martedì 15 dicembre 2009

I consigli del Papa a Copenhagen (Bernardo Cervellera)


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VATICANO

I consigli del papa a Copenhagen

di Bernardo Cervellera

Nel suo Messaggio per la Giornata della pace, Benedetto XVI chiede una conversione perché il problema ecologico è un problema morale. Riportare l’uomo e la sua responsabilità al centro del dibattito, pena il fallimento delle nostre politiche e conferenze.

Città del Vaticano (AsiaNews)

Il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della Pace 2010, dal titolo “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”, esce pochi giorni prima della conclusione della Conferenza di Copenhagen sui cambiamenti climatici. Ma la voce del papa non va ad aggiungersi al coro – spesso non proprio in accordo – delle voci sull’ambiente di questi giorni.
Anzitutto la preoccupazione del papa e della Chiesa ha toni drammatici, ma non apocalittici, come ci hanno abituato gli angosciosi film o articoli di questi anni. E una citazione di Paolo VI (del 1971, v. n. 3) mostra che la Chiesa si preoccupa dell’ambiente, ancora prima che esso diventasse una moda o un interesse anche economico.
Certo, alcune sottolineature del Messaggio potrebbero essere sottoscritte dai partecipanti a Copenhagen. La solidarietà inter-generazionale (n. 8), ad esempio, è stata molto enfatizzata all’incontro Onu con film e slogan per spingere ad aver cura del clima per “le future generazioni”.
Un po’ meno la solidarietà intra-generazionale, quella fra Paesi ricchi e poveri (n. 8). Anzi a Copenhagen si stanno scannando perché i Paesi ricchi, che hanno inquinato fino ad oggi, si prendano più responsabilità nel pagarne le spese e abbiano cura dei Paesi più poveri e di quelli a rischio (i piccoli Paesi a livello del mare, che perirebbero per lo sciogliersi dei ghiacci).
Ma alcuni temi del messaggio sono assolutamente unici e se ascoltati, potrebbero rendere davvero efficace la conferenza Onu nella capitale danese.
Benedetto XVI sottolinea infatti che per la cura dell’ambiente occorre una conversione, un cambiamento di mentalità: cambiare gli stili di vita, rendendoli più sobri (n. 9); modificare il nostro modello di sviluppo, mirante troppo spesso a “miopi interessi economici” senza cura per il creato (n. 7); vivendo una solidarietà “che si proietti nello spazio e nel tempo” (n. 8). In una parola: il problema della salvaguardia dell’ambiente è un problema morale. Per questo, “l’umanità ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale; ha bisogno di riscoprire quei valori che costituiscono il solido fondamento su cui costruire un futuro migliore per tutti. Le situazioni di crisi, che attualmente sta attraversando – siano esse di carattere economico, alimentare, ambientale o sociale –, sono, in fondo, anche crisi morali collegate tra di loro” (n. 5).
La questione morale non è solo un problema di dottrine o di tecniche: essa deriva da una concezione più profonda e più vera dell’uomo e di Dio. Nella misura in cui la persona umana si scopre “creatura”, legata a Dio, allora scopre di essere “custode” e non “padrone” del creato, attento coltivatore e non cieco “sfruttatore” della natura (cfr. n. 6).
A Copenhagen il problema è proprio questo: da una parte vi è la ricerca e l’esaltazione di qualche soluzione tecnica che nasconde spesso nuovi interessi economici dei Paesi ricchi verso i più poveri; dall’altra vi è la ricerca di un ecologismo puro, dove la tecnica e l’uomo sono esclusi. In entrambi i casi manca la persona umana e la responsabilità (v. n. 13).
Bjorn Lomborg, un tempo agguerrito ambientalista e oggi un po’ “scettico”, teme che la Conferenza di Copenhagen sarà un fallimento: “Prometteremo ancora di tagliare le emissioni di carbone; faremo dei bei documenti, e poi in realtà non li applicheremo”.
Per il papa, un’autentica ecologia deve certo rivedere le fonti di energia, preoccuparsi dell’acqua, delle foreste, dello smaltimento dei rifiuti, dei contadini (n. 10), ma soprattutto deve affermare “un’autentica ‘ecologia umana’…. [che] affermi con rinnovata convinzione l’inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l’insostituibile missione della famiglia, nella quale si educa all’amore per il prossimo e al rispetto della natura”.
“I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri” (n.12)

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