mercoledì 17 novembre 2010

Dolan, che sorpresa! Il commento di José Luis Restán

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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo il seguente commento. Qui una traduzione sommaria.

Dolan, menuda sorpresa

José Luis Restán

17/11/2010

La sorpresa ha sido mayúscula e indica no sólo un cambio de costumbre, sino seguramente un cambio de orientación en uno de los cuerpos episcopales más numerosos y complejos del planeta. Ayer, contra todo pronóstico, resultó elegido presidente de la Conferencia Episcopal de los Estados Unidos el arzobispo de Nueva York, Timothy Dolan.

No es que Dolan no tuviera peso y carisma para aspirar a ese puesto, sino que una inveterada "costumbre" (una ley no escrita) del episcopado USA señalaba que en cada elección pasa a ser nuevo presidente quien ostentaba anteriormente el cargo de vicepresidente. En este caso se trataba del obispo de Tucson, Gerald Kicanas. De haberse impuesto la normalidad prevista, habría vuelto a la guía de la Conferencia un hombre cortado por el patrón del famoso Cardenal Bernardin, un prelado por quien el presidente Obama ha mostrado especial aprecio. Y así, tras el paréntesis marcado por la presidencia del cardenal Francis George, claramente identificado con las preocupaciones y el estilo pastoral de Benedicto XVI, habría vuelto la línea que muchos consideraban inequívocamente preponderante, más preocupada por la mediación social y la reforma de estructuras que por el fortalecimiento eclesial y la evangelización. Kicanas, con todos los matices, significaba eso.

Sin embargo, tras dos votaciones el arzobispo de la Gran Manzana se alzaba con la mayoría. No es un secreto que Benedicto XVI prefirió a Dolan para Nueva York frente a otros candidatos de peso. Tampoco lo es su claridad doctrinal, su estilo llano y directo, y su capacidad para el combate, incluso en campos como el de los medios de comunicación, donde los eclesiásticos se mueven generalmente a la defensiva. Dolan es al tiempo tradicional y moderno; un yankee pura cepa al que le encanta el béisbol, usa el Twitter y que no desdeña reunirse en un pub con sus feligreses y otros vecinos para dialogar abiertamente sobre la fe. Pero cuando suena la hora de defender la verdad y el honor de la Iglesia lo hace sin contemplaciones y con todos los medios a su alcance. Aún se recuerda la ovación de veinte minutos en San Patricio, con el público en pie, tras la homilía en la que defendió la actuación del Papa ante los casos de abusos sexuales por parte de algunos sacerdotes. También han sido épicas por su fuerza y desenvoltura sus respuestas al New York Times por la evidente católicofobia de este periódico, que Dolan ha denunciado sin ambages.

La noticia no está en que Timothy Dolan sea un peso pesado del episcopado USA, eso ya se sabía, sino en que haya conseguido un bloque de apoyo mayoritario, con todo lo que significa. Dolan es joven, tiene empuje y claridad de ideas. Está fuertemente anclado en la Tradición pero no tiene nada de rancio. No busca la dialéctica política pero es un misionero, un educador nato, y conoce el mundo en que se mueve, el mundo de las redes sociales, de la globalización y del nihilismo blando. Seguramente encarna un tipo episcopal que resulta muy grato a Benedicto XVI, aunque sus temperamentos sean muy distintos. Si los obispos de los Estados Unidos han decidido romper su costumbre, es que algo muy serio han tenido que ver: en Dolan y en la situación que la Iglesia debe afrontar desde ya.

http://www.paginasdigital.es/v_portal/informacion/informacionver.asp?cod=1991&te=15&idage=3755&vap=0

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