mercoledì 16 dicembre 2009

Codice di diritto canonico: modifiche da Benedetto XVI su matrimonio e diaconi (Cardinale)


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Codice di diritto canonico: modifiche da Benedetto XVI su matrimonio e diaconi

Pubblicato il motu proprio «Omnium in mentem»

DA ROMA GIANNI CARDINALE

Con il motu proprio «Omnium in men­tem», pubblicato ieri, Benedetto XVI ha apportato alcune modifiche al Co­dice di diritto canonico. Le variazioni riguar­dano due distinte questioni.
Come ha spie­gato l’arcivescovo Francesco Coccopalme­rio, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, a commento del provvedi­mento pontificio, si è trattato da una parte «di adeguare il testo dei canoni che definiscono la funzione ministeriale dei diaconi» e dal­l’altra di «sopprimere, in tre canoni concer­nenti il matrimonio, un inciso che l’espe­rienza ha rilevato inidoneo».
Ma andiamo per ordine.
Intervenendo sui canoni 1008 e 1009 del Codice il motu pro­prio viene ulteriormente chiarita la distin­zione fra i tre gradi del sacramento dell’Or­dine, precisando che i sacerdoti e i vescovi ricevono la missione e la facoltà di agire «in persona di Cristo capo», e quindi anche di governo ecclesiastico, mentre i diaconi rice­vono l’abilitazione a servire il popolo di Dio nella diaconia della liturgia, della Parola e della carità. Con questa variazione si compie così una disposizione formulata da Giovan­ni Paolo II nel 1998, quando lo stesso Ponte­fice diede il consenso alla modifica del se­condo periodo del paragrafo n. 1581 del Ca­techismo della Chiesa cattolica. La versione originaria recitava così: «Per mezzo dell’or­dinazione si viene abilitati ad agire come rap­presentanti di Cristo, capo della Chiesa, nel­la sua triplice funzione di sacerdote, profeta e re». Per evitare di estendere al grado del dia- conato la facoltà di «agere in persona Christi capitis» il paragrafo venne così cambiato: «Da Cristo i vescovi e i presbiteri ricevono la mis­sione e la facoltà di agire nella persona di Cri­sto Capo, mentre i diaconi ricevono l’abilita­zione a servire il popolo di Dio nella 'diaco­nia' della liturgia, della Parola e della carità». (A dire il vero però questa versione corretta del paragrafo 1581 non si trova in tutte le e­dizioni stampate del Catechismo e neanche nella versione telematica attualmente con­tenuta nel sito della Santa Sede).
Passiamo ora alla seconda modifica appor­tata al Codice di diritto canonico dal motu proprio pubblicato ieri.
Riguarda la soppres­sione della clausola «actus formalis defec­tionis ab Ecclesia catholica» nel primo para­grafo del canone 1086, e nei canoni 1117 e 1124. In pratica – come ha spiegato Cocco­palmerio – prima del motu proprio i cattoli­ci che avessero fatto un atto formale di ab­bandono della Chiesa cattolica non erano te­nuti alla forma canonica di celebrazione per la validità del matrimonio, né vigeva per lo­ro l’impedimento di sposare non battezzati, né li riguardava la proibizione di sposare cri­stiani non cattolici. «Il menzionato inciso in­serito in questi tre canoni – ha precisato Coc­copalmerio – rappresentava un’eccezione di diritto ecclesiastico ad un’altra più generale norma di diritto ecclesiastico, in base alla quale tutti i battezzati nella Chiesa cattolica o in essa accolti sono tenuti all’osservanza delle leggi ecclesiastiche».
D’ora in poi quin­di chi ha fatto o farà un atto di defezione dal­la Chiesa cattolica non godrà di queste ecce­zioni.
La decisione di sopprimere la suddetta clau­sola risale al 1999, perché si era rivelata di dif­ficile interpretazione e applicazione. Nel frat­tempo tale questione, relativa alla disciplina canonica del matrimonio, si era intrecciata ad un’altra questione riguardante esclusiva­mente alcuni Paesi centro-europei (Germa­nia e Austria, ad esempio): e cioè quella del­l’efficacia ecclesiale dell’eventuale dichiara­zione fatta da un cattolico davanti al funzio­nario civile delle tasse di non appartenere al­la Chiesa cattolica e, in conseguenza, di non essere tenuto a versare la cosiddetta tassa per il culto.
Questa differente problematica ven­ne risolta con una Lettera circolare del Pon­tificio Consiglio per i testi legislativi del 13 marzo 2006, che in pratica decretò le moda­lità con cui si abbandona formalmente la Chiesa cattolica, spiegando che non è suffi­ciente in tal senso rifiutare di pagare la co­siddetta tassa per il culto. La pubblicazione di questa Lettera circolare ha ulteriormente rafforzato il convincimento in Vaticano del­la bontà della decisione che è stata infine an­nunciata ieri.

© Copyright Avvenire, 16 dicembre 2009

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Gradirei conoscere il testo formulato da Giovanni Paolo II, secondo quanto scrive Cardinale, che riguarda il paragrafo del CCC 1581. Ho trattato di cercare il testo ovunque niente da fare.
La Conferenza Episcopale Tedesca, proprio nel 1998 ha pubblicato un testo tradotto (italiano/tedesco)Nr.132, pubblicato dalla Congregazione del Clero e dell'Educazione Cattolica, casa Ed. Vaticana; che riguarda proprio la formazione dei diaconi e la loro vita in quanto Ministri Ordinati.
Beniamino, diacono, Diocesi di Magonza Germania - Grazie!

Anonimo ha detto...

Sono sempre io, Michele Bellia diacono.
Mi domando che senso ha aprire un BLOG chiedere commenti e poi non rispondete e non pubblicate.
Il mio scritto della scorsa settimana certamente era più lungo del previsto; non per niente lo spedito in tre parti. Ma essendo un argomento cosi vasto e importante per la Chiesa (=Motu Proprio Omnium in Mentem) non si può pretendere di esaurilo in quattro righe.