domenica 25 luglio 2010
Mons. Julián Barrio Barrio (Santiago di Compostela): «Dal Giubileo di san Giacomo un nuovo risveglio spirituale» (Coricelli)
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«Dal Giubileo di san Giacomo un nuovo risveglio spirituale»
DA SANTIAGO DI COMPOSTELA
MICHELA CORICELLI
«L’Anno Santo compostelano ci chiama a convertirci, a rivitalizzare la nostra fede e ci fa prendere coscienza delle nostre radici cristiane, per essere fedeli alla nostra identità». Monsignor Julián Barrio Barrio è l’arcivescovo di Santiago di Compostela, la città della Spagna che «custodisce» le spoglie dell’apostolo Giacomo e che oggi celebra la memoria liturgia del santo (festa che, quando coincide con la domenica, prende il nome di Anno Giubilare compostelano).
Benedetto XVI spera che questo Anno aiuti i credenti a riflettere sulla propria vocazione. Cosa significa?
Il Papa, nel suo messaggio per l’apertura della Porta santa, ci diceva che con l’Anno Santo comincia un periodo speciale di grazia e perdono, durante il quale dobbiamo ricordare la nostra genuina vocazione alla sanità, immergerci nella Parola di Dio e riconoscere Cristo che ci viene incontro, ci accompagna nelle vicissitudini del nostro cammino e si dà a noi personalmente, soprattutto attraverso l’Eucaristia. La celebrazione di questo Anno Santo è un’occasione provvidenziale per accogliere il messaggio di salvezza del Signore; per risvegliarci dalla sonnolenza di fronte al dono inestimabile dell’amore di Dio, manifestato nella sua misericordia, che a volte siamo incapaci di percepire in mezzo all’indifferenza religiosa, all’incertezza morale e alla perdita del senso del trascendente; per rafforzare la nostra speranza cristiana. Sono certo che l’Anno Santo contribuirà al risveglio spirituale di molte persone, delle nostre comunità e dei nostri popoli. La conversione continua e la predicazione assidua favoriranno la fede e la testimonianza; la preghiera e la carità promuoveranno la santità dei fedeli; e il rafforzamento della speranza darà impulso all’evangelizzazione continua della società in consonanza con la ricca tradizione della Chiesa.
Nonostante la crisi o il relativismo culturale, il Cammino di Santiago ogni anno richiama migliaia di pellegrini. Cosa cercano?
L’affluenza dei fedeli è molto numerosa ogni anno, ma soprattutto nell’Anno Santo. Tutto fa pensare che le persone che parteciperanno saranno molte di più rispetto ai precedenti Anni Santi. L’importanza del Cammino, del pellegrinaggio e dell’Anno Santo compostelano è riflessa nelle parole del Papa, quando manifesta che la Chiesa compostelana «per il suo vincolo immemore con l’apostolo Giacomo affonda le sue radici nel Vangelo di Cristo, offrendo questo tesoro spirituale ai suoi figli e ai pellegrini della Galizia, di altre parti della Spagna, d’Europa e degli angoli più lontani del mondo». Il Cammino è uno spazio e un tempo per ritrovare se stessi, gli altri e Dio.
Che senso ha essere pellegrino a Santiago in quest’Anno Santo?
Vuol dire prendere coscienza di ciò che significa Anno Santo. Non è una fuga spirituale, non è un discorso religioso fine a se stesso, bensì l’impegno del pellegrino ad accogliere la grazia di Dio, fare una lettura della realtà da credente, trasformare la vita in base all’uomo nuovo, Gesù, e attraverso questa trasformazione contribuire al rinnovamento della nostra società in linea con il Vangelo. L’Anno Santo è più che un simbolo esterno: è espressione di un concetto determinato dell’uomo e della sua relazione con Dio; è la presenza del sacro nel cuore della nostra civiltà; è la distinzione fra il temporale e lo spirituale lasciando entrare le questioni spirituali nello spazio pubblico in modo semplice e senza complessi.
Vescovi spagnoli e francesi, in un recente incontro, hanno manifestato l’intenzione di fare del Cammino di Santiago un più efficace strumento di evangelizzazione.
Sono molti i pellegrini che sentono la necessità di essere accompagnati spiritualmente durante il Cammino. Vanno avanti con le loro domande e desiderano trovare risposte. In questo senso, cerchiamo di vedere quali possibilità pastorali possiamo offrire ai pellegrini perché trovino accoglienza non solo materiale, ma anche spirituale, per aiutarli nel loro pellegrinaggio verso la luce. Abbiamo ricordato che il Cammino di Santiago dai suoi inizi è stato, come cammino di fede e cultura, un evento molto significativo nella configurazione dell’Europa. Giovanni Paolo II sottolineò il contributo del pellegrinaggio compostelano all’unità e integrità d’Europa nel suo discorso pronunciato nella Cattedrale di Santiago: «L’Europa intera ha ritrovato se stessa intorno alla memoria di Giacomo, negli stessi secoli in cui essa si edificava come un continente omogeneo e unito spiritualmente. Per questo lo stesso Goethe disse che la coscienza d’Europa nacque pellegrinando ». Il Cammino è uno spazio molto opportuno per evangelizzare e sentirsi evangelizzato.
Eppure molta gente parla del Cammino come se fosse una meta turistica. Teme una perdita del vero senso del pellegrinaggio?
Di certo la cultura di oggi può avere una ripercussione nel concetto del Cammino e del pellegrinaggio compostelano. La preoccupazione della Chiesa è far sì che pastoralmente il Cammino non perda la sua identità, ricordando che la meta, l’incontro con Cristo attraverso l’apostolo Giacomo, è ciò che gli dà un senso. È vero che alcune persone possono realizzare il Cammino di Santiago con inquietudini culturali, ecologiche o turistiche, ma se vivono aperte al trascendente arriveranno nella condizione di pellegrini e per loro il Cammino si potrà trasformare in un cammino per Damasco o Emmaus, scoprendo la novità di Dio nella vita di ogni giorno.
© Copyright Avvenire, 25 luglio 2010
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