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Se queste pietre potessero parlare, ne avrebbero di cose da raccontare. I primi tempi del cristianesimo, la sua propagazione, il millennio dell’unità e poi le dolorose divisioni. Infine la ricerca della nuova unità. In pratica tutta la storia di questi due millenni, da quando San Paolo, accompagnato dal cipriota Barnaba, arrivò qui per la prima volta e dette inizio all’evangelizzazione dell’Europa. È una prima volta in assoluto anche la visita di un Papa a Cipro.
E Benedetto XVI la inizia proprio dove la diffusione della fede in Cristo cominciò a muovere i primi passi. Davanti al Pontefice, nell’antica città di Paphos, non c’è naturalmente il proconsole romano Sergio Paolo, convertito dall’apostolo delle genti, ma il presidente della Repubblica Cipriota, Demetris Christofias, che prima riceve il Pontefice all’aeroporto, poi lo accompagna fino alla vicina chiesa della Santissima Signora ricoperta d’oro. Ma soprattutto c’è l’arcivescovo ortodosso, Chrysostomos II, che questa visita ha voluto fortemente, come segno di fratellanza con la Chiesa cattolica.
Così all’arrivo nella chiesetta, che sorge al centro di un sito archeologico con i resti di una basilica paleocristiana del IV secolo, davvero Benedetto XVI si trova avvolto in un’atmosfera che pare il riassunto vivente di 2000 anni di avventura cristiana. Ci sono le pietre che parlano (e soprattutto la colonna di san Paolo, un cippo riconducibile, secondo la tradizione, al soggiorno dell’apostolo), ci sono i mosaici e le colonne corinzie. Ma soprattutto c’è il presente, testimoniato dalla chiesetta alle spalle del palco papale, oggi diventata luogo di culto non solo per gli ortodossi, ma anche per i cattolici e gli anglicani.
Ed è proprio nel segno dell’ecumenismo che si svolge, sotto un sole caldissimo, e davanti a 4mila calorosissimi fedeli cattolici venuti a salutare il Papa, la preghiera comune tra Benedetto XVI e Chrysostomos. «Questa è la comunione reale benché imperfetta che già ora ci unisce», dice il Papa. Una comunione «che ci sospinge a superare le nostre divisioni e a lottare per ripristinare quella piena unione visibile, che è voluta dal Signore per tutti i suoi seguaci».
Tutto il saluto del Pontefice ha il respiro dell’irreversibile impegno ecumenico della Chiesa di Roma. Una diversità di accento che risulta evidente, se si mettono a confronto le espressioni di Benedetto XVI con quelle di Chrysostomos, più incentrate sulla ferita inferta alla sua comunità dalla occupazione turca nel parte nord dell’isola (di cui riferiamo più ampiamente a parte). Tuttavia l’abbraccio di pace tra i due leader religiosi, giunto al termine dell’incontro, è la testimonianza di una comune volontà di proseguire il dialogo. «L’unità di tutti i discepoli di Cristo – ricorda il Papa – è un dono da implorare dal Padre, nella speranza che esso rafforzi la testimonianza nel mondo di oggi». A tal proposito, nota ancora il Pontefice, «la Chiesa in Cipro, che si dimostra essere come un ponte fra l’Oriente e l’Occidente, ha contribuito molto a questo processo di riconciliazione.
La via che conduce all’obiettivo della piena comunione non sarà certamente priva di difficoltà, ma la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa di Cipro – afferma Benedetto XVI – sono impegnate a progredire sul cammino del dialogo e della cooperazione fraterna». Di qui anche il suo auspicio conclusivo: «Possa lo Spirito Santo illuminare le nostre menti e irrobustire la nostra determinazione», per recare insieme il messaggio della salvezza agli uomini e alle donne del nostro tempo». Auspicio questo che era risuonato, pur con toni più 'laici', anche nel discorso dell’aeroporto, quando poco prima papa Ratzinger aveva sottolineato la necessità di «vivere in armonia con i propri vicini» e la necessità di «risolvere pazientemente i problemi che ancora condividete con la comunità internazionale per il futuro dell’Isola ». Quindi riferendosi al Sinodo, aveva concluso: «Cipro è un luogo appropriato per lanciare la riflessione sulla nostra Chiesa e il ruolo insostituibile dei cristiani per la pace e la riconciliazione tra i popoli». Così, da oggi le pietre di Paphos potranno raccontare una pagina di storia in più.
© Copyright Avvenire, 5 giugno 2010
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