venerdì 9 aprile 2010

Padre Aldo Trento: Io, missionario in Paraguay vorrei che il mondo abbracciasse il Papa (Avvenire)


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Su segnalazione di Fabiola ed Alessia leggiamo:

DA UNA PARROCCHIA DI ASUNCIÓN L’AUSPICIO DI UN « GESTO PUBBLICO »

Io, missionario in Paraguay vorrei che il mondo abbracciasse il Papa

PADRE ALDO TRENTO*

Caro direttore, mai come in questi giorni in cui gli attacchi al Santo Padre si sono susseguiti a raffica, mi è riecheggiata nella mente una affermazione che don Giussani soleva farci durante gli incontri con noi sacerdoti, parlando del Santo Padre. Era una citazione del cardinal Montini, allora arcivescovo di Milano, alla vigilia dell’apertura del Concilio Vaticano II.
La memoria a volte mi tradisce, però ricordo molto bene la sostanza della dichiarazione citata: «Come sarebbe bello se il Concilio Vaticano II, prima di iniziare i lavori, vedesse tutti i vescovi riuniti pubblicamente rendere un filiale omaggio, una rinnovata fedeltà alla figura del Santo Padre».
Erano tempi in cui all’orizzonte stavano apparendo i primi segni di tanta speranza e anche di tanta sofferenza. E il cardinal Montini, che più tardi avrebbe parlato del «fumo di Satana» penetrato nella Chiesa, presagiva già all’inizio del Concilio la necessità che tutta la Chiesa rinnovasse quella comunione effettiva e affettiva con colui che S. Caterina definisce il «dolce Cristo in terra, la garanzia della verità della nostra fede».
In questi tempi difficili, in cui il fumo di Satana è molto più evidente e intenso che al finale del pontificato di Paolo VI, mentre si dispiegano anche attacchi blasfemi contro l’umanità e la santità di Benedetto XVI, mi piacerebbe che tutta la Chiesa facesse un gesto concreto, pubblico, per manifestare l’affetto, la comunione affettiva ed effettiva che ci unisce al Santo Padre. È già stato bello vedere tante Chiese particolari, con i propri pastori e laici, solidarizzare con il Papa. Però è come se sentissi che ci vuole qualcosa di più ed è quel qualcosa che solo chi è figlio sa esprimere, sa donare al proprio padre. Si tratta di un atto di fede, perché l’adesione, la comunione con il Papa appartiene all’atto di fede. Perché Ubi Petrus ibi ecclesia et ubi ecclesia ibi Christus.
Trovare un gesto concreto, come quello evocato da Montini alla vigilia del Concilio Vaticano II, è in fondo rinnovare il nostro 'sì' a Cristo, significa guardare in faccia Cristo, perché è Cristo che è deriso, che viene sputacchiato quando si attacca il Santo Padre.
Io sono lontano, sono in Paraguay in compagnia dei miei ammalati terminali, dei miei barboni e dei miei bambini abbandonati, che nella sofferenza offrono la loro vita perché Gesù conforti il cuore del Papa, colui che per noi è consolazione e granitica certezza, colui che ci garantisce della verità della nostra fede. Che cosa sarebbe di noi, nella debolezza e vicini alla morte, se non potessimo guardare a lui offrendo per lui la nostra vita e il nostro dolore?
Per questo vorremmo che in tutto il mondo i cattolici, bruciati come Santa Caterina dall’amore per il Papa, facessero sentire ancora di più presenza e affetto.
Per questo motivo mi permetto di proporre – io, che non sono nessuno, se non un poveretto che ogni giorno offre la vita insieme ai suoi ammalati per il Santo Padre – gesti pubblici con la partecipazione del popolo cristiano, approfittando della conclusione dell’anno sacerdotale, voluto dal Papa per la santificazione dei suoi pastori. Gesti in cui soprattutto noi pastori, dopo quest’anno di grazia che ci è stato regalato, rinnoviamo il nostro totale amore a Cristo, la nostra consegna generosa e appassionata alla persona del Santo Padre.
Vogliamo dirgli il nostro affetto, vogliamo rinnovare con lui la nostra fede in Cristo Gesù, vogliamo che senta che noi sacerdoti gli vogliamo bene, che ciò che ci interessa è la santità, seguendo il suo costante richiamo a vivere la nostra vocazione integralmente, a gioire per il dono del celibato, sigillo della nostra totale appartenenza a Cristo nella sua Chiesa, perché il popolo affidatoci respiri la bellezza dell’Avvenimento cristiano.
Nella parrocchia in cui vivo ad Asunción ci siamo già mossi tutti ed è bello vedere la testimonianza di affetto che ogni giorno riceve pubblicamente la persona del Papa.
Un piccolo esempio di questo affetto è l’avere assunto l’impegno non indifferente dal punto di vista finanziario, di pubblicare ogni mese un libretto, ben curato, con tutti i discorsi del Papa. Libretto che poi viene regalato a quanti comprano il secondo quotidiano nazionale ogni ultimo giovedì del mese. Così in un povero Paese del Terzo Mondo, la figura e il magistero del Santo Padre sono diventati nella umile coscienza della gente una luce di certezza e speranza.
Preghiamo tutti perché accadano gesti d’amore, che partano dai figli nei confronti di chi ci è padre, maestro e guida.

*Missionario in Paraguay

© Copyright Avvenire, 9 aprile 2010

4 commenti:

Anonimo ha detto...

OT.
Il Pontificio Consiglio per i testi legislativi pubblica un'importante nota esplicativa ufficiale sulla subordinazione dei presbiteri ai Vescovi e sulla (non) responsabilità dei secondi per i fatti dei primi. Dalla lettura si trae la conclusione che, come sottolineavi tu alcuni giorni or sono, c'è bisogno di una riforma canonica che istituisca una più forte gerarchia con poteri diretti di revoca del Papa sui Vescovi e dei Vescovi sui presbiteri, salvo diritto di impugnazione di questi ultimi a Roma. Basta con questa fallace idea di democrazia che è diventata anarchia e che consente ai Vescovi di non rispondere quasi mai.
http://www.clerus.org/clerus/allegati/97/PONTIFICIO%20CONSIGLIO%20PER%20I%20TESTI%20LEGISLATIVI.doc
Alberto

Raffaella ha detto...

Documento assolutamente confuso dal punto di vista giuridico!
Va intensificato, non attenuato, il vincolo di subordinazione gerarchica.
A mio avviso il diritto canonico va rivisto in senso piu' restrittivo.
R.

Anonimo ha detto...

come faccio a fare sta domanda senza sembrare troppo polemico?
mettiamola così:
raffaella, quanto ti intendi di diritto canonico?

Raffaella ha detto...

Di diritto canonico nulla o quasi...
L'esame era troppo lungo...e ho preferito storia del diritto romano.
Ho notato pero' una cosa: il diritto canonico non e' mai "secco" nel senso che tende a non imporre ma a convincere.
Anche il testo del Summorum Pontificum non corrisponde alle norme statuali positive.
Io avrei scritto: i vescovi sono obbligati ad applicare il motu proprio laddove sussistano i requisiti.
:-)
R.