mercoledì 28 luglio 2010

Gli anglocattolici canadesi votano per l'unione con Roma (Osservatore Romano)


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Mentre la Comunione respinge la proposta di esclusione degli episcopaliani

Gli anglocattolici canadesi votano per l'unione con Roma

Vancouver, 28.
La «Anglican Catholic Church of Canada» ha votato l'unione con la Chiesa cattolica, nelle modalità previste dalla Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus emanata da Benedetto xvi. La decisione, largamente condivisa dai leader del gruppo anglicano, è stata presa nel corso dell'ottavo sinodo provinciale e tredicesimo sinodo diocesano che si sono tenuti simultaneamente presso il «Rosemary Heights Retreat Center» di Surrey, in British Columbia, ai quali era presente anche l'arcivescovo John Hepworth, primate della Traditional Anglican Communion.
Il consenso alla creazione del proposto Ordinariato anglo-cattolico canadese è stato unanime fra i membri della House of Clergy e ha ottenuto 25 voti favorevoli su 30 fra i delegati laici, con tre contrari e due astenuti. Il sinodo ha poi approvato una risoluzione che autorizza il vescovo Peter Wilkinson, con l'appoggio e il consenso del Consiglio Provinciale, a mettere in atto i necessari provvedimenti canonici e norme per stabilire l'Ordinariato. La House of Clergy ha quindi eletto i membri dell'Interim Governing Council che ha indicato lo stesso vescovo Wilkinson come primo vescovo ordinario del proposto Ordinariato. Nel corso della riunione sono stati anche presi i necessari provvedimenti di natura finanziaria.
Intanto, la Standing Commission, organo esecutivo della Comunione anglicana, del quale fa parte anche l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, sabato scorso ha respinto la proposta di esclusione degli episcopaliani dalla Comunione. La proposta era stata presentata da un esponente della Provincia dell'Asia sudorientale, Dato' Stanley Isaacs. Durante la discussione, i membri della commissione, pur riconoscendo la preoccupazione crescente in alcune parti della Comunione riguardo a questioni che hanno a che fare con i comportamenti sessuali, hanno dichiarato che una separazione comprometterebbe il dialogo sul tema e sarebbe perciò dannosa.
Attualmente, a seguito delle ordinazioni di vescovi apertamente omosessuali (l'ultima nel maggio scorso), avvenute in seno al ramo anglicano statunitense — l'«Episcopal Church» — i leader anglicani hanno invitato ad applicare una moratoria su tale tipo di nomine, in attesa di un confronto generale sul tema e nel tentativo di scongiurare appunto dolorose separazioni. Che potrebbero inoltre essere alimentate anche dalla questione dell'ordinazione di donne vescovo, un altro tema al quale la «Church of England» sta dedicando la gran parte delle sue attenzioni.
Nel recente Sinodo generale, che si è tenuto a York, si sono fatti tentativi di trovare un compromesso accettabile, riconoscendo alle parrocchie il potere di scegliere se avere un vescovo uomo o donna, attraverso un meccanismo che però è stato accolto con scetticismo in alcuni ambienti anglicani. La decisione definitiva è stata rimandata al sinodo del 2012. «Forward in Faith», il più grande gruppo anglo-cattolico della «Church of England», che conta circa 10.000 membri, rimane però molto critico su quanto stabilito dal sinodo di York. Ha affermato il direttore esecutivo dell'organizzazione, Steve Parkinson: «Abbiamo spiegato molto dettagliatamente che non potremmo accettare teologicamente donne vescovo. Abbiamo spiegato cosa ci impedirebbe di rimanere a far parte della Church of England, ma il Sinodo generale ha risposto in una maniera che non viene incontro alle nostre esigenze».
La questione dell'ordinazione delle donne vescovo si intreccia con quella della rappresentatività degli organismi della Comunione anglicana. L'autorità della stessa commissione che ha rigettato la proposta di espulsione degli episcopaliani è stata messa in discussione. In prima fila, fra i critici, ci sono quanti sono chiamati a guidare le province anglicane, che accusano la Commissione permanente di avere assunto troppo potere decisionale rispetto ai primati delle 38 province della Comunione. Attualmente solo cinque di essi fanno parte della commissione, dove risultano rappresentati anche gli episcopaliani. Una composizione criticata esplicitamente, in particolare, dall'arcivescovo di Uganda e dal vescovo di Jerusalem and Middle East.

(©L'Osservatore Romano - 29 luglio 2010)

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