lunedì 15 febbraio 2010

Esperienza diretta in parrocchia e classi ristrette per i seminaristi. Alcuni cambiamenti nell'iter formativo dei futuri sacerdoti (Zenit)


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Esperienza diretta in parrocchia e classi ristrette per i seminaristi

Alcuni cambiamenti nell'iter formativo dei futuri sacerdoti

ROMA, venerdì, 12 febbraio 2010 (ZENIT.org).

Un anno pastorale, durante il quale i seminaristi potranno compiere un'esperienza diretta in parrocchia per quattro giorni alla settimana e la formazione di classi con un numero inferiore di studenti: sono queste le due principali innovazioni nel progetto formativo del seminario di oggi.
In una intervista a “L'Osservatore Romano”, il Rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore, mons. Giovanni Tani, ha spiegato che la comunità del suo seminario “è composta da alunni non solo di Roma, ma anche di altre diocesi d'Italia e del mondo”.
“Abbiamo 14 studenti non italiani; provengono dall'Argentina, da Haiti, da Paesi europei e dell'Est asiatico – ha continuato –. Ci sono poi 44 alunni provenienti da tutta Italia, in rappresentanza di 20 diocesi. I seminaristi romani sono 28. Complessivamente la comunità conta 86 alunni”.
Mons. Tani ha poi rivelato al quotidiano vaticano che “dal prossimo anno gli studenti seguiranno un anno pastorale, cioè un periodo durante il quale ancora prima di aver ricevuto l'ordinazione diaconale, per quattro giorni alla settimana, dal giovedì alla domenica, presteranno servizio nelle varie parrocchie della città”.
“La seconda novità – ha continuato – è che anche per l'anno successivo, il settimo dell'iter formativo, quello dell'ordinazione diaconale, prevede quattro giorni di presenza nelle parrocchie.
“Ovviamente ciò comporta che, se si considera l'anno propedeutico obbligatorio, salgono a otto gli anni di permanenza complessiva in seminario. Al termine del settimo anno gli studenti avranno già concluso anche gli studi”, ha aggiunto.
“Un altro cambiamento importante è la suddivisione della comunità in piccoli gruppi – ha spiegato ancora il Rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore –. Le classi così ridotte verranno seguite da un educatore che sarà a contatto quotidiano con gli alunni. Una classe avrà per due anni lo stesso educatore per la filosofia e per tre anni un altro educatore per la teologia”.
“L'intento – ha chiarito – è quello di favorire una conoscenza più approfondita degli studenti, in modo da offrire dei consigli e degli aiuti più appropriati”.
Intervistato dalla Radio Vaticana, mons. Tani parlando invece degli aspetti che è necessario approfondire in un percorso di formazione ha spiegato che “l’attenzione principale è quella alla persona affinché riesca a comprendersi, a conoscersi e a capire veramente che la chiamata viene da Dio, che non è un’autochiamata, che non è un autopromuoversi al sacerdozio”.
“Ci vuole una dedizione di sé alla preghiera, al dialogo col Signore, che sia intensa e che sia profonda – ha detto –. Che la preghiera non sia soltanto rituale ed esterno, ma che sia veramente un dialogo profondo dell’io con il Signore”.
“Poi, ci vuole una capacità di relazione con gli altri, che sia soprattutto saper mettere gli altri al primo posto e non ricercare se stessi, ma cercare veramente il bene dell’altro”, ha continuato.
Circa le iniziative per l'Anno sacerdotale, mons. Tani ha detto che il suo seminario sta promuovendo una serie di incontri a sfondo vocazionale per i giovani.
“Queste conversazioni hanno due cadenze – ha affermato –: la prima comprende tre momenti nell'arco dell'anno, dove i giovani sono invitati a riflettere sulla vocazione e sul senso della vita”.
“La seconda cadenza è mensile – ha proseguito –: appuntamenti di meditazione e riflessione incentrati sulla lectio divina sul Vangelo di Giovanni, dove si narra dell'episodio del cieco nato”.
“Vi partecipano un centinaio di giovani e in alcuni di loro si sta manifestando una chiamata vocazionale”, ha concluso.

[Per maggiori informazioni: www.seminarioromano.it]

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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Che i seminari spesso, oserei dire quasi sempre di questi tempi, non funzionino è un fatto difficilmente smentibile. In linea di principio e fatte salve alcune rarissime eccezioni, oggigiorno, è sbagliato immettervi ragazzi molto giovani (prima dei 19-20 anni), spesso forniti di buoni ideali cattolici, ma poco o punto abituati a confrontarsi con le fortissime e multiformi tentazioni femminili, tentazioni che spesso, dopo la consacrazione sacerdotale, riaffiorano prepotentemente e non di rado determinano l'abbandono della tonaca, per l'impossinilità a resistere alle curve femminili. Da parecchi anni a questa parte di constata, quasi quotidianamente e con grave discredito per la coerenza della predicazione evangelica, che sacerdoti, anche non più giovanissimi, deviano sessualmente ed affettivamente con donne di vario genere, talvolta sposate e con figli. Alla faccia dei voti di castità! Ed in totale disprezzo del sacramento della confessione, per il quale dovrebbero fornire il buon esempio di dirittura morale, invece spesso diventa un'occasione libertina per agevolare derive pruriginose con cattoliche incerte e fragili.
Emblematico e preoccupante, purtroppo, il caso recente del maturo sacerdote modenese, che viveva presso una famiglia ricca, succhiando alla stessa granddi quantità di denaro, impiegato poi in equivoche iniziative immobiliari ed anche per compensare le prestazioni sessuali di una sua amante, che ha candidamente riconosciuto la relazione con il sacerdote, specificando altresì che lo stesso sacerdote, già negli ultimi anni di seminario, manteneva una relazione amorosa con un'altra ragazza.
La carriera di questo sacerdote è poi terminata con un omicidio, alla vigilia di Natale.
Naturalmente il suo Vescovo aveva le fette di salame sugli occhi; non solo non ha mai visto né sentito nulla sulle faccende di quel pretone, ma probabilmente non si è mai neppure preoccupato di chiarire perché il sacerdote vivesse presso una famiglia e disponesse di tanti soldi. Sarebbe bastato che avesse contattato qualche pettegola parrochiana, per conoscere le voci che circolavano regolarsi di conseguenza.
Troppe vocazioni sono fragili e sostenute da insistenze di altri sacerdoti, mentre i diretti interessati sono più attratti da monokini e tanga, che dalla vita del seminario. I risultati sono talvolta sconfortanti.

Anonimo ha detto...

Secondo la nuova strategia formativa di Mons. Tani non c'è più spazio per la ricerca e l'approfondimento degli studi. Se, dopo il baccalaureato in teologia, bisogna stare, per due anni, quattro giorni alla settimana in parrocchia, a fare i chierichetti, fare fotocopie e a spostare sedie, non oso immaginare con quali competenze culturali i nuovi reverendi affronteranno le ardue sfide della società contemporanea. E poi parlano di... "progetto culturale"! Mah...

Un docente di teologia

Il papa è il mio padre spirituale ha detto...

Io penso che nel futuro le vocazioni saranno sempre più di adulti. Probabilmente ci sarà il vantaggio che si riuscirà ad evitare la deriva di educatori inadeguati o addirittura non ortodossi dal punto di vista dottrinale, cosa che oggi avviene sempre più spesso.