venerdì 4 giugno 2010
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A colpirlo a morte, secondo i primi accertamenti, è stato il suo autista «già in cura per disturbi mentali»
Furio Morroni
ANKARA
Ancora una fatale aggressione ad un religioso cristiano in Turchia. Il vescovo Luigi Padovese, 63 anni, cappuccino milanese dal 2004 vicario apostolico dell'Anatolia e dal 2007 presidente della Conferenza episcopale turca, è stato ucciso ieri a coltellate nel giardino della sua casa di Iskenderun, città portuale sulla costa meridionale del paese. Da oggi mons. Padovese avrebbe dovuto partecipare alla visita del Papa a Cipro e ricevere insieme ad altri responsabili cattolici della regione il documento preparatorio del prossimo Sinodo sul Medio Oriente.
A colpirlo a morte, secondo i primi accertamenti, è stato Murat Altun, un turco che da oltre quattro anni era al servizio dell'alto prelato come autista ma che, come ha dichiarato in serata il governatore della provincia di Hatay, Mehmet Celalettin Lekesiz, «era da tempo in cura per disturbi mentali». Ed ha escluso che l'omicidio abbia motivazioni politiche o religiose.
Cordoglio e costernazione sono stati espressi da più parti alla notizia dell'uccisione di mons. Padovese. Un «fatto orribile», «incredibile», «siamo costernati»: è stata questa la prima reazione di padre Federico Lombardi, portavoce del Vaticano. «Preghiamo – ha aggiunto – perché il Signore lo ricompensi del suo grande servizio per la Chiesa e perché i cristiani non si scoraggino e, seguendo la sua testimonianza così forte, continuino a professare la loro fede nella regione».
«Un fatto tragico che ci sconvolge profondamente», ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini. «Siamo in contatto con le autorità turche», ha aggiunto, ribadendo che «si tratta di un fatto orribile per il quale esprimiamo la nostra esecrazione».
Appresa la notizia, il presidente della Camera Gianfranco Fini si è detto «profondamente colpito e addolorato. Questo crimine – ha aggiunto – ai danni di un uomo di pace causa profondo sgomento». Da parte sua, il vice presidente del Senato, Vannino Chiti, ha espresso il suo «più profondo cordoglio». Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini ha invece chiesto «al governo un'informativa urgente al Parlamento che chiarisca l'esatta dinamica dei fatti e un intervento immediato di grande spessore ed efficacia nei confronti della Repubblica turca, cui tutti noi siamo legati di rapporti di profonda amicizia». Il presidente dell'Udc Rocco Buttiglione ha espresso «sgomento e preoccupazione» e profondo cordoglio è stato espresso anche dalla comunità francescana di Assisi.
«Siamo distrutti, costernati perché è stato un fatto imprevedibile – ha detto all'Ansa il nunzio apostolico in Turchia, mons. Antonio Lucibello. Ma è strano perché io ho sempre visto quest'uomo come una persona molto devota a Padovese e sempre servizievole».
Viene da chiedersi se l'omicidio di mons. Padovese non si inserisca nell'ormai lunga e sanguinosa scia dei religiosi cristiani aggrediti o uccisi in questo paese, quasi sempre con la falsa accusa di fare proselitismo. Aggressioni ed omicidi compiuti tutti da giovani fanatici. Di fare proseliti era stato accusato dagli islamo-nazionalisti di Trebisonda padre Andrea Santoro, ucciso in chiesa con due colpi di pistola nel febbraio del 2006 da un ragazzo di 16 anni probabilmente emissario di un gruppo di persone nella cui ideologia si fondono integralismo islamico e nazionalismo.
Ma mons. Lucibello è categorico: «Non c'è alcuna relazione o analogia tra i precedenti fatti di sangue avvenuti in questo paese e l'omicidio di mons. Padovese. Padre Santoro – spiega il nunzio apostolico – fu ucciso da un giovane per un atto di fanatismo politico-religioso. In questo caso mi sento di escludere un atto di fanatismo compiuto da uno stretto collaboratore che ha sempre dato l'impressione di essere una persona di fiducia».
Allora ha ragione il governatore Lekesiz che parla del gesto di uno squilibrato? «Tutto è possibile. Però al momento non ci sono spiegazioni plausibili», conclude mons. Lucibello.
Impegno e fede
Mons. Luigi Padovese, 63 anni, accoltellato a morte ieri nella sua abitazione di Iskenderun, era dal 2004 vicario apostolico dell'Anatolia e attuale presidente della Conferenza episcopale turca. Nato a Milano il 31 marzo del 1947, il 4 ottobre del 1965 entrò nell'ordine dei frati cappuccini, facendo esattamente tre anni dopo la professione solenne. Il 16 giugno del 1973 fu ordinato sacerdote. È stato professore titolare della cattedra di Patristica alla pontificia Università dell'Antonianum e, fino all'ordinazione a vescovo, è stato per 16 anni direttore dell'Istituto di Spiritualità del medesimo ateneo. Ha insegnato anche alla Pontificia Università Gregoriana e all'Accademia Alfonsiana. Per dieci anni è stato visitatore del Collegio Orientale di Roma per la Congregazione delle Chiese Orientali, oltre che consulente della Congregazione della Congregazione per le Cause dei Santi. L'11 ottobre del 2004 fu nominato vicario apostolico dell'Anatolia – succedendo a mons. Ruggero Franceschini – e vescovo titolare di Monteverde, consacrato poi a Iskenderun il 7 novembre dello stesso anno. Era molto impegnato nell'ecumenismo e nel dialogo con l'Islam, come anche nel far rivivere le diverse comunità cristiane turche. Proprio mercoledì aveva incontrato le autorità turche per affrontare i problemi legati alle minoranze cristiane e oggi sarebbe andato a Cipro, per incontrare Benedetto XVI, in viaggio sull'isola per pubblicare l'Instrumentum Laboris del Sinodo per le Chiese del Medio Oriente. Grande il suo amore per il paese in cui esercitava il vicariato apostolico, tanto da pubblicare, insieme a Oriano Granella, una «Guida alla Turchia, I luoghi di San Paolo e delle origini cristiane».
© Copyright Gazzetta del sud, 4 giugno 2010
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