giovedì 7 gennaio 2010

Il Papa nell'omelia dell'Epifania: essere bambini nel cuore (Sir)


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Il Papa: "Il sapere dei Magi, lungi dal ritenersi autosufficiente, era aperto ad ulteriori rivelazioni ed appelli divini. Infatti, non si vergognano di chiedere istruzioni ai capi religiosi dei Giudei. Avrebbero potuto dire: facciamo da soli, non abbiamo bisogno di nessuno, evitando, secondo la nostra mentalità odierna, ogni "contaminazione" tra la scienza e la Parola di Dio. Invece i Magi ascoltano le profezie e le accolgono..." (Angelus)

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Il Papa: "Possiamo allora chiederci: qual è la ragione per cui alcuni vedono e trovano e altri no?"

Il Papa: Chi resta indifferente a Dio spesso è guidato da troppa sicurezza in se stesso

Il Papa: "Vogliamo chiedere al Signore di darci un cuore saggio e innocente, che ci consenta di vedere la stella della sua misericordia, di incamminarci sulla sua strada, per trovarlo ed essere inondati dalla grande luce e dalla vera gioia che egli ha portato in questo mondo" (Omelia)

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BENEDETTO XVI, OMELIA DELL'EPIFANIA: ESSERE BAMBINI NEL CUORE

“Quei personaggi provenienti dall’Oriente non sono gli ultimi, ma i primi della grande processione di coloro che, attraverso tutte le epoche della storia, sanno riconoscere il messaggio della stella, sanno camminare sulle strade indicate dalla Sacra Scrittura e sanno trovare, così, Colui che apparentemente è debole e fragile, ma che, invece, ha il potere di donare la gioia più grande e più profonda al cuore dell’uomo”.
Lo ha ricordato ieri Benedetto XVI, durante l’omelia della santa messa per la Solennità dell’Epifania celebrata nella Basilica di San Pietro.
“Nel cammino della storia”, ha proseguito il Pontefice, “ci sono sempre persone che vengono illuminate dalla luce della stella, che trovano la strada e giungono a Lui” e “tutte vivono, ciascuna a proprio modo, l’esperienza stessa dei Magi”. Oro, incenso e mirra “non sono certamente doni che rispondono a necessità primarie o quotidiane” e “in quel momento la Sacra Famiglia avrebbe certamente avuto molto più bisogno di qualcosa di diverso dall’incenso e dalla mirra, e neppure l’oro poteva esserle immediatamente utile”. Questi doni, tuttavia, hanno un “significato profondo” e sono un “atto di giustizia” perché “rappresentano il riconoscimento di una persona come Dio e Re”.
Dopo aver consegnato i doni, ha aggiunto il Papa, “i Magi non possono più proseguire per la loro strada” essendo stati “condotti per sempre sulla strada del Bambino, quella che farà loro trascurare i grandi e i potenti di questo mondo e li porterà a Colui che ci aspetta fra i poveri, la strada dell’amore che solo può trasformare il mondo”. Se si legge il profeta Isaia e il Vangelo di Matteo “nel grande contesto di tutta la storia”, ha sottolineato il Santo Padre richiamando le letture del giorno, è evidente che “ciò che ci viene detto, e che nel presepio cerchiamo di riprodurre, non è un sogno e neppure un vano gioco di sensazioni e di emozioni, prive di vigore e di realtà, ma è la Verità che s’irradia nel mondo” anche “se Erode sembra sempre essere più forte e quel Bambino sembra poter essere ricacciato tra coloro che non hanno importanza, o addirittura calpestato”.
Tuttavia, “anche se i pochi di Betlemme sono diventati molti, i credenti in Gesù Cristo sembrano essere sempre pochi” e “molti hanno visto la stella, ma solo pochi ne hanno capito il messaggio”.
“Qual è la ragione per cui alcuni vedono e trovano e altri no? Che cosa apre gli occhi e il cuore? Che cosa manca a coloro che restano indifferenti – si è domandato il Pontefice -, a coloro che indicano la strada ma non si muovono?”. Per il Santo Padre, “la troppa sicurezza in se stessi, la pretesa di conoscere perfettamente la realtà, la presunzione di avere già formulato un giudizio definitivo sulle cose rendono chiusi ed insensibili i loro cuori alla novità di Dio”.
“Sono sicuri dell’idea che si sono fatti del mondo e non si lasciano più sconvolgere nell’intimo dall’avventura di un Dio che li vuole incontrare”, ha spiegato il Papa, e “ripongono la loro fiducia più in se stessi che in Lui e non ritengono possibile che Dio sia tanto grande da potersi fare piccolo, da potersi davvero avvicinare a noi”. Alla fine, ha concluso Benedetto XVI, “quello che manca è l’umiltà autentica, che sa sottomettersi a ciò che è più grande, ma anche il coraggio autentico, che porta a credere a ciò che è veramente grande, anche se si manifesta in un Bambino inerme”; “manca la capacità evangelica di essere bambini nel cuore, di stupirsi, e di uscire da sé per incamminarsi sulla strada che indica la stella, la strada di Dio”.

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