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Il Papa: contro la crisi cambiare gli stili di vita
di FRANCA GIANSOLDATI
CITTÀ DEL VATICANO
Lo ha scritto chiaro e tondo la scorsa settimana inviando una lettera al presidente coreano Lee Myung-bak, in vista del vertice del G20, lo ha ribadito ieri mattina all’Angelus, in occasione del giorno del Ringraziamento: i danni collaterali che sta producendo la crisi economica imporrebbero una revisione degli stili di vita individuali.
In poche parole servirebbero soluzioni «durature, sostenibili e giuste».
Perché non solo il sistema finanziario globale si è alterato (in peggio), perché non solo le nazioni economicamente più forti stringono alleanze tra di loro ai danni di quelle meno sviluppate, ma perché il divario tra ricchi e i poveri sembra non avere più argini.
Papa Ratzinger è davvero molto preoccupato. I resoconti che gli arrivano dagli episcopati africani, asiatici, latinoamericani non lasciano spazio a dubbi. Si stanno prolungando situazioni di miseria estrema per un numero sempre più crescente di uomini e donne; le risorse naturali vengono via via depauperate, come peraltro indicano gli ultimi studi provenienti dalle agenzie internazionali dell’Onu.
Eppure il pianeta terra, ammonisce il pontefice citando la Genesi, è «stato affidato da Dio Creatore all’uomo per essere coltivato e custodito». Di sicuro non per essere distrutto. La domanda che implicitamente pone Papa Ratzinger ai fedeli è che cosa resterà alle prossime generazioni. Perché, ha insistito, ciò che crea maggiore danno alla collettività è l’insistenza a proporre un modello di vita di tipo consumistico, senza alcun ritegno per le conseguenze future del pianeta. Allo scottante argomento il Papa teologo ha dedicato la sua prima enciclica sociale - Caritas in Veritate - nonché una sfilza di interventi, a riprova della sua grande preoccupazione. Stavolta però ha aggiunto un tassello, alla denuncia ha unito l’invito a rilanciare il settore dell’agricoltura. «La crisi economica in atto, di cui si è trattato anche in questi giorni nella riunione del cosiddetto G20, va presa in tutta la sua serietà: essa - ha detto - ha numerose cause e manda un forte richiamo ad una revisione profonda del modello di sviluppo economico globale. E’ un sintomo acuto che si è aggiunto ad altri ben più gravi e già ben conosciuti, quali il perdurare dello squilibrio tra ricchezza e povertà, lo scandalo della fame, l’emergenza ecologica e, ormai anch’esso generale, il problema della disoccupazione». Ed è proprio in questo quadro che egli ritiene strategico e utile far ripartire l’agricoltura, settore bistrattato e accantonato.
Secondo Benedetto XVI il processo di industrializzazione ha ingiustamente messo in ombra un comparto che, pur traendo beneficio dalle conoscenze e dalle moderne tecniche, ha perso importanza persino sul piano culturale. Questo ha finito per avere conseguenze a cascata. «Mi pare dunque il momento per rivalutare l’agricoltura non in senso nostalgico, ma come risorsa indispensabile per il futuro».
L’invito del Papa è suonato come musica per le orecchie della Coldiretti.
«È un incoraggiamento per i quasi centomila giovani che hanno deciso di costruire il loro futuro di lavoro nelle campagne dove rappresentano la componente più dinamica del settore nonostante le difficoltà che incontrano ogni giorno». Sono sempre di più i neo laureati che scelgono di dedicarsi all’impresa agricola di famiglia, in controtendenza con quanto accadeva sino a dieci anni fa. «Probabilmente si tratta di un segno dei tempi che risponde ad una nuova sensibilità concreta per il bene comune».
© Copyright Il Messaggio, 15 novembre 2010
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