giovedì 6 maggio 2010
Islam, Mona Siddiqui fa lezione nell'Ateneo del Papa e "ripete" la lectio di Ratisbona (Izzo)
Vedi anche:
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Il card. Sodano decise di non testimoniare nella causa di beatificazione di Giovanni Paolo II (Tornielli)
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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
ISLAM: MONA SIDDIQUI FA LEZIONE A ATENEO PAPA E "RIPETE" RATISBONA
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 5 mag.
"Dove c'e' conflitto fra i popoli, il dialogo religioso da solo non puo' condurre alla pace e alla riconciliazione". Lo ha affermato Mona Siddiqui, direttrice del Centro per gli studi sull'islam dell'universita' di Glasgow, in Scozia, che ha tenuto una lectio magistralis questo pomeriggio alla Pontificia Universita' San Tommaso d'Aquino di Roma.
"Che funzione puo' avere il dialogo quando le persone vengono fatte saltare in aria e le loro famiglie e le loro case vengono distrutte?", si e' chiesta la studiosa pakistana convenendo con l'intervento di Benedetto XVI a Ratisbona e affermando che la rinuncia a qualunque forma di violenza e' una precondizione del dialogo interreligioso.
Per la Siddqui, infatti, "a meno che non sia sostenuto dalla volonta' politica, il dialogo rimane solo un nobile esercizio con un effetto limitato".
E l'autorevole studiosa islamica e' d'accordo con il Pontefice anche sul fatto che dopo una tale premessa, poi, il dialogo e' "una necessita', non un'opzione o un privilegio".
"Il lavoro interreligioso - ha spiegato - puo' essere un simbolo di unita' tra le civilta' e puo' anche essere sentito tra i seguaci delle fedi. Ma funziona meglio quando c'e' sia il testo che il contesto". Secondo Mona Siddiqui, che gode di grande considerazione anche nel mondo ebraico e in quello cattolico (il suo intervento e' stato pubblicato dall'Osservatore Romano), "molti musulmani e cristiani rimangono convinti che il dialogo sia fondamentalmente difettoso, non solo dal punto di vista teologico, ma anche in termini pratici".
L'autorevole studiosa islamista ha rinunciato pero' a rispondere nel suo intervento - pur formulandolo - al quesito che ha posto Papa Ratzinger nella famosa lettera a Marcello Pera, nella quale era scritto che il confronto con l'Islam non puo' essere teologico ma ha senso sul piano etico e sul piano dell'impegno sociale: "Come possono i musulmani e i cristiani parlare dello stesso Dio quando hanno concezioni tanto differenti dello stesso Dio?". La domanda principale, per lei, e' piuttosto questa: "se il dialogo non punta alla conversione a Cristo o al verificarsi del Corano, qual e' il suo scopo reale?".
"Per me - ha risposto - l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam sono il compimento di un messaggio rivelato.
Tutti noi abbiamo sbagliato a volte e continueremo a sbagliare se non pensiamo e non agiamo con compassione. La compassione non e' un'astrazione teologica. Se Dio per me, come musulmana, e' definito come l'essere piu' caritatevole, come posso allora io vivere quotidianamente quella pieta' circondata per la maggior parte del tempo da gente di fede diversa o senza fede?
La nostra ricerca di Dio non e' una metafora. Essa richiede sacrificio e pazienza, ma soprattutto la gioia di saper condividere e vivere insieme, nonostante il conflitto, che e' parte della condizione umana". In proposito, del resto, la Siddiqui ha ricordato che "il lavoro interreligioso non e' mai stato, implicitamente o esplicitamente, finalizzato alla conversione".
"Da musulmana che ha vissuto gran parte della propria vita in Occidente, ho imparato - ha concluso - che la fede parla in un processo d'apprendimento e accettazione, di dubbio e umilta'. La cosa piu' importante, e' stata il comprendere che parlare d'umanita' comune richiede una grande generosita' nel fronteggiare la differenza pratica. Il dialogo e' per me una estensione dell''ishan' "agire sapendo che se tu non vedi Lui (Dio), Lui vede te'".
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ISLAM: SIDDIQUI, SU "INFEDELI" CORANO NON HA INTERPRETAZIONE UNICA
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 5 mag.
"I musulmani hanno storicamente avuto atteggiamenti differenti verso le altre religioni, specialmente quella ebraica e quella cristiana". Lo ha affermato Mona Siddiqui, direttrice del Centro per gli studi sull'islam dell'universita' di Glasgow, in Scozia, che ha tenuto una lectio magistralis questo pomeriggio alla Pontificia Universita' San Tommaso d'Aquino di Roma. "L'unitarieta' e la diversita' dell'umanita' - ha spiegato - sono temi che coesistono nel Corano e possono essere interpretati a supporto tanto di rivendicazioni inclusiviste, quanto esclusiviste". E questo anche se e' vero che "molti esegeti musulmani ne hanno derivato il presupposto che la religione primordiale di tutte le genti fosse l'islam e che tutto inizio' con Adamo, considerato essere il primo profeta". Secondo Mona Siddiqui, (il cui intervento e' stato pubblicato dall'Osservatore Romano), di fatto pero' "la questione non riguarda tanto il riconoscimento delle religioni ebraica e cristiana, in quanto queste erano gia' presenti nel sesto secolo. Inoltre, i musulmani riconoscono i loro antichi profeti come parti del loro credo". "Le tensioni - ha rilevato - risiedono, invece, su come devono essere percepite teologicamente, oltre che nelle relazioni sociali". Per la studiosa islamista, "la domanda essenziale riguarda il come i musulmani intendono il loro essere cittadini di maggioranza o di minoranza nell'odierna realta' sociale". "L'esperienza umana di vivere e lavorare con popoli e culture differenti sara' il fattore determinante - si e' chiesta - per uno sviluppo del pluralismo all'interno dell'islam? Oppure, le varianti ai testi del Corano significheranno che il non credente, cioe' il non musulmano, non potra' mai essere considerato come un uguale?". "Ci si puo' chiedere - ha concluso - se gli accademici e i rappresentanti religiosi sperino veramente d'influenzare i conflitti e la politica nel mondo".
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3 commenti:
Ratisbona docet! E' questo il vero ecumenismo, non le pacche sulle spalle e il volemose bbene a prescindere!
questo non è ecumenismo: l'ecumenismo è la ricerca della unità tra le fedi cristiane
questo è dialogo inter-religioso partendo dal presupposto che il dialogo tra le fedi sia possibile
Il papa - e giustamente- ha detto che possono dialogare le culture e non le fedi...
Infatti, lo dimostra la Siddiqui, che è venuta a proporre una nuova teologia basata sulla 'compassione' anziché sulla 'salvezza'... ma noi non possiamo dimenticare che abbiamo bisogno di essere salvati e che l'unico Salvatore è Cristo Signore, che rende anche possibile il nostro essere davvero compassionevoli (la differenza che c'è tra le "opere della fede" e quelle "della legge" in senso paolino e che i protestanti non capiscono, non accettano e ci contestano; il che in defintiva vale anche per ebrei e musulmani)
Mi dite perché tanti prelati sono andati a scuola di teologia da una musulmana? Donna, colta, spirituale, di indubbio spessore; ma davvero i nostri 'alti prelati' non comprendono che NON E' POSSIBILE non coniugare la compassione con la salvezza? E che le buone volontà si possono incontrare nella prassi, ma non nella teologia, perché ogni teologia nasce da 'credo' diversi e conduce ad antropologia e comportamenti diversi
L'omologazione può generare solo confusione e perdita di identità (in questo caso non per loro (che credono nel Dio clemente e misericordioso), ma per noi (che crediamo al Dio Trinità, che oltre ad essere clemente e misericordioso è anche Salvatore ed entra in dialogo con la sua Creatura introducendola nella relazione delle relazioni che è la comunicazione d'Amore intra Trinitaria, 'configurandola' sempre più a Cristo Signore...
Capito?
Cara Raffa, mi risulta che gli alti prelati che erano all'Angelicum e pendere dalle labbra della teologa musulmana, hanno disertato in massa -sempre a Roma- le contestuali conferenze su Fatima, alle quali erano presenti solo alcuni 'emeriti'...
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