martedì 23 marzo 2010
Card. Sandri: Il martirio dei cristiani d'Oriente nell'indifferenza generale (Nicola Gori)
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LETTERA PASTORALE DEL SANTO PADRE AI CATTOLICI D'IRLANDA: LO SPECIALE DEL BLOG
A colloquio con il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali
Il martirio dei cristiani d'Oriente nell'indifferenza generale
di Nicola Gori
I cristiani in Medio Oriente stanno subendo discriminazioni, con conseguenze anche sulla ripresa sociale ed economica di quelle terre. La violenza nei confronti di chi crede nel Vangelo mortifica l'azione pastorale della Chiesa e provoca condizioni di martirio. Tutto quanto avviene nell'indifferenza generalizzata dell'Occidente. Non si possono lasciare i cristiani di quelle terre soli e in balia del terrore e dei soprusi. La verità dei fatti deve essere riconosciuta e non taciuta. È la denuncia rivolta dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, all'opinione pubblica mondiale e ai responsabili delle nazioni in quest'intervista al nostro giornale.
Nell'imminenza della Pasqua il pensiero torna alla Terra Santa e alle innumerevoli difficoltà e speranze dei suoi abitanti. Per quali motivi?
La Pasqua ha la capacità di condurre i discepoli di Cristo, appartenenti alle diverse Chiese e comunità ecclesiali, senza alcuna distinzione, ma anche tanti cercatori di Dio, sulle orme storiche di Gesù di Nazaret. Il cuore rivive le sue parole e i segni che egli ha compiuto, soprattutto la sua immolazione sulla croce, e si rafforza la speranza nella sua risurrezione. Ci si sente spiritualmente a Gerusalemme. Si avverte la decisiva importanza del carico di profezia, di consolazione e di contraddizione di cui è portatrice quella santa Città. Si risveglia la responsabilità di condividere la missione insita nel suo stesso nome di "città della pace".
Nella recente lettera per la colletta pro Terra Sancta, la Congregazione ha lanciato un appello ai vescovi di tutta la Chiesa perché sostenga quella comunità. Qual è il senso di questo appello?
La lettera che la Congregazione per le Chiese Orientali, ogni anno, in occasione della Quaresima invia a tutti i vescovi cattolici esprime la coscienza che gli eventi e i luoghi della salvezza cristiana contengono un "mistero di vita e di pace", che è un patrimonio destinato alla Chiesa universale e all'umanità. Ma può essere percepito solo grazie alla vitalità delle comunità cristiane operanti in quella Terra, le quali hanno bisogno dell'aiuto spirituale e materiale di tutta la Chiesa. Esse sono chiamate a confermare l'annuncio della morte e della risurrezione di Cristo, e a tenere viva l'attesa del suo ritorno glorioso, proprio da quei "luoghi singolari" che la fede e la storia bimillenaria del cristianesimo ci hanno reso familiari.
C'è un giorno specifico in cui è chiesta la preghiera e la solidarietà materiale per i cristiani della terra di Gesù?
I Pontefici hanno più volte e fortemente raccomandato la preghiera e la carità per la Terra Santa, dando al riguardo disposizioni ufficiali. Per attestare l'importanza di tale intenzione hanno scelto il Venerdì Santo, la cui portata simbolica è ben comprensibile: è il giorno del silenzio di Dio, che assicura il suo amore misericordioso e indefettibile per la Chiesa e l'umanità. In quel giorno i cristiani di Terra Santa, partecipi anche oggi del martirio del loro Signore e delle sofferenze conosciute dalla Chiesa in tutta la sua storia, sono nel cuore del Papa che, insieme a tutti i cattolici, li affida al cuore trafitto del Crocifisso. Evidentemente, la colletta materiale, che è necessaria all'azione pastorale, educativa e sociale della comunità cattolica può avvenire nelle occasioni e nei momenti più opportuni a livello locale. Ma è un sostegno che non deve mancare: le opere ecclesiali sono di rilevante portata e ne beneficiano tutti gli abitanti di Terra Santa. Le Chiese del mondo intero continuano a dare prova della loro generosità. Desidero ringraziarle, ricordando a ciascuna la riconoscenza espressa costantemente dal Pontefice a nome delle stesse Chiese Orientali cattoliche. Il mio grazie si estende ai sacerdoti e ai seminaristi, ai quali vorrei affidare a motivo dell'Anno sacerdotale in corso un sensibile impegno a favore dei seminari e delle istituzioni formative alla vita consacrata.
A chi è destinata concretamente la colletta pro Terra Sancta?
All'intera comunità cattolica, secondo norme stabilite dalla Santa Sede. L'animazione dell'iniziativa e il suo coordinamento sono affidati alla Congregazione per le Chiese Orientali, la quale per mandato del Papa si impegna affinché la carità della Chiesa universale giunga in modo ordinato, equo e sicuro a tutti. Intendo parlare della Custodia francescana di Terra Santa, ivi operante con circa trecento frati; della diocesi patriarcale di Gerusalemme dei Latini, della Chiesa melchita, che è tra le più numerose, delle altre Chiese Orientali cattoliche presenti, anche se talora modeste numericamente, e animate da sincero spirito ecumenico e interreligioso per edificare la pace e l'unità anticipate dal Signore sulla croce, delle innumerevoli e benemerite famiglie religiose maschili e femminili. La Terra Santa in senso ecclesiale comprende oltre a Israele e Palestina, la Giordania, raggiunge la Siria, il Libano, l'Egitto, le isole di Cipro e di Rodi. Ma il pensiero va anche all'Iraq, dove si trova l'antica Ur, che Abramo lasciò obbedendo al comando di Dio. Sono Paesi che rivestono un ruolo del tutto speciale per l'area circostante, oltre che per la comunità cristiana mondiale.
Lei ha parlato di "martirio" riferendosi alla situazione dei cristiani di Terra Santa. Può dirci una parola sulle loro sofferenze?
L'evangelica immagine del "seme che muore per portare frutto" esalta il sacrificio di Cristo e descrive la costante condizione di quanti egli ha chiamato a seguirlo portando la croce. Dobbiamo riconoscere con dolore e denunciare con la mite forza del Vangelo le discriminazioni che in Medio Oriente subiscono i cristiani. Esse hanno conosciuto livelli di massima preoccupazione, specie in Iraq. Penso a un sacerdote siro-cattolico di Mossul, che recentemente ha perso il padre e due fratelli in uno stesso atto di violenza. Il 24 marzo di ogni anno la Chiesa prega per i missionari martiri del nostro tempo. È una intenzione che condividiamo ben volentieri. Ma sono veramente innumerevoli più in generale i martiri cristiani, cattolici e fratelli e sorelle di altre Chiese cristiane, che diventano missionari autentici di Cristo con la loro fedeltà al battesimo fino alla suprema testimonianza. Con il loro sacrificio, con il sangue versato, anticipano il canto escatologico dell'unità dei cristiani che si compirà attorno all'Agnello immolato e glorificato. Siamo tornati alla multitudo ingens, attestata dall'Apocalisse e ripresa dall'antica liturgia per inneggiare ai martiri che fecondarono col loro sangue gli inizi del cristianesimo a Roma. Tanti Paesi del mondo, soprattutto dell'Occidente, che è cristiano almeno storicamente, sembrano assistere alla loro immolazione in una tristissima indifferenza.
Quali le conseguenze?
Le vittime innocenti, prima di tutto. Poi la condizione di insicurezza. E il blocco di ogni tentativo di ripresa sociale ed economica per una vasta area, che priva soprattutto le giovani generazioni del presente e del futuro. L'instabilità si diffonde in strati sempre più ampi, poiché si riflette sulla consistente diaspora orientale in ogni continente. La violenza mortifica l'azione pastorale della Chiesa, l'impegno nelle numerose scuole, nei centri di assistenza sanitaria e caritativa, aperti sempre alla popolazione di altre religioni. Tutto si riassume nel flusso inarrestabile di emigranti che dall'Oriente vanno in ogni parte del mondo. Ciò colpisce fortemente le più antiche Chiese, che rischiano di estinguersi là dove sono nate. È una tremenda ingiustizia verso l'Oriente che vede vanificarsi un'essenziale componente della sua identità multireligiosa. È da temere che saranno sia l'Oriente sia la comunità internazionale a fare i conti con la storia se perderanno quella garanzia di speranza e di pace che accompagna la presenza cristiana. Se essa svanisce, si favorisce il pericolo sempre latente dell'integralismo religioso, con possibili derive violente e persino terroristiche.
E quali potrebbero essere i rimedi?
Dopo i tristi eventi che ho ricordato, dal Libano è partita una campagna di preghiera e di sensibilizzazione pubblica per la pace e la giustizia, animata dal nuovo Patriarca siro-cattolico, alla quale hanno subito aderito il rappresentante pontificio e i capi delle Chiese cristiane. Sono lieto che il Libano confermi la vocazione che Giovanni Paolo ii e Benedetto xvi gli hanno riconosciuto, quella di essere un "messaggio" di convivenza antica e nuova tra cittadini di diverse religioni. Accompagno con fervido incoraggiamento ogni tentativo in questa direzione. L'opinione pubblica e i responsabili delle nazioni del mondo, persi talora in problemi molto più secondari, dovranno richiamare a tutti, sulla verità dei fatti, l'urgenza del rispetto dei diritti fondamentali, e tra questi quello di una reale libertà religiosa. Essa è come la cartina di tornasole di ogni altra libertà, perché difende l'intimo della persona, la coscienza, dalla quale scaturisce l'irrinunciabile riferimento a Dio. Le Chiese cristiane del mondo animate da sensibilità ecumenica e interreligiosa dovranno fare la loro parte nella denuncia e nella solidarietà perché il più possibile i cristiani rimangano in Oriente, come è loro diritto e dovere, ma anche accogliendoli quando sono proprio costretti a cercare un'altra patria.
Quale apporto potrà offrire lo speciale Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, che si svolgerà a Roma dal 10 al 24 ottobre prossimi?
Il Pontefice lo ha annunciato ai patriarchi e arcivescovi maggiori cattolici nello storico incontro a Castel Gandolfo del 19 settembre scorso. È la prima assemblea che coinvolge direttamente la realtà mediorientale e potrà essere nel suo insieme un'alta parola di pace in nome di Cristo. Non sarebbe un regalo straordinario per i popoli della terra sapere che, anche grazie all'iniziativa sinodale, la comunità delle nazioni intende riaffermare la volontà di elaborare un reale piano di pace e intende seguirlo con tenacia e determinazione per assicurarla finalmente a tutti? Non sarà senz'altro disattesa l'opportunità di pace che offrirà il Sinodo delle Chiese orientali e latine già vivacemente impegnate nella sua preparazione sulla base dei Lineamenta, un documento puntuale, elaborato sotto il coordinamento della segreteria generale del Sinodo dei vescovi, che tocca gli aspetti fondamentali della vita dei cristiani mediorientali. È crescente l'interesse da parte dell'intera comunità cattolica. Sono certo che riuscirà a sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale sul problema migratorio, ad esempio, per ribadire l'assoluta urgenza di una stabile pace su basi di diritto riconosciute a livello internazionale e che a tutti, anche ai cristiani, offrano garanzie essenziali ma sufficienti a una dignitosa permanenza in Oriente. Il titolo scelto dal Papa costituisce, tuttavia, il vero obiettivo sinodale: comunione e testimonianza. Sono doni anch'essi che vengono da Dio. Vanno chiesti con la preghiera insistente. E accolti col proposito sincero dei singoli cristiani. Comunione e testimonianza nascono nel cuore di ogni battezzato coerente e poi si espandono irresistibilmente alla comunità ecclesiale, a quella delle religioni e a tutte le nazioni. È questo il mio augurio pasquale per i cristiani d'Oriente, soprattutto per quelli che sono nella prova. A loro nome ringrazio Benedetto xvi per il dono del prossimo Sinodo. Da esso trarranno forza e conforto per le loro tribolazioni, che sembrano interminabili, ma possono costituire il terreno buono dove il seme della fede cristiana patisce e muore per portare molto frutto.
(©L'Osservatore Romano - 24 marzo 2010)
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