mercoledì 27 gennaio 2010
Il Papa parla di San Francesco, icona di Cristo, e ricorda le vittime della Shoah (AsiaNews)
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VATICANO
Papa: ricorda le vittime della Shoah e quanti rischiarono per difendere gli ebrei
Al’udienza generale Benedetto XVI illustra la figura di San Francesco, icona di Cristo, modello di dialogo con i musulmani e ne sottolinea l’aver agito insieme con la Chiesa. “il senso della fraternità universale e l’amore per il creato”. Anche la costruzione della pace è legata al rispetto della natura.
Città del Vaticano (AsiaNews)
Nell'odiero Giorno della memoria, si ricorda “l'orrore di crimini di inaudita efferatezza, commessi nei campi di sterminio creati dalla Germania nazista”, “specialmente dell’annientamento pianificato degli ebrei” e anche quanti “a rischio della propria vita, hanno protetto i perseguitati, opponendosi alla follia omicida”. Le “innumerevoli vittime di un cieco odio razziale e religioso, che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte in quei luoghi aberranti e disumani” sono state ricordate oggi da Benedetto XVI che ha pregato perché “la memoria di tali fatti, in particolare del dramma della Shoah che ha colpito il popolo ebraico, susciti un sempre più convinto rispetto della dignità di ogni persona, perché tutti gli uomini si percepiscano una sola grande famiglia. Dio onnipotente illumini i cuori e le menti, affinché non si ripetano più tali tragedie”.
Il ricordo dell’Olocausto ha concluso l’udienza generale di oggi, che il Papa ha dedicato alla figura di San Francesco, “gigante della santità”, “veramente icona viva di Cristo”, che “continua ad affascinare persone credenti e non” e resta ancora oggi anche esempio di come dovrebbe svolgersi il dialogo con i musulmani, “nella verità, nel rispetto reciproco, nella mutua conversione”, oltre che modello per i sacerdoti e precursore del giusto amore dovuto al creato.
Francesco, ha ricordato Benedetto XVI, nacque nel 1181 ad Assisi, in una ricca famiglia e “trascorse un’adolescenza e una giovinezza spensierate, coltivando gli ideali cavallereschi del tempo” e prese anche parte ad una guerra. La cattura da parte del nemico fu l’inizio di un “lento processo di rinnovamento sprituale” che lo portò ad abbandonare la vita precedente. Ricordando in particolare l’episodio del crocefisso che nella chiesetta di San Damiano gli parlò per tre volte, dicendogli “va' e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina”, Benedetto XVI ha parlato di “simbolismo profondo. Immediatamente Francesco è chiamato a ripare quella piccola chiesa , simbolo dello stato drammatico della Chiesa del Duecento che non crede e non forma la vita”. La distruzione interiore della Chiesa è anche distruzione unità da parte di movimenti ereticali. Tuttavia in quella Chiesa in rovina sta al centro il crocefisso”, che a Francesco dice di “rinnnovare la Chiesa di Cristo con la sua radicalità di fede e il suo amore per il Vangelo”.
Un avvenimento simile fu il sogno avuto nel 1207 da Innocenzo III:”il Laterano sta crollando, un religioso piccolo e spregevole fa puntellare con le sue spalle la Chiesa perchè non cadesse. Non è il papa, che la puntella, è un piccolo religioso”. “Innocenzo III era un “papa potente, di grande cultura teologica e anche politica, ma non è lui chiamato a puntellare la chiesa, ma un piccolo religioso spregevole”, ma tuttavia il religioso non da solo, ma in comunione col Papa. Insieme cresce il vero rinnovamento”.
Quanto a Francesco, di fronte al padre che gli rimproverava la troppa generosità verso i poveri, si spogliò dei suoi abiti, “indicando di voler rinunciare all’eredità paterna”. Nel 1208 c’è un altro avvenimento fondamentale. “Ascoltando il passo del Vangelo di Matteo con il discorso agli apostoli inviati in missione si sente chiamato a vivere nella povertà e a dedicarsi alla predicazione. Altri compagni si associarono a lui, e nel 1209 si recò a Roma, per sottoporre a Innocenzo III il progetto di una nuova forma di vita cristiana. Ricevette un’accoglienza paterna da quel grande Pontefice, che intuì, illuminato dal Signore stesso, l’origine divina del movimento da lui suscitato. Il poverello di Assisi aveva compreso che ogni carisma donato dallo Spirito Santo va posto a servizio del Corpo di Cristo, che è la Chiesa; pertanto agì sempre in piena comunione con l’autorità ecclesiastica. Nella vita dei santi non c’è contrasto tra carisma profetico e carisma di governo e, se qualche tensione viene a crearsi, essi sanno attendere con pazienza i tempi dello Spirito Santo”.
Anche papa Onorio III 1218 “sostenne il singolare sviluppo dei frati minori che andavano aprendo le loro missioni in Europa e perfino in Marocco” e nel 1219 Francesco ebbe il permesso di recarsi in Egitto per incontrare il sultano musulmano Melek-el-Kâmel. “Desidero sottolineare questo episodio della vita di san Francesco. In un’epoca in cui era in atto uno scontro tra il Cristianesimo e l’Islam, Francesco, armato volutamente solo della sua fede e della mitezza personale, percorse con efficacia la via del dialogo. Le cronache ci parlano di un’accoglienza benevola e cordiale ricevuta dal sultano musulmano. È un modello al quale anche oggi dovrebbero ispirarsi i rapporti tra cristiani e musulmani: promuovere un dialogo nella verità, nel rispetto reciproco e nella mutua comprensione”. “Sembra poi che nel 1220 Francesco abbia visitato la Terra Santa, gettando così un seme, che avrebbe portato molto frutto: i suoi figli spirituali, infatti, fecero dei Luoghi in cui visse Gesù un ambito privilegiato della loro missione. Con gratitudine penso oggi ai grandi meriti della Custodia francescana di Terra Santa”.
Nel 1224 all’Averna vede il crocefisso e riceve “il dono delle stimmate, intima identificazione con il Signore”. Morì nel 1226 alla Porziuncola. “Mori disteso sulla nuda terra. Due anni dopo Gregorio IX lo iscrisse nel libro dei santi”.
San Francesco “fu anche chiamato il fratello di Gesù. In effetti, questo era il suo ideale: essere come Gesù; contemplare il Cristo del Vangelo, amarlo intensamente, imitarne le virtù. In particolare, egli ha voluto dare un valore fondamentale alla povertà interiore ed esteriore, insegnandola anche ai suoi figli spirituali. La prima beatitudine del Discorso della Montagna, Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli, ha trovato una luminosa realizzazione nella vita e nelle parole di san Francesco. Davvero, cari amici, i santi sono i migliori interpreti della Bibbia; essi, incarnando nella loro vita la Parola di Dio, la rendono più che mai attraente. La testimonianza di Francesco, che ha amato la povertà per seguire Cristo con dedizione e libertà totali, continua ad essere anche per noi un invito a coltivare la povertà interiore per crescere nella fiducia in Dio, unendo anche uno stile di vita sobrio e un distacco dai beni materiali".
Ultimo tratto della spiritualità di San Francesco sottolineato dal Papa è “il senso della fraternità universale e l’amore per il creato, che gli ispirò il celebre Cantico delle creature. È un messaggio molto attuale. Come ho ricordato nella mia recente Enciclica Caritas in veritate, è sostenibile solo uno sviluppo che rispetti la creazione e che non danneggi l’ambiente, e nel messaggio per la Giornata della pace di quest’anno ho sottolineato che anche la costruzione di una pace solida è legata al rispetto del creato. Francesco ci ricorda che nella creazione si dispiega la sapienza e la benevolenza del Creatore”.
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