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«Deluso» per la mancanza di fiducia dimostratagli dalla giustizia e amareggiato per essere servito «da esca» per il clamoroso blitz della Procura di giovedì scorso, il professor Peter Adriaenssens getta la spugna e con lui tutti gli altri undici componenti della Commissione creata nel 2000 per il trattamento degli abusi sessuali commessi dentro la Chiesa belga.
Durante il raid della scorsa settimana, che ha creato quasi un caso diplomatico tra il Vaticano e il Belgio, gli investigatori hanno sequestrato anche i 475 dossier su casi di abuso sessuale finora raccolti dalla commissione indipendente che ha sempre agito in stretta collaborazione con i vescovi belgi. Peter Adriaenssens – grande esperto di pedofilia che collaborò attivamente alle indagini sul mostro di Marcinelle, Marc Dutroux, il peggiore incubo belga – era rimasto «scioccato» dalle perquisizioni, lasciando presagire le sue imminenti dimissioni. Decise poi la scorsa notte e comunicate via e mail ai suoi più stretti collaboratori.
«Non potevano che agire in questo modo solo a fronte della convinzione che noi volessimo nascondere le cose, truffarli in un qualche modo, quando invece io mi sono fatto come punto d'onore quello di lavorare in piena trasparenza», ha oggi detto Adriaenssens, facendo riferimento al blitz dei poliziotti.
Di seguito, l'amara constatazione: «siamo serviti semplicemente come un'esca». Agli altri componenti della commissione è bastata mezz'ora per appoggiare la decisione del loro presidente. «Ci dimettiamo perchè la fiducia tra la giustizia e la commissione è stata deteriorata e di conseguenza anche la fiducia tra la commissione e le vittime che si sono rivolte a noi», ha spiegato alle telecamere Karlijnin Demasure, professoressa di teologia. «Ora il dibattito resta tra le vittime, i responsabili politici, la giustizia, la Chiesa e l'opinione pubblica», ha rincarato Adriaenssens (che oggi è stato sentito dagli inquirenti).
Le dimissioni dell'organismo lasciano un vuoto di decisione per quanto riguarda il trattamento delle vittime.
© Copyright Gazzetta del sud, 29 giugno 2010
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