martedì 16 febbraio 2010

Il Crocifisso è anche simbolo di valori laici (Francesco Sidoti, Consigliere di Corte d'Appello Messina)


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Il Crocifisso è anche simbolo di valori laici

Commento

Francesco Sidoti*

La sentenza della Corte di giustizia europea che ha vietato l'esposizione del Crocifisso negli uffici pubblici dello Stato italiano non sembra da condividersi. La predetta, difatti, ha attribuito al Crocifisso in modo esclusivo carattere di simbolo religioso, e ha riconosciuto alla condotta dello Stato italiano significato confessionale. In tal modo, si sostiene, verrebbe ferito a morte il carattere della laicità che ogni ordinamento deve mantenere, posto che laicità dello Stato significa precipuamente una sua neutralità rispetto alle varie opzioni religiose.
Religione, come è noto, è quell'insieme di convinzioni, norme di comportamento, sentimenti e riti che mette in comunicazione l'umano con il Divino. Il Cristianesimo, però, si distingue dalle altre religioni per il suo carattere di storicità. Se togliamo dai Vangeli l'aggancio con la storia, la dottrina si vanifica e diventa una sapienza, una ideologia come tante altre.
Invero, in Gesù si intrecciano due linee: la prima è orizzontale, e si distende nella storia, evoca la sua vita, la sua azione e la sua morte. Una seconda, invece, tende all'infinito e all'eterno.
Ora, mentre la prima linea interessa l'uomo di cultura, lo storico, il politico, lo Stato, la seconda interessa il religioso, il dogmatico, l'uomo di fede. Il politico deve leggere solo storicamente la figura di Gesù di Nazareth, ed è chiamato a valutare ciò che egli fece e produsse nella Storia, a differenza dell'uomo di fede che ritiene che solo in apparenza egli ha lambito la storia in quanto ogni sua azione è vista come proiezione di valori trascendenti. L'uomo di cultura, il politico, valutando l'azione storica di Gesù non può non riconoscere che il cuore della sua dottrina non è certo l'ideologia, ma il comportamento, la prassi, e cioè l'amore per il prossimo, la carità.
Ciò, per molto tempo non fu compreso neppure dalla Chiesa ufficiale, legata alla convinzione secondo cui «extra Ecclesiam nulla salus». Se, quindi, il cuore del cristiano è l'amore, la sua dottrina ha carattere di autentica laicità, perché fondata sul più laico dei sentimenti, posto che nell'amore non c'è distinzione fra giudeo e gentile, credente e non credente, agnostico e ateo, e così via. Ed in virtù di questo sentimento, Gesù operò la più grande rivoluzione della storia del mondo, che ha carattere non solo religioso, ma anche morale, sociale e politico.
Egli, infatti, ridisegnò i rapporti fra autorità e persona, Stato e cittadino, concetti assolutamente anomali nella cultura orientale, tutta incentrata sul gruppo, sulla comunità, sulla razza. Invero, il perno del rapporto persona-autorità, non è più l'autorità, ma il soggetto, la persona. Per questo l'occidente moderno è impensabile senza il Vangelo.
In definitiva, se Gesù risulta essere figura storica, se la sua dottrina ha carattere di autentica laicità, perché fondata sul più laico dei sentimenti, il Crocifisso deve essere considerato come simbolo di un uomo che operò nella vita terrena nei rapporti con gli altri uomini, e che per amore degli uomini operò la più grande rivoluzione sociale e politica della storia, sacrificando la propria vita per la libertà e l'eguaglianza degli uomini.
In questo senso, è l'affermazione di Benedetto Croce, certamente non sospettabile di spirito apologetico, «non possiamo non dirci cristiani». L'uomo di fede poi, nel recinto della propria coscienza, potrà considerare quel simbolo anche come religioso, ma l'uomo di Stato dovrà invece soffermarsi esclusivamente sull'azione storica di quell'Uomo rappresentato dal Crocifisso.
La sentenza della Corte europea, quindi, considerando il Crocifisso solo come simbolo religioso, ha effettuato una indebita invasione di campo, deformando la verità e la storia. Vero è che, come diceva Hobbes, «auctoritas non veritas facit legem», però è anche vero che le norme dell'epoca fascista che imposero l'adozione del Crocifisso anche nelle aule giudiziarie vanno interpretate in senso evolutivo, in relazione cioè alla verità storica degli accadimenti reali.
La legge, invero, nel suo calarsi nella realtà storico-sociale, nel suo divenire diritto vivente, per essere veramente tale non deve soltanto informarsi, ma deve anche educare, e convincere.
Se malauguratamente la sentenza della Corte dovesse essere confermata, la cultura europea diverrà del tutto incolore, asettica e liofilizzata. Ci unirà l'invisibile, e il nulla.

*Consigliere di Corte d'Appello Messina

© Copyright Gazzetta del sud, 16 febbraio 2010

1 commento:

Anonimo ha detto...

La Chiesa in passato non avrebbe capito il messaggio di Cristo?

Il crocifisso può avere anche un valore "laico"?



Non è la Chiesa che si inventò il concetto secondo il quale fuori di essa non c'è salvezza, ma è propio il Gesù, quello "orizzontale" e quello "verticale" che disse come nessuno può andare a Dio se non attraverso di Lui; qualcuno potrà dire: Gesù parla di Lui, non della Chiesa; è vero, ma della Chiesa ha detto: chi ascolta voi ascolta me!

Insomma, non mi pare si faccia un gran servizio togliendo al crocifisso il suo valore religioso ed attribuendogli valori "laici", cioè neutri. Questo è un modo di procedere tipicamente modernista: svuotare dal di dentro il significato dei segni, dandogliene altri, diversi, che non ha.

Ottimo, nell'articolo, è certamente il richiamo al cristianesimo, come unica religione che affonda le propie radici, come religione, nella storia e non nel mito, o nella speculazione filosofica.
Un richiamo alla soricità di Cristo e dei Vangeli, che neppure molti Vescovi e teologi han più presente.

Insomma, l'articolo ha punti interessanti e condivisibili e punti certamente inaccettabili.