lunedì 28 dicembre 2009

Durante i riti natalizi il Papa rilancia l'invito ad abbandonare ogni logica di violenza e di vendetta (Osservatore Romano)


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Benedetto XVI durante i riti natalizi rilancia l'invito ad abbandonare ogni logica di violenza e di vendetta

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Il riscatto degli umili e dei poveri, la gloria degli irrilevanti agli occhi del mondo. Agli ultimi il Papa ha affidato il compito di ricondurre alla fonte "della luce" un'umanità sofferente, disorientata nell'affannosa ricerca della pace.
È il senso del Natale di Benedetto XVI, celebrazione dell'accoglienza, dunque del rifiuto "di ogni logica di violenza e di vendetta" sul cammino "verso una convivenza pacifica". In un crescendo di emozioni legate ai riti tradizionali di questo periodo, il Papa ha riproposto al mondo, credente e non, il volto del Dio cristiano, "il noi" della Chiesa che si fa presenza ovunque l'uomo soffre. Una presenza che "non è un miracolo emozionante", ha detto durante l'omelia della messa della vigilia, ma è "umiltà", il "segno della vera grandezza di Dio".
Lasciarsi plasmare da questo segno significa farne personalmente esperienza, rinunciare alla violenza e usare "solo le armi della verità e dell'amore". Di qui la necessità di riconoscere "il noi" della Chiesa innanzitutto laddove "Gesù è nato, in Terra Santa", ricorda il messaggio natalizio rivolto alla città e al mondo. E poi ovunque c'è un uomo che soffre a causa della guerra e dell'ingiustizia. È lunga la lista delle nazioni che Benedetto XVI ha elencato: Iraq, Sri Lanka, penisola coreana, Filippine, Repubblica Democratica del Congo, Guinea e Madagascar, e così via sino a toccare tutti i Paesi in cui ancora oggi sussistono focolai di conflitto. Per tutti ha invocato la pace, la giustizia, il rispetto dei diritti umani. A tutti ha assicurato il sostegno della Chiesa, la cui presenza vuole essere, ha ripetuto, un richiamo "all'accoglienza".
Un concetto questo, poi ribadito nel giorno di santo Stefano, quando, durante l'Angelus, il Pontefice ha parlato della testimonianza del primo martire cristiano come "modello" da seguire. Mostrandocelo, ha spiegato, la Chiesa "ci indica nell'accoglienza e nell'amore verso i poveri una delle vie privilegiate per vivere il Vangelo e testimoniare agli uomini in modo credibile" che Dio viene tra noi nella semplicità e nell'umiltà del presepe, dell'amore sponsale tra Giuseppe e Maria.
Ed è per questo che la famiglia umana "è diventata - come ha detto prima dell'Angelus di domenica 27, festa della Santa Famiglia - icona di Dio", del "Dio Trinità". Dunque la famiglia umana "è icona della Trinità per l'amore interpersonale e per la fecondità". Per riscoprire il volto di questa famiglia e riproporlo al mondo, Benedetto XVI, dopo la preghiera mariana domenicale, è andato in mezzo a quanti rivivono oggi l'esilio della Santa Famiglia di Nazareth, costretti a emigrare e a cercare ospitalità, incontrando le stesse difficoltà, a volte il disprezzo: tra i poveri assistiti dalla Comunità di Sant'Egidio. Ha pranzato con loro nella mensa di Trastevere e, nel salutarli, li ha additati come "il tesoro della Chiesa".

(©L'Osservatore Romano - 28-29 dicembre 2009)

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