martedì 29 dicembre 2009

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Le lingue aiutano l'integrazione

Storie di anziani soli e di emigrati, di uomini e donne senza fissa dimora, di nomadi, di disabili abbandonati persino dalla famiglia e di persone con problemi economici o con altre difficoltà. Sono le storie "dolorose e cariche di umanità" - come egli stesso le ha definite - che Benedetto XVI ha ascoltato nel corso della visita di domenica 27 dicembre alla mensa della Comunità di Sant'Egidio a Trastevere.
Un incontro durato un'ora e mezza, in un'atmosfera familiare e festosa, durante il quale alcuni dei commensali hanno potuto scambiare qualche parola con il Pontefice, racc0ntando le loro vicende. Nel tavolo disposto a ferro di cavallo, accanto al Papa e al fondatore della Comunità, Andrea Riccardi, hanno infatti trovato posto i poveri di Roma che quotidianamente vengono assistiti: Qorbanali Esmaili, rifugiato afgano trentaquattrenne, musulmano sciita che vive in Italia da dieci anni come rifugiato politico; Giuseppe Pisu, cagliaritano sessantaseienne ex inserviente in un circo, e Boban Trajckovic, zingaro cristiano ortodosso, presente con la moglie Dragana e le due figlie di 3 e 6 anni; Peppino Scarsella, il più anziano del gruppo, barbiere novantenne che ha anche una casa al Tiburtino, ma da solo non ce la fa a tirare avanti; la "coetanea del Papa" - come lei stessa si è presentata - Marisa Saulle, nata a Testaccio, testimone della guerra e della difficile vita nelle borgate romane; Caius Cajetan Onjema, nigeriano, arrivato quattro anni fa dopo aver attraversato il deserto libico; Roukia Daud Abdullè, musulmana somala di 63 anni: il figlio disabile, che voleva far curare venendo in Italia, è morto da qualche anno. Ora lei è cittadina italiana e lavora come operatrice domiciliare e assistente. E ancora, Antonino Siracusa, siciliano che vende popcorn e bibite nei cinema e vive in una roulotte, e Aniello Bosco, giovane disabile, in carrozzella dalla nascita, abbandonato dalla famiglia e ospitato in una casa-alloggio della Comunità.
Con qualche minuto di anticipo sul programma, Benedetto XVI è giunto in autombile alla mensa di via Dandolo 10, subito dopo la preghiera dell'Angelus in piazza San Pietro nella festa della Santa Famiglia. Appena sceso è stato accolto da un migliaio di persone assiepate dietro le transenne. Tra loro molti immigrati che sventolavano le bandiere azzurre di Sant'Egidio e tantissimi bambini. Il Pontefice, sorridente, ha salutato ognuno dei piccoli, accarezzandone i volti.
Accompagnavano il Papa l'arcivescovo Harvey, prefetto della Casa pontificia, il vescovo De Nicolò, reggente della prefettura, i monsignori Gänswein, segretario particolare di Benedetto XVI, e Xuereb, della Segreteria particolare, il medico personale Polisca. A dar loro il benvenuto, con Riccardi, il presidente della Comunità Marco Impagliazzo, l'arcivescovo Luigi Moretti, vicegerente di Roma, monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni Narni-Amelia, una donna rom e un immigrato senegalese.
Varcato il portone d'accesso alla struttura, Benedetto XVI si è intrattenuto brevemente con una rappresentanza di volontari; quindi ha sostato davanti a un presepe e al monumento dedicato a Modesta Valenti, un'anziana senza fissa dimora morta nel 1983 alla stazione Termini di Roma e divenuta per Sant'Egidio il simbolo di tutte le persone che vivono in condizioni di precarietà.
Quando il Papa è apparso all'ingresso dei due saloni comunicanti dove si è svolto il pranzo, si è levato un lunghissimo applauso. Dopo aver salutato individualmente tutti i 150 invitati, Benedetto XVI ha preso posto e, prima di sedersi, ha guidato la preghiera del Padre Nostro, benedicendo in latino la tavola. Tutto il popolo di Sant'Egidio era rappresentato: italiani senza dimora, nomadi, immigrati e rifugiati. Con loro volontari e amici della Comunità e, tra i presenti, anche i vescovi Ernesto Mandara, ausiliare di Roma per il settore centro, e Ambrogio Spreafico, presule di Frosinone-Veroli-Ferentino. "Il Papa mangia in un ambiente dove vanno le persone con cui non condividono la mensa i ricchi, gli importanti, i televisivi, i sapienti", ha detto Riccardi nel suo saluto. Esprimendo la gioia della Comunità nel vedere il Pontefice "commensale e amico di questo popolo particolare che qui è come a casa", Riccardi ha ricordato come nella mensa mangino "ogni giorno circa mille persone, in vari turni". Spesso - ha aggiunto - si tratta di "persone ferite da una vita dura, specie con la crisi economica". Ma - si è chiesto - "non siamo tutti feriti dalla vita?". La riposta era lì visibile tra i tavoli apparecchiati, dove - ha detto ancora il fondatore della Comunità - "si forma una famiglia, in cui riceve la dignità di fratello chi ha sete e fame o chi non ha casa o è straniero". E questo - ha proseguito - nonostante la società odierna, dominata dalla dittatura materialistica, tema "chi è diverso". A questa società spaventata e inospitale - ha concluso - Sant'Egidio vuole ricordare "che c'è da ritrovare la roccia del fondamento. Solo così non avremo paura dell'altro, di chi soffre o ha fatto terribili viaggi per trovare pace".
Al termine del pranzo, il Papa ha pronunciato il suo discorso, aggiungendo al testo preparato alcune considerazioni a braccio. Più volte gli applausi hanno interrotto le sue parole. Infine Benedetto XVI ha consegnato alcuni regali ai trentuno bambini presenti: entusiasti, i piccoli hanno scartato i pacchi-dono, trovando gradite soprese.
Nella seconda parte della visita alla mensa di via Dandolo, Benedetto XVI è salito al piano superiore, nei locali che ospitano la scuola di italiano per immigrati. Incontrando nella biblioteca della struttura didattica una ventina di studenti e i loro insegnanti il Papa ha improvvisato un brevissimo saluto, nel quale elogiando il lavoro svolto al servizio di tante persone bisognose, che qui trovano una speranza per costruire un nuovo futuro, ha sottolineato come la lingua rappresenti la cultura e il veicolo del dialogo e dell'integrazione. "Imparandola - ha concluso - si impara anche la vicinanza con Dio". Ridisceso al piano terra Benedetto XVI ha scoperto la targa commemorativa della visita, quindi, con un breve discorso, si è congedato dalla folla che lo attendeva all'uscita.

(©L'Osservatore Romano - 28-29 dicembre 2009)

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