giovedì 9 settembre 2010
Newman, il teologo inglese che affascinò Joseph Ratzinger (Bobbio)
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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
Il teologo inglese che affascinò Ratzinger
Il Papa in persona beatifica il cardinale John Henry NewmanEx anglicano e riformatore, anticipò molti temi del Concilio
nostro servizio
Alberto Bobbio
CITTÀ DEL VATICANO
«Non sono portato a fare il santo, è brutto dirlo. Mi basta lucidare le scarpe ai santi».
Quando John Henry Newman scrisse queste parole verso la fine della sua vita già qualcuno tra Londra e Roma ne lasciava dunque intendere la possibilità.
Adesso Newman diventa beato e potrebbe essere una cosa strana, essendo conosciuto solo come un intellettuale, che non ha fondato congregazioni missionarie, non ha curato poveri nelle periferie urbane, non ha dato vita a opere sociali.
Eppure Benedetto XVI lo proclama beato.
BENEDETTO XVI A BIRMINGHAM Chi è John Henry Newman, prete anglicano, avvocato mancato, poi pretecattolico, religioso della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri epoi ancora cardinale per volere di Leo-ne XIII?
È un «santo del genio» e le tracce della santità si ritrovano nei suoi scritti che sono migliaia e costituisco-no la prova, spesso impressionante, delsuo amore per gli altri, della sua capacità di dialogo, della sua intenzionedi rendere la fede ragionevole.
Alcuni suoi testi sono contenuti nel Catechismo della Chiesa cattolica, fatto straordinario perché di solito il Catechismo cita autori già canonizzati.
È un santo che piace a Joseph Ratzinger, il Papa teologo, che ha sollecitato la volata finale alla sua beatificazione e che va personalmente a Birmingham a beatificarlo, facendo uno strappo alla regola da lui stesso stabilita che le beatificazioni vengono celebrate da un rappresentante vaticano.
Ecco perché l’elevazione di Newman alla gloria degli altari è un fatto eccezionale. Disse Ratzinger venti anni fa in un conferenza tenuta in occasione del centenario della morte del teologo convertito al cattolicesimo, ricordando i suoi studi giovanili nel seminario di Frisinga: «La dottrina di Newman sulla coscienza divenne per noi il fondamento di quel personalismoteologico che ci attrasse tutti con il suo fascino.
Era chiaro che questo personalismo non rappresentava nessun cedimento all’individualismo e che il legame alla coscienza non significava nessuna concessione all’arbitrarietà».
LA «FEDE RAGIONEVOLE» Sta in queste parole la ragione dellaprofonda sintonia tra il teologo Ratzinger e il teologo Newman, riformatore, ma nella continuità della Tradizione cattolica, proprio come Papa Benedetto. È la sua «fede ragionevole» che ha sempre affascinato il Papa.
Newman si converte al cattolicesimo in seguito a un percorso complesso e faticoso. E dopo la conversione la sua vita non è assolutamente in discesa. Lo attaccano gli anglicani e lo guardano con sospetto anche a Roma.
Alcuni suoi scritti sul ruolo dei laici furono pesantemente criticati. E le ombre non si dissipano del tutto nemmeno quando Leone XIII lo nomina cardinale per mettere fine al discredito nei suoi confronti.
Ha sicuramente anticipato molti temi del Concilio Vaticano II e, appunto, negli anni del Concilio e appena dopo, è stato riscoperto praticamente come «dottore della Chiesa».
Sui laici scriveva: «Voglio un laicato intelligente e ben istruito, che allarghiate le vostre conoscenze, che coltiviate la ragione. Sono sicuro che non diventerete meno cattolici familiarizzandovi con questi argomenti».
Il suo percorso intellettuale, che oggi lo porta alla beatificazione, è descritto in un bel libro, pubblicato da «Vitae Pensiero», l’editrice dell’Università Cattolica, che raccoglie di atti di un seminario di studi su Newman tenuto qualche mese fa («Una fede ragionevole», pagine 252, euro 20), dove si dimostra che la santità può scaturire anche dall’uso sapiente della grammatica e della sintassi se le parole possono aiutare a far interagire la teologia, cioè la scienza della fede, con le altre scienze per migliorare la vita dell’uomo.
È questa la teologia narrativa che piace a Joseph Ratzinger ed è per questo motivo che, rompendo uno schema, arriva nel Regno Unito soprattutto per beatificare John Henry Newman.
Le parole sono simili. Newman diceva che occorre uno «spirito rettamente disposto» ad accogliere le probabilità a sostegno della fede. Sono i concetti che Papa Benedetto ripete dall’inizio del pontificato.
Newman sosteneva la tesi che solo l’amore è il criterio per distinguere la fede autentica dal dogmatismo.
Esattamente come accade nel pensiero di Ratzinger. Infine c’è altra caratteristica comune.
Newman ha scritto più volte che fu la lettura dei Padri della Chiesa a farlo cattolico.
E Benedetto XVI ai Padri ha dedicato praticamente quasi tutte le catechesi del mercoledì.
La discussione sul ruolo dei Padri è fondamentale. Newman li studia e si convince che essi non avrebbero mai voluto la nascita della comunione anglicana, cioè di una comunione diversa da quella di Roma.
GRANDE STUDIOSO Si attira critiche feroci, perché secondo molti teologi e vescovi anglicani, la Chiesa d’Inghilterra rappresentava una via intermedia e buona tra gli eccessi del cattolicesimo romano e gli errori del protestantesimo.
E questa strada intermedia era dettata proprio dallo studio della patristica. Ma Newman non ci sta. Studia e vede che le cose sono diverse.
È la patristica che lo conduce a Roma, lui la chiama «la scala sulla quale sono salito per entrare nella Chiesa».
Ha lasciato migliaia di pagine scritte, migliaia di lettere inviate e altrettante chiuse nei cassetti.
Si può dire che lo studio della sua immensa opera non abbia fine. Scriveva con la stessa passione con la quale noi oggi telefoniamo. Scrisse anche una storia delle sue opinioni religiose («Apologia provita sua»), un testo vibrante, per mettere fine a polemiche e discussioni distorte.
Il suo più famoso testo rimane tuttavia la «Grammatica dell’assenso», dove Newman spiega che la fede alla fine è un atto personale di adesione, che non si esaurisce nella sola comprensione razionale. È l’atto di una libera coscienza illuminata da Dio, esattamente come va insegnando Joseph Ratzinger.
Ha faticato a tenere insieme pensiero e vita.
Ma la sua beatificazione è la dimostrazione che vi è riuscito.
© Copyright Eco di Bergamo, 9 settembre 2010
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