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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo questa intervista con un ricordo speciale nella preghiera per i caduti.
Afghanistan, mons. Pelvi: i militari uccisi un invito a riscoprire il bene comune dell'Italia
Intervista di Luca Collodi a mons. Vincenzo Pelvi, Arcivesco Ordinario Militare per l'Italia - versione integrale trasmessa da 105 Live, il canale italiano della Radio Vaticana e da Rg 14 della Radio Vaticana (sintesi).
D. La sofferenza del cuore è immensa e indescrivibile. Siamo veramente confusi e inquieti. C’è uno smarrimento non solo degli italiani. E’ possibile che non si metta fine alla guerra e al disagio di tante famiglie?
R. I nostri militari sono al servizio della sicurezza internazionale anche perché dalla sicurezza internazionale dipende la concordia e la tranquillità nella nostra nazione. Il sacrificio dei nostri militari è anche perché in Italia ci sia un clima di dialogo, di distensione. Direi che i nostri militari che muoiono in missioni internazionali di sicurezza sono un invito palpitante per gli uomini e le donne italiane perché ci sia veramente intesa e cammino per un bene comune della nostra Patria e si costruisca nella realtà umana la famiglia delle famiglia, la famiglia dei popoli. E’ chiaro che ci vuole consapevolezza, non solo nel sapere che gli Stati più deboli vanno protetti. I nostri militari donano la forza di sperare, sono al servizio dell’uomo e ne dobbiamo essere più consapevoli tutti, di questo mandato del cuore, di questa missione divina scritta nel cuore dei nostri militari che donano loro stessi per creare, costruire e difendere la famiglia umana. Consapevolezza, quindi. Ma soprattutto il discorso dell’intesa politica internazionale che deve sostenere maggiormente, anche con gesti più visibili, il dono della vita dei nostri soldati e direi la bellezza di servire l’umanità intera.
D.- Mons. Pelvi, secondo lei, c’è consapevolezza nei leader mondiali, nei responsabili politici dei singoli Stati, della situazione afghana o i problemi interni, la crisi economica, indeboliscono il consenso politico da dare alle Forze armate impegnate sul campo?
R.- Credo che ci sia la consapevolezza. Ma questa ha bisogno di essere più esplicita, manifestata, veicolata. Cioè inviterei tutti a superare quelli che possono essere attenzioni a particolarismi locali per tuffarsi in un segno di generosità senza misura, perché l’unità dei
popoli viene fuori anche dall’unità delle guide degli Stati, dal superamento di individualismo ed egoismo. Va rispettata una strategia che crea intese, che innalza ponti. Le nostre Forze Armate reggono, perché hanno alle spalle famiglie ed una Nazione come l’Italia che non sa godere nell’egoismo e dell’individualismo ma che sa aprirsi con coraggio fino ad offrire anche la vita. E tutto questo anche perché i nostri militari, l’Italia, hanno radici cristiane. Non possiamo non vedere anche questo aspetto di dono, fino alla vita che viene dalla nostra fede in Gesù Cristo. I nostri militari hanno dentro un di più, che non è solo la professione per dare concordia e pace ai popoli, ma è anche la testimonianze di una vita che appresa dai propri genitori e dalle proprie comunità cristiane, è da spendere perché tutti siano nella pace del cuore e nel benessere sobrio della vita quotidiana.
D.- Morire giovani e per un ideale. Il coraggio oggi è merce rara nella vita sociale…
R.- La morte dei nostri soldati ci deve far prendere coscienza che nella storia dei nostri tempi non c’è solo la malvagità, la violenza, ma che uomini e donne sono pronti anche a dare la loro vita, tutto quello che sono e che hanno, perchè sentono l’esigenza che il mondo si costruisca in un disegno che va al di là della pochezza umana, del limite che può essere il contesto sociale o ambientale, ma c’è un progetto che Dio porta avanti, anche se tante volte lo oscuriamo per la costruzione di una società più bella, giusta e anche più santa.
Metterei in risalto che c’è tanto bene nelle persone e le Forze Armate portano una linfa nella realtà quotidiana di ogni giorno che illumina i percorsi complessi della storia con germi di fiducia e resurrezione.
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1 commento:
Il loro funerale, come quelli dei commilitoni già caduti, dovrà essere il modo più solenne, doloroso e profondo per commemorare e celebrare la nostra unità nazionale. Unità, appunto, fatta dai dimenticatissimi soldati. Non è un caso se la Lega alla vigilia di queste solenni manifestazioni di dolore e di orgoglio nazionale, chiede il ritiro dall'Afghanistan
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