mercoledì 17 novembre 2010

Scontro e scelta a sorpresa tra i vescovi americani, vince il duro Dolan (Rodari)

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Scontro e scelta a sorpresa tra i vescovi americani, vince il duro Dolan

di Paolo Rodari

Troppo “liberal” e, insieme, con poco polso nella battaglia contro la pedofilia nel clero. Con queste accuse diversi esponenti della chiesa cattolica degli Stati Uniti (tra questi la rivista dei legionari National Catholic Register e alcuni vescovi dell’area più conservatrice) hanno messo al tappeto la candidatura alla presidenza della conferenza episcopale di monsignor Gerald F. Kicanas, vescovo di Tucson. Ieri a Baltimora, nel Maryland, al termine di un mini conclave che non ha precedenti nella storia dell’episcopato americano, è stato eletto a sorpresa come successore del cardinale Francis George l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan. Un’elezione inaspettata, soprattutto per Kicanas il quale, al termine dei lavori, ha detto soltanto: “Rispetto la decisione dei miei confratelli”.

E’ la seconda volta (la prima fu nel 1960) che i vescovi rompono la consuetudine che vuole che a essere eletto non sia il vicepresidente della conferenza, in questo caso Kicanas. Insieme, è la prima volta che l’elezione deve protrarsi per più di uno scrutinio. Segno di un episcopato spaccato in due, di vedute diverse. Il braccio di ferro si è protratto per tutta la mattinata. Al primo scrutinio Kicanas ha ricevuto 104 voti (troppo pochi per vincere), Dolan 84, l’arcivescovo di Denver, Charles J. Chaput, 20. Al secondo scrutinio, Dolan ha ricevuto 118 voti, Kicanas 111, Chaput 4. Al terzo scrutinio, Dolan ha vinto con 128 voti mentre Kicanas si è fermato a 111.

Prima della votazione George aveva tenuto un lungo discorso nel quale aveva chiesto ai vescovi più unità. E aveva ricordato le recenti ferite della chiesa americana. Su tutte la riforma sanitaria promossa da Obama e appoggiata, senza il consenso suo e di Roma, da alcuni vescovi e da diversi istituti religiosi femminili. George aveva chiesto maggiore obbedienza e rispetto per la dottrina. Un richiamo indiretto a non votare Kicanas? Difficile rispondere. Sta di fatto che se una parte di episcopato ieri ha vinto, non è certo quella più liberal.

Dolan non può essere definito un conservatore. Anzi, quando due anni fa venne eletto a New York ci fu chi disse che con lui il tempo della chiesa arroccata in difesa dei princìpi, il tempo del suo predecessore il cardinale Edward Michael Egan, era finito. Secondo questa vulgata a Dolan mancava la tempra del condottiero. “Uomo da salotto, uomo del sistema, è celebre una sua foto mentre gioca a baseball”, dicevano i suoi detrattori. E ancora: “New York ancora non ha trovato l’erede ideale dell’indimenticato cardinale Francis Joseph Spellman, arcivescovo dal ’39 al ’67”.

Ma poi qualcosa è cambiato. Gli attacchi a Ratzinger della scorsa primavera sulla pedofilia del clero, il Papa trattato dal New York Times (Nyt) alla stregua di un orco cattivo che copre le nefandezze nei confronti dell’infanzia innocente, hanno fatto venire fuori un Dolan inaspettato: ha stigmatizzato l’unico “passatempo” del Nyt, “l’anticattolicesimo”. Ha detto che il Nyt è di parte: attacchi come quelli sulla pedofilia “agli ebrei, ai neri, agli islamici o ai gay, non avrebbe mai pensato di farli”.

La reazione di Dolan gli ha dato popolarità. “Il mio obiettivo primario è uno, e cioè incontrare people and people”, disse una volta eletto a New York. E di gente ne sta incontrando parecchia. Anche grazie a molta ironia. “Cosa ha pensato quando ha dovuto lasciare Milwaukee per New York?”, gli ha chiesto un giornalista. Risposta: “Che forse mi converrebbe continuare a pagare le tasse a Milwaukee: a New York sono più alte”. Dice il vaticanista americano John Allen che Dolan ha capacità comunicative fuori dal comune: “Il fratello Bob è stato per anni una personalità di spicco di una radio di Milwaukee, la città nella quale Dolan è stato arcivescovo prima di New York. E attualmente Bob dirige una agenzia di produzione televisiva. Una certa conoscenza dei media si trova nel dna della famiglia Dolan. Credo però che Dolan sia un’eccezione nel panorama dell’episcopato statunitense. Non sono molti coloro che sanno usare e che usano i media come lui”.

Pubblicato sul Foglio sabato 20 novembre 2010

© Copyright Il Foglio, 20 novembre 2010 consultabile online anche qui, sul blog di Paolo Rodari.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Leggendo i commenti dei giornali americani, quello che gettato i progressisti nella disperazione non é la questione dell'aborto, il sacerdozio femminile,o la comunione ai divorziati, ma la chiusura nei confronti del matrimonio gay.Di recente anche la chiesa luterana Finlandese ha dato l'ok, e questa "conquista" sembra un mezzo più efficace di attaccare la chiesa cattolica di quelli progressisti ormai tradizionali. Eufemia