno dal circo mediatico e dal club dei Moralisti Uniti interpretate, rigirate, pesate e infine scagliate contro i furfanti della nuova Tangentopoli dell'emergenza e degli aiuti umanitari. Vedrete, è successo in altre occasioni: Benedetto XVI verrà oggi arruolato nel pool di Mani pulite, tra i supporter del «processo breve» (non il berlusconiano, ma quello mediatico griffato «Travaglio&C»), tra i giustizialisti e i girotondini che non hanno bisogno di indagini per sapere chi è il colpevole (normalmente è il primo a destra).
Certo, il Papa può aver pensato a quello che sta succedendo attorno alla cosiddetta «cricca di Bertolaso» e al dilagare di scandali e malversazioni. Perché no? Ma sarebbe «umano», dunque diabolico, chiudere il messaggio nell'angusto recinto della politica o, peggio ancora, delle faide tra gang di partito.
Non dimentichiamolo: Ratzinger parla ai sacerdoti, cioè ai rappresentanti di quel Cristo che duemila anni fa, portato al patibolo, consolò e promise il Paradiso proprio a un ladrone.
Un malvivente, forse anche assassino, condannato a morte dalle leggi e dalla Procura romana. Salvare un ladro: fu l'ultima impresa del Nazareno agonizzante sulla Croce. Ecco, questo è il modello per ogni prete, ma è anche l'imitazione, sia pur inesorabilmente imperfetta, a cui i laici cristiani sono chiamati. Cristo incontra l'uomo e lo redime dalla menzogna, punta al cuore dove stanno i suoi desideri più veri e li solleva fino al Cielo. Questo è il destino delle creature.
L'uomo, ricorda Papa Benedetto XVI, è sì ferito dal peccato, ma Cristo lo strappa dall'oscuramento. Non sono le falsità e le ruberie ciò per cui siamo fatti, ma la verità e la comunione con il prossimo. Cose divine, proprio dell'altro mondo. Ma qualcuno è sceso sulla terra per regalarcele.

© Copyright Eco di Bergamo, 19 febbraio 2010

2 commenti:

laura ha detto...

Non sono le falsità e le ruberie ciò per cui siamo fatti, ma la verità e la comunione con il prossimo. Cose divine, proprio dell'altro mondo. Ma qualcuno è sceso sulla terra per regalarcele. (pienamente d'accordo. Null'altro da dire) Il Papa fa tremare

Anonimo ha detto...

non capisco allora il senso del perdono.