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SINODO MEDIO ORIENTE - Noi con loro
Mons. Eterović: i cristiani non sono mai soli
“La pace è possibile. La pace è urgente. La pace è la condizione indispensabile per una vita degna della persona umana e della società. La pace è anche il miglior rimedio per evitare l’emigrazione dal Medio Oriente”.
È quanto ha ribadito Benedetto XVI, domenica 24 ottobre, durante la Messa conclusiva dell’assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, sul tema: “La Chiesa cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza” (Vaticano, 10-24 ottobre 2010). Nella sua omelia il Papa si è rivolto ai “cari fratelli e sorelle del Medio Oriente”: “L’esperienza di questi giorni – ha detto – vi assicuri che non siete mai soli, che vi accompagnano sempre la Santa Sede e tutta la Chiesa, la quale, nata a Gerusalemme, si è diffusa nel Medio Oriente e in seguito nel mondo intero”.
Benedetto XVI ha anche annunciato la decisione di “dedicare la prossima assemblea generale ordinaria, nel 2012, al tema: Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam - La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. Ai lavori del Sinodo per il Medio Oriente, strutturati in 14 Congregazioni generali e in 6 sessioni di Circoli minori, hanno preso parte 185 padri sinodali. All’assise hanno partecipato come “delegati fraterni”, rappresentanti di 13 Chiese e comunità ecclesiali, storicamente ben radicati nel Medio Oriente, oltre a 36 esperti, 34 uditori e 3 “invitati speciali” del Papa: il rabbino David Rosen, direttore del Dipartimento per gli Affari Interreligiosi dell’American Jewish Committee ed Heilbrunn Institute for International Interreligious Understanding, Muhammad al-Sammak, consigliere politico del Gran Mufti del Libano, rappresentante dell’Islam sunnita, e l’ayatollah Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi, professore presso la Facoltà di diritto alla Shahid Beheshti University di Teheran e membro dell’Accademia iraniana delle scienze, rappresentante dell’Islam sciita. Con mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi, ripercorriamo alcuni momenti dell’assemblea sinodale.
Eccellenza, può tracciare un bilancio dell’assemblea speciale per il Medio Oriente?
“È stata un’esperienza di Pentecoste. Siamo grati alla Divina provvidenza per la felice conclusione dell’assise sinodale sul tema della comunione e della testimonianza della Chiesa cattolica nel Medio Oriente. Nelle riflessioni sinodali siamo stati guidati dalla Sacra Scrittura, in particolare dal motto del Sinodo: ‘La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola’ (At 4,32). Sotto l’ispirazione dello Spirito Santo e sotto l’illuminata guida del Santo Padre Benedetto XVI, i 185 vescovi del Medio Oriente, della Diaspora e di altri Paesi legati alla Chiesa nel Medio Oriente, hanno approfondito il tema della comunione ecclesiale strettamente legato alla testimonianza. In effetti si può affermare che senza la comunione non esiste la testimonianza cristiana. La comunione, poi, è la migliore testimonianza che i discepoli di Gesù Cristo possono offrire nell’ambiente in cui vivono. Si tratta di comunione a vari livelli. In primo luogo, essa riguarda la comunione all’interno di ognuna delle 6 Chiese orientali cattoliche sui iuris. In secondo luogo, la comunione si riferisce ai rapporti tra le Chiese di diversa tradizione in Medio Oriente. Una maggiore comunione tra la Chiesa di tradizione latina e le 6 Chiese orientali cattoliche è la migliore condizione per intensificare il dialogo ecumenico e approfondire l’unione con le Chiese e comunità cristiane che non sono ancora in piena unità con la Chiesa cattolica”.
Questo Sinodo ha dato la possibilità di conoscere la realtà in cui vivono le Chiese e i Paesi mediorientali. Quali le questioni maggiormente sottolineate?
“I pastori, rappresentanti della Chiesa di tradizione latina come pure di 6 Chiese orientali cattoliche sui iuris (copta, siriaca, melchita, maronita, caldea, armena), hanno riferito sulle gioie e sulle speranze, sulle difficoltà e sulle sfide dei fedeli affidati alle loro cure pastorali nei rispettivi Paesi. Si tratta di Chiese con profonde radici storiche, disposte a riscoprire la dimensione missionaria che ha caratterizzato i primi secoli del cristianesimo nel Medio Oriente, dal quale la Buona Notizia si è diffusa in tutto il mondo. Tali Chiese hanno riflettuto sul miglior modo di trasmettere la fede ai giovani, di promuovere l’impegno dei laici, soprattutto delle donne, nella vita della Chiesa e della società, nel mantenere le scuole e le istituzioni di educazione cattolica, gli istituti di cura sanitaria, le opere di promozione sociale, per dare testimonianza dell’amore cristiano verso tutti, in particolare verso i più poveri. Rinnovati dalla grazia dello Spirito Santo, i cristiani auspicano un approfondimento del dialogo ecumenico come pure del dialogo interreligioso con gli ebrei e i musulmani, appartenenti alle altre due religioni monoteiste nate nella regione. Tra varie difficoltà, i padri sinodali hanno lamentato la mancanza della libertà religiosa, l’attività di gruppi fondamentalisti, l’instabilità, la violenza e la guerra in alcuni Paesi della regione, che sono la causa principale dell’emigrazione dei loro fedeli. Inoltre, hanno riflettuto sul modo di assicurare per loro un’adeguata cura pastorale nei Paesi dove si trovano attualmente. È stato assai presente il tema dell’immigrazione di numerosi cristiani in alcuni Paesi del Medio Oriente dove, in genere, non sono riconosciuti sufficientemente i loro diritti”.
I padri sinodali hanno sottolineato molto l’importanza del dialogo ecumenico e interreligioso. Cosa è emerso?
“Per volontà del Papa, all’assise sinodale hanno partecipato il rabbino David Rosen, Muhammad al-Sammak (rappresentante dell’Islam sunnita) e l’ayatollah Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi (rappresentante dell’Islam sciita). Tale fatto è di per sé significativo. Essi poi hanno sottolineato l’importanza di una migliore conoscenza reciproca per una sempre più attiva collaborazione in vari campi di attività sociale e religiosa. I padri sinodali hanno ribadito l’importanza del dialogo con i fratelli e le sorelle ebrei e musulmani; dialogo che s’impone dappertutto, soprattutto nel Medio Oriente. Un’esperienza positiva potrà avere notevoli influssi nel mondo intero”.
Si è parlato anche di famiglia, giovani, donne e bambini...
“Tali temi essenziali non potevano mancare in un’assemblea sinodale che voleva essere di natura pastorale. Ognuna di tali categorie ha meritato una proposizione a parte, per sottolineare l’importanza dell’impegno dei padri sinodali su tali argomenti. La famiglia è la cellula fondamentale della società e della Chiesa e merita ogni attenzione possibile. Purtroppo, anche nel Medio Oriente si avvertono influssi negativi circa l’istituzione familiare e, pertanto, è necessaria una maggiore catechesi rivolta soprattutto ai giovani che si preparano al matrimonio. Le famiglie hanno bisogno di una considerazione particolare, soprattutto a sostegno dell’educazione dei bambini che sono il frutto benedetto dell’amore dei coniugi. I giovani sono il futuro della Chiesa e della società. Ad essi bisogna dedicare particolare attenzione affinché diventino sempre di più apostoli della Buona Novella tra i loro coetanei. È indicativo che la proposizione sui giovani sia stata votata unanimemente dai padri sinodali. Essi, poi, si sono impegnati a valorizzare di più la missione della donna e a promuovere la sua dignità, tenendo conto dell’importante ruolo che essa occupa nella società e nella Chiesa”.
I padri sinodali hanno indirizzato al Popolo di Dio un Messaggio (“Nuntius”) e, inoltre, hanno consegnato al Papa 44 “proposizioni” finali. Nel frattempo, quali sono le attese, le scelte prioritarie?
“Il Messaggio al Popolo di Dio riflette la natura pastorale dell’assise sinodale, le sfide e le gioie dei padri sinodali. Essi non potevano neppure ignorare la complessa situazione sociale in cui vivono, ribadendo la posizione della Santa Sede sulla necessità e l’urgenza della pace per una soluzione giusta dei conflitti che sono purtroppo aperti; menzionano la situazione in Iraq e il contenzioso israelo-palestinese. Tale Messaggio potrà essere presentato ai responsabili delle Nazioni, delle Chiese e Comunità ecclesiali, per informarli oggettivamente sui lavori sinodali. Il “Nuntius”, però, è indirizzato soprattutto ai membri del Popolo di Dio non solo per renderli partecipi delle riflessioni sinodali, bensì per invitarli, sotto la guida dei propri pastori, a iniziare ad applicare i consigli e le raccomandazione dei padri sinodali per un maggiore approfondimento della comunione ecclesiale e per un impegno sempre più coerente di testimonianza cristiana negli ambienti in cui vivono. Così si prepareranno nel miglior modo possibile ad accogliere l’esortazione apostolica postsinodale che il Papa Benedetto XVI indirizzerà a tutti i membri della Chiesa cattolica in Medio Oriente”.
In conclusione, quali prospettive per il futuro?
“Nell’omelia di chiusura dell’assemblea sinodale, Benedetto XVI ha ripetuto l’esortazione di Gesù Cristo ai suoi discepoli: ‘Non temere, piccolo gregge, perché al Padre è piaciuto dare a voi il Regno’ (Lc 12, 32). Essi erano poco numerosi ma, guidati dalla forza dello Spirito Santo, hanno diffuso il Vangelo nel mondo intero. I padri sinodali ritornano alle loro diocesi confermati nella fede, nella speranza e nella carità dall’incontro privilegiato con il Santo Padre, vescovo di Roma, e con gli altri vescovi membri del Sinodo. In particolare, la speranza cristiana ha caratterizzato i lavori sinodali. Essa non si fonda su progetti e sforzi umani bensì sulla divina Provvidenza che guida la storia e gli uomini, in particolare, nel Medio Oriente, regione dove hanno avuto luogo i grandi eventi della storia della salvezza. I cristiani ne sono testimoni vivi, pietre vive di una Chiesa viva. Essi sono coscienti che il Signore risorto, sempre in mezzo ai suoi, continuamente effonde il suo Spirito affinché la comunità dei suoi discepoli possa essere sempre di più la luce del mondo e il sale della terra mediorientale. Disposti a compiere ciò che lo Spirito dice oggi alle Chiese in Medio Oriente, essi vogliono essere sempre di più il lievito di una società pacifica, rispettosa delle diversità, impegnata nella promozione della giustizia e del bene comune per tutti i suoi abitanti”.
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