venerdì 2 aprile 2010

Venerdì Santo. Le parole del cardinale Ratzinger alla Via Crucis del 2005 (Radio Vaticana)


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Dopo il politicamente corretto, il mediaticamente corretto ed il religiosamente corretto si fa strada un'altra categoria: il papalinamente corretto!

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L'avvocato del diavolo ossia Jeff Anderson (Il Foglio)

Il NYT e pure qualche vescovo vorrebbero arrostire il Papa sotto il sole di Satana (Luigi Amicone)

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Venerdì Santo. Le parole del cardinale Ratzinger alla Via Crucis del 2005, a pochi giorni dalla scomparsa di Giovanni Paolo II

Per la quinta volta dall’inizio del suo Pontificato, Benedetto XVI presiederà questa sera, alle 21.15, il rito della Via Crucis al Colosseo. L’evento, con le meditazioni scritte dal cardinale Camillo Ruini, che vedrà fra gli altri due iracheni portare la croce, sarà trasmesso in radiocronaca diretta dalla nostra emittente a partire dalle 21.05.
Ma il 2 aprile è anche il quinto anniversario della morte di Giovanni Paolo II. In questa particolare coincidenza, la memoria non può non tornare alla sera di quel 25 marzo 2005, quando il Papa polacco, ormai costretto all’immobilità, partecipava seduto nella sua cappella privata all’ultima Via Crucis della sua vita, ascoltando dalla televisione le riflessioni di colui che, meno di un mese dopo, sarebbe diventato il suo successore sul Soglio di Pietro. Nel suo servizio, Alessandro De Carolis ripropone le meditazioni che l’allora cardinale Joseph Ratzinger scrisse per la Via Crucis di quell’anno:


La croce di legno sarà forse ferma alla quarta stazione, forse in transito verso la quinta, sullo sfondo delle fiaccole e delle penombre del Colosseo, quando alle 21.37 di stasera scoccheranno l’ora e il minuto in cui cinque anni fa la folla ammutolita in Piazza San Pietro apprendeva della morte di Giovanni Paolo II. O forse la rievocazione del tragitto al Golgota avrà già toccato la settima stazione, quella della seconda caduta di Gesù e quella in cui il cardinale Ruini ricorderà la scomparsa di Papa Wojtyla. E probabilmente in tanti, tra la folla di stasera, ne rammenteranno il profilo curvo, ripreso di spalle e aggrappato alla Croce, in quel Venerdì Santo di cinque anni fa. Il profilo di un uomo, che come Cristo verso il Calvario, ha consumato nella missione che Dio gli ha affidato le ultime energie e al quale, spogliato di ogni forza umana, resta l’essenza spirituale del chicco di frumento del Vangelo: la morte per una nuova vita. Ed è proprio dalla “sorte del chicco grano” che il cardinale Ratzinger si lascia ispirare nelle meditazioni che in quella sera di cinque anni fa tagliano l’aria con la schiettezza di pensiero che il mondo presto imparerà a scoprire:

(annuncio della prima stazione)

Gesù è condannato a morte, la folla gli inveisce contro, e Joseph Ratzinger fa risaltare quell’ipocrisia da poco prezzo che spesso si nota in tante piazze del mondo: “Urlano perché urlano gli altri e come urlano gli altri. E così – scrive – la giustizia viene calpestata per vigliaccheria, per pusillanimità, per paura del diktat della mentalità dominante”. “Il prezzo della giustizia – riconosce nella seconda stazione – è sofferenza in questo mondo” e prega:

“Signore, ti sei lasciato deridere e oltraggiare. Aiutaci a non unirci a coloro che deridono chi soffre e chi è debole. Aiutaci a riconoscere in coloro che sono umiliati ed emarginati il tuo volto. Aiutaci a non scoraggiarci davanti alle beffe del mondo quando l’obbedienza alla tua volontà viene messa in ridicolo”.
Ma sono le tre cadute di Gesù sotto il peso della Croce a suggerire al futuro Papa affermazioni vibranti, che sanno di un magistero finora maturato nel segreto dell’anima o enunciato nella sobrietà di un’aula universitaria e che ora, per uno sconosciuto disegno, erompono in pubblico, quasi prestando la voce al grande Pontefice e amico che ha perso la sua:

“Signore Gesù, il peso della croce ti ha fatto cadere per terra. Il peso del nostro peccato, il peso della nostra superbia ti atterra (...) La superbia di pensare che siamo in grado di produrre l’uomo ha fatto sì che gli uomini siano diventati una sorta di merce, che vengano comprati e venduti, che siano come un serbatoio di materiale per i nostri esperimenti, con i quali speriamo di superare da noi stessi la morte, mentre, in verità, non facciamo altro che umiliare sempre più profondamente la dignità dell’uomo”.

Dalla superbia dell’uomo a quella delle “grandi ideologie”. E’ la settima stazione: Gesù ha incontrato sua madre, ha l’aiuto del Cireneo, ma cade di nuovo. In ciò, il cardinale Ratzinger vede l’ombra della cristianità che, scrive, “stancatasi della fede” ha abbandonato Cristo, sedotta da quel “nuovo paganesimo” che “volendo accantonare definitivamente Dio, ha finito per sbarazzarsi dell’uomo”. La preghiera che ne scaturisce è forte e secca:

“Distruggi il potere delle ideologie, cosicché gli uomini possano riconoscere che sono intessute di menzogne. Non permettere che il muro del materialismo diventi insuperabile. Fa’ che ti percepiamo di nuovo. Rendici sobri e attenti per poter resistere alle forze del male e aiutaci a riconoscere i bisogni interiori ed esteriori degli altri, a sostenerli”.

E poi quelle parole, inaudite, da allora rimaste scolpite nella coscienza di ogni cristiano e oggi di bruciante attualità. Una denuncia netta, affilata, sorprendente, incurante di bizantinismi o prose protocollari, che rivela il dolore acuto del sacerdote per chi ha tradito il comune ministero, la consapevolezza del vescovo che implora un cambio di rotta per la “barca di Pietro” che “fa acqua da tutte le parti”, la volontà di trasparenza e pulizia che solo un Pontefice può rendere universale e che di lì a tre settimane l’autore di quelle parole si troverà, eletto Papa, nelle condizioni di trasformare in realtà:

(annuncio della nona stazione)

“Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce? (…) A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! (…) Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!”

Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare (…) La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! (…) Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra, e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti da quella caduta; spera che tu, essendo stato trascinato nella caduta della tua Chiesa, rimarrai per terra sconfitto. Tu, però, ti rialzerai. Ti sei rialzato, sei risorto e puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la tua Chiesa. Salva e santifica tutti noi”.

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