giovedì 18 novembre 2010

Pakistan, si fermi la violenza. L'appello di Benedetto XVI (Sir)

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Appello del Papa per i Cristiani in Pakistan e per Asia Bibi (Izzo)

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In Piazza San Pietro i delegati Caritas-Migrantes per donare al Papa la raccolta di dieci anni di dossier sull'immigrazione italiana

All'udienza generale, appello del Papa per Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte in Pakistan. Catechesi dedicata a Santa Giuliana di Cornillon (Radio Vaticana)

Domenica 21 novembre giornata di preghiera straordinaria per i cristiani dell’Iraq: ecco il volantino (Missionline)

Scontro e scelta a sorpresa tra i vescovi americani, vince il duro Dolan

Certo che ai siti internet dei giornaloni la sorte di Asia Bibi non interessa nemmeno di striscio!

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Appello del Papa per la liberazione "al più presto" di Asia Bibi, la donna pakistana condannata a morte in base alla legge sulla blasfemia

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Il Papa: Ricordando Santa Giuliana di Cornillon rinnoviamo anche noi la fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Come ci insegna il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, “Gesù Cristo è presente nell'Eucaristia in modo unico e incomparabile. È presente infatti in modo vero, reale, sostanziale: con il suo Corpo e il suo Sangue, con la sua Anima e la sua Divinità. In essa è quindi presente in modo sacramentale, e cioè sotto le specie eucaristiche del pane e del vino, Cristo tutto intero: Dio e uomo” (Catechesi)

Intervista con Shimon Peres, presidente di Israele. I rapporti con la Santa Sede? «Dai tempi di Gesù a oggi non abbiamo mai mantenuto relazioni migliori» (30 Giorni)

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PAKISTAN

Si fermi la violenza

L'appello di Benedetto XVI

“In questi giorni la comunità internazionale segue con grande preoccupazione la difficile situazione dei cristiani in Pakistan, che spesso sono vittime di violenze o di discriminazione”. È l’appello rivolto oggi dal Papa al termine dell’udienza generale, prima dei saluti in lingua italiana che tradizionalmente concludono l’appuntamento del mercoledì in piazza San Pietro, e al quale oggi hanno partecipato circa 12 mila persone.
“In modo particolare oggi – ha proseguito Benedetto XVI – esprimo la mia vicinanza spirituale alla signora Asia Bibi e ai suoi familiari, mentre chiedo che, al più presto, le sia restituita la piena libertà”. Oltre ad auspicare la liberazione dell’operaia di 37 anni, madre di due figli, condannata alla pena di morte per aver insultato Maometto durante una discussione con le colleghe, il Papa ha pregato “per quanti si trovano in situazione analoghe, affinché anche la loro dignità umana e i loro diritti fondamentali siano pienamente rispettati”.

Una condanna da fermare. “Questa condanna può essere fermata, perché il governo del Pakistan sa di avere l’attenzione della comunità internazionale e ha paura di fare una cattiva impressione”. Lo dice al SIR il vescovo di Islamabad-Rawalpindi, mons. Anthony Rufin, commentando il caso di Asia Bibi, la donna pakistana condannata a morte per blasfemia. Mons. Rufin si dice convinto che i problemi tra le minoranze religiose e i musulmani “si creano soprattutto nei villaggi – racconta in un servizio da Islamabad pubblicato sul SIR (clicca qui) –, dove le persone sono povere e meno istruite e non sanno come rispondere o tacere di fronte ai provocatori. Paradossalmente, spesso le autorità usano la legge sulla blasfemia per proteggere le persone dai fondamentalisti che vogliono ucciderli”. Certo, questa soluzione non soddisfa la società civile che si batte, con fatica, per la libertà religiosa e i diritti umani: “Non siamo soddisfatti di come il governo sta affrontando la legge sulla blasfemia – denuncia anche Peter Jacob, segretario della Commissione nazionale per la giustizia e la pace dei vescovi pakistani –. Anche perché dovrebbe istituire al più presto, su richiesta dell’Onu, una Commissione nazionale per i diritti umani”.

Sconfiggere il fondamentalismo. “Per noi non è facile operare – racconta Jacob, che ha visto morire assassinati sei colleghi a Karachi, nove anni fa -. Quando denunciamo i soprusi e le ingiustizie, spesso veniamo accusati di diffondere notizie false. Perciò chiediamo con forza di fermare gli abusi nell’uso della legge”. Anche tra gli operatori umanitari c’è preoccupazione per le sofferenze dei cristiani: “La comunità cristiana è una minoranza molto esposta alle discriminazioni – afferma al SIR Elly Xenou, di Caritas international, che vive in Pakistan da tre anni e coordina il lavoro delle diverse Caritas nazionali –. Molti cristiani sono poveri perché il sistema delle caste si è trasformato in un sistema di classi sociali, quasi feudale. Chi appartiene alle classi basse ha più difficoltà di accesso all’istruzione. Purtroppo in Pakistan il livello dell’educazione è molto basso, così si possono creare molti fraintendimenti riguardo alla religione”. Però, precisa Xenou, “la gente è molto calorosa e accogliente, il fondamentalismo non appartiene alla loro cultura. Spero proprio che questo fenomeno sia sconfitto presto. Penso che le diverse comunità possono vivere insieme pacificamente e sostenersi reciprocamente, come dimostra la storia antica di questo Paese”.

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1 commento:

Fabio ha detto...

Ciao Raffaella,
in Belgio, ormai, sono alla frutta...!

http://www.zenit.org/article-24586?l=italian