mercoledì 5 maggio 2010

Il Papa: la fede è indebolita anche perchè i sacerdoti santificano poco (Izzo)


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Il Papa: Se “la grande tradizione ecclesiale ha giustamente svincolato l’efficacia sacramentale dalla concreta situazione esistenziale del singolo sacerdote, e così le legittime attese dei fedeli sono adeguatamente salvaguardate”, ciò non toglie nulla “alla necessaria, anzi indispensabile tensione verso la perfezione morale, che deve abitare ogni cuore autenticamente sacerdotale”: c’è anche un esempio di fede e di testimonianza di santità, che il Popolo di Dio si attende giustamente dai suoi Pastori (Catechesi)

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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

PAPA: FEDE INDEBOLITA ANCHE PERCHE' SACERDOTI SANTIFICANO POCO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 5 mag.

Nel mondo di oggi "la fede va indebolendosi", ma in molti "emerge un profondo bisogno di spiritualita'". A questo, dice Benedetto XVI, si deve rispondere con una assoluta fedelta' al mandato di "evangelizzare e santificare".
"L'annuncio - spiega all'Udienza Generale - non e' solo un discorso su Gesu', ma include il suo stesso agire, i segni, i miracoli che compie. Chi salva il mondo - infatti - e' Gesu' Crocifisso e Risorto, Lui solo porta la salvezza. Dobbiamo rendere presente l'offerta sacramentale del Figlio di Dio".
"Mi domando - confida il Papa - se aver sottovalutato l'esercizio fedele di questo ministero non ha rappresentato un indebolimento dell'operare attuale di Cristo attraverso la Chiesa".
"E' importante dunque - sottolinea - che i sacerdoti siano impegnati a promuovere una catechesi adeguata per aiutare i fedeli a comprendere il valore dei sacramenti, ma anche che siano disponibili e generosi nel mettere a disposizione questi tesori di cui si e' amministratori, cioe' i sacramenti.
Annuncio, culto e sacramenti non sono mai separati: sono doni gratuiti di Dio. E i sacerdoti debbono essere umili e
generosi nell'amministrazione dei sacramenti, ma anche consapevoli che e' questa la nostra missione". Cosi' dovrebbero "abitare di piu' il Confessionale" e "vivere con intensita' l'Eucaristia".
Per Papa Ratzinger, dunque, i sacerdoti debbono essere "ponti" tra Dio e gli uomini ed e' loro compito specifico quello di "santificare". "E' Cristo stesso - ricorda - che rende santi, cioe' ci attira nella sfera di Dio, ma come atto della sua infinita misericordia chiama alcuni a stare con Lui e diventare, mediante il sacramento dell'Ordine, nonostante la poverta' umana, partecipi del suo stesso sacerdozio, ministri di questa santificazione, dispensatori dei suoi misteri, ponti dell'incontro con Lui, della sua mediazione tra Dio e gli uomini e tra gli uomini e Dio".
"Nessun uomo da se', a partire dalla sua propria forza puo' mettere l'altro in contatto con Dio", ammonisceo il Pontefice:
Dunque, "parte essenziale della grazia del sacerdozio e' il dono, il compito di creare questo contatto". Un "contatto" che "si realizza nell'annuncio della parola di Dio", e "in un modo particolarmente denso nei sacramenti". Da parte loro i sacerdoti debbono sempre cercare "la perfezione morale", consapevoli "del grande dono che hanno ricevuto" con la loro consacrazione.
"La perfezione morale - scandisce Ratzinger - deve sempre abitare nel cuore sacerdotale" e "la santita' e' quella che il popolo di Dio si aspetta giustamente dai sacerdoti". E ai fedeli il Papa chiede i essere "vicini ai sacerdoti specialmente nelle difficolta'".

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3 commenti:

euge ha detto...

Ma quanti sacerdoti oggi come oggi si sentono oppure hanno la consapevolezza di essere ponti fra Dio e gli uomini?

Quanto invece si sentono
" normalissimi impiegati" di un esercizio pubblico che funziona con orari del tutto simili ad un negozio oppure ad un comunissimo ufficio del territorio?

Francesca ha detto...

Il mio confessore una volta mi disse che "il sacerdote è l'uomo fra l'uomo e Dio" e ancora che ogni volta che pregava chiedeva al Signore di donargli ogni giorno una fede "viva ardente e incrollabile" in modo da essere in grado di trasmetterla sempre così ai suoi fedeli, perché sia nella vita del sacerdote, che in quella del fedele che va in chiesa, "la lampada delle fede deve ardere sempre con l'olio della carità" perché "la carità è la perla di tutte le virtù" e diceva ancora che se in chiesa si entra discepoli perchè si ascolta se ne esce apostoli perchè siamo testimoni".

Anonimo ha detto...

L'allontanamento dei credenti dalla confessione, tra le diverse ragioni, include anche il "modo trasandato" di gestire il sacramento. Molto spesso i presbiteri evitano di separarsi attraverso le tradizionali grate dei confessionali dai fedeli e soprattutto dalle fedeli e preferiscono confessare "adosso" ai confessandi, mettendoli spesso in imbarazzo psicologico nell'esternare le loro colpe, specie quelle di natura sessuale, con il rischio di confessioni sacrileghe.
Occorre tornare "all'ordine antico", quando confessore e confessando erano separati dalla grata e spesso impossibilitati a riconoscersi a vicenda.
Il confessore attuale, secondo certe modalità disinvolte e disturbanti in uso, "ha un po' distorto" il senso originario della confessione: cioè l'ascolto e la remissione dei peccati del peccatore verso Dio; il confessore moderno, di fatto, si comporta come se lui stesso sia il vero destinatario delle confidenze peccatrici del confessando; per cui la confessione avviene spesso con "una prossimità fisica", talvolta prossima fisicamente ad altri aspiranti confessandi in attesa, che disamora il confessando e lo mette a disagio.
In certi atteggiamenti disinvolti dei presbiteri confessori, sembrano mancare, quasi totalmente, sia il senso del rispetto doveroso verso il confessando peccatore, costretto a mostrarsi in pieno in condizione di sudditanza psicologica, quasi come un cane bastonato, mentre racconta le sue debolezze, sia una qualche distanza fisica, che non faccia sentire al peccatore, "il fiato sul collo" del confessore.
La Chiesa rimetta un po' di ordine in questa faccenda; altrimenti dovrà accettare la rarefazione delle confessioni.