lunedì 14 dicembre 2009

La luce e il volto dell'Incarnazione negli inni dell'Avvento: Si schiude la Porta al Re della storia (Inos Biffi)


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La luce e il volto dell'Incarnazione negli inni dell'Avvento

Si schiude la Porta al Re della storia

di Inos Biffi

Tutta la grazia di Maria si rivela quando si compie il mistero della sua divina maternità e viene alla luce "la Parola della salvezza (...) generata dalle labbra del Padre" e accolta nel suo "grembo illibato (casto viscere)".
La divina maternità - in cui è racchiusa tutta la ragione dell'esserci della "Vergine beata" - non è un merito che Maria possa ascrivere a sé, ma il segno sorprendente che, per l'"etterno consiglio" (Paradiso, xxxiii, 3), essa è "da sempre l'immensamente amata" (Luca, 1, 28), e per questo l'angelo Gabriele la invita alla smisurata gioia messianica.
L'incarnazione in lei del Verbo del Padre è tutto dono divino e pura opera dello Spirito Santo. Secondo il canto dell'inno: "L'arcana virtù dello Spirito / è nube che avvolge e ti cela: / ti rende mistero fecondo, / dimora del Figlio di Dio".
Maria convive il Natale con Cristo, sperimentandolo nell'intimo della sua verginale esperienza materna e nella sua profonda obbedienza di fede, dove inizia il miracolo della concezione di Gesù.
Essa è "la porta beata", che solo si schiude al Re della gloria (Haec est sacrati ianua / templi serata iugiter, / soli supremo Principi / pandens beata limina).
D'altronde, la nascita del Figlio di Dio non giunge inattesa: essa compie un'antica promessa e avvera l'annunzio dell'angelo fatto a Maria: "Colui che, nato prima dell'aurora, / era stato promesso un tempo ai vati / e che Gabriele annunzia / discende Signore sulla terra (Olim promissus vatibus, / natus ante luciferum, / quem Gabriel annuntiat, / terris descendit Dominus)".
Possiamo anzi dire che tutta la storia è sorta proprio affinché Cristo si manifestasse e che dal desiderio della sua apparizione, se pur inconsapevolmente, essa fu sempre attraversata.
Ai pastori il Natale verrà annunziato da un angelo del Signore come fonte di "una grande gioia" (Luca, 2, 20): è sempre la gioia messianica, e il nostro inno invita a prendervi parte tutta la schiera degli angeli - chiamati all'esistenza perché fossero a solerte e gioioso servizio di Cristo - e tutti i popoli della terra, che in lui sono finalmente redenti: "Stupisca e si allieti la schiera degli angeli, / si allietino i popoli tutti: / l'Altissimo viene tra i piccoli, / si china sui poveri e salva (Laetentur simul angeli, / omnes exsultent populi: / excelsus venit humilis / salvare quod perierat)".
Se questo inno prenatalizio - ritmico, di fattura composita, di autore ignoto e risalente almeno al secolo X - non può vantarsi di essere eccelso per poesia, ha però il lodevole pregio di essere ricco di dogma e di teologia e di fissare un'intensa meditazione sull'avvenimento più ineffabile: quello di Dio che si fa uomo per noi.

(©L'Osservatore Romano - 13 dicembre 2009)

A gran voce annunciano l'Atteso

I profeti a gran voce annunziano, Magnis prophetae vocibus. Gesù non arriva d'improvviso. La sua apparizione è attesa. Adamo è appena tristemente caduto, che già l'avvento di un Salvatore è misericordiosamente annunziato (Genesi, 3, 15). A questo scopo sarà eletta la stirpe di Abramo. Il Redentore nascerà in seno a quella stirpe, e il succedersi delle sue generazioni ne sarà il simbolo e la predizione. La storia d'Israele sarà, così, una storia di attesa e di speranza, e a tenerle vive e ferventi saranno suscitati da Dio i profeti, finché essa verrà compiuta con la nascita di Cristo, e la grazia trapasserà da lui a tutte le genti.
A cantare questa attesa e questa speranza, nei giorni immediatamente prenatalizi, è l'inno di Lodi Magnis prophetae vocibus - di autore ignoto e di secolo incerto: "Acclamano, a gran voce, i profeti / che Cristo sta per venire, / preludendo la grazia della lieta salvezza / con cui ci ha redenti".
Al risonare di questi antichi e fedeli presagi di gloria, la luce inonda le prime ore di preghiera, e l'anima si accende di esultanza - "Risplende il nostro mattino / e i nostri cuori si gonfiano di gioia (Hinc mane nostrum promicat / et corda læta exaestuant)": la gioia, perché il Signore non è venuto a punire, ma a detergere pietosamente le ferite, riscattando ciò che era perduto (venit sed ulcus tergere, / salvando quod perierat).
Ma la memoria della prima venuta ci preavverte che un altro avvento è imminente e che "Cristo è alle porte (adesse Christum ianuis)", "per coronare i suoi santi / e aprire il regno dei cieli".
Ora ci viene promessa una "luce senza tramonto e un astro che salva (Aeterna lux promittitur / sidusque salvans promitur)"; anzi, un "raggio lucentissimo già ci chiama al tribunale del cielo" (iam nos iubar praefulgidum / ad ius vocat caelestium).
Così, la pacata e fiduciosa letizia del tempo di Avvento non è disgiunta dal pensiero e dal trepido timore dell'ultimo giudizio di Cristo Signore.
E, pure, proprio a lui sale la nostra accorata invocazione: con ardore appassionato lo imploriamo di poter contemplare finalmente il suo volto divino (Te, Christe, solum quaerimus / videre, sicut es Deus), e di trovare in "questa eterna visione" il nostro "perenne cantico di lode (ut perpes haec sit visio / perenne laudis canticum)".
Il volto di Gesù, su cui rifulge lo "splendore della gloria del Padre", sarà la fonte inesausta della nostra beatitudine, che la luminosa Natività temporale del Verbo già largamente ci anticipa. (inos biffi)

(©L'Osservatore Romano - 13 dicembre 2009)

IMMAGINE: Caravaggio, "Natività"

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