martedì 19 ottobre 2010

I rettori dei Seminari: da Benedetto XVI una Lettera che tocca il cuore (Gambassi)

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«Chiamati a diventare uomini di comunione»

I rettori: da Benedetto XVI una Lettera che tocca il cuore

I formatori dei sacerdoti: nel testo affrontate le questioni di fondo, dalla maturazione umana al ruolo dello studio

DI GIACOMO GAMBASSI

Un testo che parla al «cuore dei seminaristi», in cui «il Papa si mette in cammino al loro fianco partendo dalle esperienze che vivono: la preghiera, lo studio, gli interrogativi che si pongono, i bagagli spirituali e culturali in cui germoglia la vocazione».
Il rettore del Pontificio Seminario Regionale Pugliese «Pio XI» di Molfetta, monsignor Luigi Renna, non ha dubbi: la Lettera ai seminaristi che Benedetto XVI ha scritto a conclusione dell’Anno Sacerdotale e che è stata pubblicata ieri «colpisce nel segno chi è impegnato nei percorsi di discernimento e formazione al presbiterato». Perché «tocca le questioni di fondo con cui ci confrontiamo ogni giorno », aggiunge il rettore del Pontificio Seminario Regionale Umbro «Pio XI» di Assisi, monsignor Nazzareno Marconi. Dallo stile del sacerdote che non è un «amministratore», alla maturazione umana di cui «fa parte l’integrazione della sessualità nell’insieme della personalità», sottolinea papa Ratzinger.
Il punto di partenza è un cenno autobiografico in cui, nel 1944, un comandante di compagnia dice al futuro Pontefice che «nella nuova Germania non c’è più bisogno di preti». «Anche oggi – spiega il rettore del Seminario minore di Torino, don Mario Aversano – sembra che si possa fare a meno del sacerdote. Invece i giovani che bussano alle nostre porte desiderano donarsi a Dio e ai fratelli mettendosi in gioco perché credono che Dio si sia messo in gioco per primo scommettendo su di loro».
Da qui la scelta del Seminario che il Papa definisce «una comunità in cammino». «Sono le relazioni e il clima al suo interno che rappresentano di per sé realtà formative», dice monsignor Renna. E in questa «scuola» è opportuno fare sintesi fra le diverse forme di spiritualità legate ai movimenti e fra gli itinerari personali. «Scoprendo l’altro – racconta don Aversano – i giovani compren­dono che non possono assolutizzare la loro esperienza di fede». Certo, spiega monsignor Renna, «questo non è un invito all’uniformità. Casomai si tratta di un modo per dire che il prete non può appartenere a un determinato movimento o caratterizzarsi per specifiche sensibilità, ma è chiamato a essere uomo di comunione».
Il Papa indica alcuni riferimenti sicuri. A cominciare dall’Eucaristia e dal sacramento della Riconciliazione. «Sempre più spesso i ragazzi che entrano in Seminario – afferma don Aversano – hanno alle spalle interessanti percorsi non solo di preghiera ma anche di accompagnamento spirituale. Di fatto hanno acquistato un intenso gusto per la vita di fede e sono assidui nell’Eucaristia e nella Penitenza». Poi Benedetto XVI cita la «sensibilità per la pietà popolare». «I seminaristi sono invitati a purificarla ma anche a guardarla come un’opportunità di evangelizzazione», sottolinea monsignor Renna.
Comunque il Seminario è soprattutto sinonimo di studio che permette di comprendere come la «fede cristiana» abbia «una dimensione razionale e intellettuale che le è essenziale», nota il Papa. «È ciò che toccano con mano i seminaristi – afferma il rettore di Molfetta – quando sperimentano come la fede abbia bisogno di ricercare razionalmente le sue ragioni e come da questa ricerca possa essere confermata».
Nella Lettera un paragrafo è dedicato alla formazione «integrale». «È fondamentale giungere a un giusto equilibrio fra cuore e intelletto – chiarisce monsignor Marconi –. In quest’ottica la sessualità va considerata come uno degli elementi dell’universo umano». E monsignor Renna precisa: «Il celibato non è una realtà a se stante. Certo, il Papa richiama anche a un cammino ascetico in cui dovremmo essere più attenti». Già, perché Benedetto XVI fa riferimento agli abusi compiuti dai consacrati e a una maggiore vigilanza. «La formazione al presbiterato non può essere approssimativa – conclude monsignor Marconi –. E, anche se la vita in Seminario è impegnativa, non sono ammesse scorciatoie».

© Copyright Avvenire, 19 ottobre 2010

2 commenti:

Caterina63 ha detto...

"toccare" non basta....occorre CAMBIARE il nostro cuore....

speriamo che questa Lettera aiuti verso questa direzione e faccia ritornare nei Seminari anche la Messa Antica come ha richiesto lo stesso Pontefice nella Sacramentum Caritatis...
^__^

Guido ha detto...

E' da cinquant'anni che i direttori di seminari hanno abdicato...sanno solo far guerra a chi è fedele al rito antico.I Messali e i Graduali li hanno venduti e le pagine artistiche e sante sono state trasformate come paralampade(andare dagli antiquari nei dintorni di Porta Pia in Roma per credere)...
Si sentono toccati... poco direi.Tante belle parole ma il marciume rimane sempre li sotto il tappeto...vedi vicenda Boffo.
Exurge Domine...questi non cambieranno mai!