giovedì 7 ottobre 2010

La visita del Papa in Sicilia nel bel commento di José Luis Restán

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Il Papa: "L’esistenza di santa Gertrude rimane una scuola di vita cristiana, di retta via, e ci mostra che il centro di una vita felice, di una vita vera, è l’amicizia con Gesù, il Signore. E questa amicizia si impara nell’amore per la Sacra Scrittura, nell’amore per la liturgia, nella fede profonda, nell’amore per Maria, in modo da conoscere sempre più realmente Dio stesso e così la vera felicità, la meta della nostra vita" (Catechesi)

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Due bellissime foto del Papa con il gatto "inglese" Puskin :-)
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Riceviamo e con grande piacere pubblichiamo questo interessantissimo articolo. Qui una traduzione automatica.

Una palanca que levanta la mole del mal

José Luis Restán

07/10/2010

Los antiguos griegos la llamaron Panormo, "todo puerto", para indicar la seguridad y la paz que prometían sus costas. Muy distante de la imagen caótica y violenta que desde la distancia tenemos de Sicilia. Imagen burda e injusta que sin embargo hunde sus raíces en las cloacas del crimen organizado y de la omertá, ese silencio espeso que bloquea las energías de un pueblo para resurgir. Dice uno de los cronistas de la visita que el Papa ha sido acogido por la gente como el defensor civitatis, el pastor que ha sabido mostrar la fe como palanca que remueve la mole del mal, del conformismo y la resignación.
De nuevo Benedicto XVI ha destrozado previsiones, estadísticas y rumores. Se estima que unas 400.000 personas los han acogido con impresionante calor en las calles y plazas de Palermo, en el Foro Itálico frente al Mediterráneo sereno, y después en la plaza Politeama con 50.000 jóvenes, el futuro de la isla. Desde el primer saludo el Papa no ha querido esquivar el hosco contexto que durante días manoseaban todos los comentarios: precariedad laboral, inseguridad de cara al futuro, criminalidad y violencia, y enlazando todo ello una sensación difusa de que nada puede hacerse, de que las cosas son como son y así seguirán por los siglos de los siglos. Pero también desde el primer instante, Benedicto ha dejado claro que la respuesta a los problemas no viene de los meros análisis o de las estrategias políticas y culturales. Diríamos que, casi abruptamente, el Papa ha dicho a los sicilianos que la respuesta es la fe, una palanca que permite realizar cosas impensables y extraordinarias.
Ha sido una constante la referencia a los santos de la tierra siciliana, numerosísimos desde la primera hora. Santos de todo tipo y condición que enhebran el filo de oro de esta tierra, su fibra más profunda, la historia que hace menos ruido, que no se exhibe en las películas pero que ha mantenido un hilo de esperanza a través de las generaciones. El Papa no hurga en la herida sino que les hace sentir el orgullo de sus raíces, les pone delante el esplendor humano de la santidad, su potencia regeneradora y constructiva. Ciertamente, el Papa dice con todas sus letras la palabra "mafia", mafia como un entrelazado de mentira, opacidad y violencia, y toma pie en la Escritura para clamar que el injusto tiene el alma hinchada, el injusto confía en su poder pero está destinado a caer, mientras que el justo vive por su fe. Un ejemplo continuamente invocado ha sido el testimonio de Don Pino Puglisi, sacerdote palermitano asesinado por la mafia, cuyo proceso de beatificación está en marcha. El Papa ha hablado de su caridad ardiente y de su celo pastoral, de su valentía heroica para responder al mal con la fuerza de la verdad y del amor, y lo ha propuesto como modelo para todos, especialmente para los jóvenes y los sacerdotes.
Es difícil describir el eco vibrante de estas palabras, que los palermitanos todos reconocen como un juicio histórico de tremendas consecuencias para su vida de todos los días. Porque el Papa ha venido a decirles que no son los malvados con su oscuro poder quienes trazan la historia, sino que hay un río de bien que perdura, y en el cual cada uno puede (si quiere y si encuentra una compañía amigable) echar raíces. Benedicto insiste: la tentación del desánimo y de la resignación es propia de quien es débil en la fe, en cambio quien está fundado en esa roca es capaz de llevar la fuerza sorprendente del Evangelio a todos los ambientes y circunstancias, "para dar un rostro más bello a vuestra tierra".
A los jóvenes les habla especialmente de la familia, donde germina la primera percepción del sentido de la vida, pero advierte que para cumplir su vocación más profunda, la familia (pequeña Iglesia) debe estar bien injertada en la gran Iglesia, la familia de los hijos de Dios que Cristo ha venido a formar. Y subraya el valor de las parroquias y de los movimientos como lugares de experiencia cristiana y de educación en la fe. "Ser Iglesia es el don más grande que hemos recibido, ser en Cristo signo e instrumento de paz, de unidad, de verdadera libertad". Y esa fuerza, concluye el Papa, ninguno nos la puede quitar. ¡Coraje, pueblo de Sicilia!

http://www.paginasdigital.es/v_portal/informacion/informacionver.asp?cod=1924&te=15&idage=3614&vap=0

2 commenti:

Fabio ha detto...

Cara Raffaella permettimi di segnalarti ancora un bel articoletto di don Enrico Finotti su ZENIT:
"Benedetto e Gregorio: le due colonne della liturgia latina"

http://www.zenit.org/article-23992?l=italian

"L’intento pastorale di Gregorio risplende anche in Benedetto XVI, che non vuole che nulla di ciò che è vero, nobile, giusto... e merita lode (Fil 4, 8) ed è valido nella tradizione liturgica secolare della Chiesa, vada perduto, e ci richiama al detto evangelico: «… ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13, 52)".

Anonimo ha detto...

OT.
Intervista a Mons. Fellay: E' molto importante conservare uno spirito romano. Il nostro attaccamento a Roma non deve essere simbolico ma concreto. I frutti delle discussioni dottrinali potrebbero essere promettenti.
http://www.laportelatine.org/archives/entret/2010/Fellay_40ans_FSSPX/Fellay101007.php

Alberto