venerdì 2 aprile 2010
Card. Martini: Le accuse lanciate contro il Papa in questi giorni sono ignobili e false (Valente)
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L'avvocato del diavolo ossia Jeff Anderson (Il Foglio)
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Su segnalazione di Bastardlurker leggiamo:
«Dalla bocca dei bambini, Signore, ti sei fatto una lode»
«Molti chiedono solo che la Chiesa sia sé stessa»
«La Chiesa non può aver timore di apparire con cordialità verso gli altri nella vita pubblica. Ma è un fatto che il suo vero tesoro è il Vangelo letto in noi dallo Spirito Santo. Un tesoro di preghiera e di umiltà». Intervista con il cardinale Carlo Maria Martini
Intervista con il cardinale Carlo Maria Martini di Gianni Valente
«Dapprima impariamo, poi insegniamo, poi ci ritiriamo e impariamo a tacere. E nella quarta fase, l’uomo impara a mendicare». Il proverbio indiano che ha voluto citare in uno dei suoi ultimi libri, per il cardinale Carlo Maria Martini rappresenta quasi una fotografia della sua lunga vita. Attende il tempo di Pasqua nella quiete operosa dell’Aloisianum, la gloriosa casa dei Gesuiti a Gallarate, mentre anche in quell’angolo appartato arrivano gli echi di tempeste mediatiche che di nuovo si abbattono sulla sua Chiesa. Dice che Gerusalemme gli manca molto. Con parole insolite per la Città Santa, spiega che per lui quel luogo ha un effetto quasi tonico, perché «è ricchissima di luoghi e di motivi che spingono all’azione. Grazie a Dio», aggiunge, «ho conservato anche qui quella voglia di uscire da me e buttarmi nelle cose che Gerusalemme mi ha trasmesso».
Che cosa chiede, ora, nelle sue preghiere di mendicante?
CARLO MARIA MARTINI: Adesso la mia è una mendicanza anche fisica, che mi costringe a chiedere l’aiuto di qualcuno, magari la notte. Questa è la prima povertà attraverso cui adesso mi fa passare il Signore, ma non è che mi costi tanto, perché così do occasione agli altri di compiere atti di carità. Poi adesso la mia preghiera è per la Chiesa di Milano, è una preghiera d’intercessione per tutte le realtà e le persone della diocesi, che raccomando una a una alla grazia di Dio. Per la Chiesa del mondo – ma forse è troppo grande questo obiettivo – chiedo che aumenti la fede e la speranza e che esse si esprimano nella carità. Sono le virtù cui anche Benedetto XVI ha dedicato le sue encicliche.
Lei ha parlato della sua preghiera d’intercessione. In un suo recente libro, Qualcosa di così personale, ha raccolto alcune sue meditazioni sui tanti aspetti della preghiera.
MARTINI: Si prega in tanti modi. C’è la preghiera di domanda, che chiede miracoli e guarigioni e prodigi, come vedere anime che si odiavano e giungono a perdonarsi; c’è la preghiera di lode, o la preghiera di chi arranca, fa fatica, è fragile; di chi ha bisogno del perdono, o del povero che ha bisogno del pane. Ma ciò che distingue la preghiera cristiana dalla preghiera, per quanto altissima, delle religioni, è che la preghiera cristiana è dono diretto di Dio, che ci manda lo Spirito. Noi possiamo dire: Signore, io non sono capace, pronuncia tu in me quella preghiera, mettila tu nel mio cuore. E il culmine della preghiera è la preghiera di affidamento, la consegna della nostra vita nelle sue mani.
In quel libro ci sono alcune pagine dedicate alla preghiera del vecchio Simeone. E lei si sofferma sull’immagine del vecchio che abbraccia il bambino. Scrive: «Simeone rappresenta ciascuno di noi di fronte alla novità di Dio», che «si presenta come un bambino». Lei proprio per i bambini ha scritto il suo ultimo libro, con riflessioni su alcune pagine bibliche narrate ai più piccoli.
MARTINI: «Dalla bocca dei bambini e dei lattanti, Signore, ti sei fatto una lode»: è la frase del salmo citata da Gesù, quando i sommi sacerdoti e gli anziani lo criticano perché trovano inopportuno il grido di osanna a lui rivolto dai bambini. Oggi tante volte i bambini mi sembrano abbandonati. Le notizie di questi giorni ci mostrano come sono indifesi davanti al male che si può far loro. Però in loro mi colpisce quella naturale apertura fiduciosa verso i propri genitori e verso la vita che è essenziale anche nella fede.
Certe volte, invece di favorire e farsi commuovere da questa apertura, si cercano tecniche e stratagemmi che dovrebbero avvicinare i ragazzi alla fede. Lei cosa spera, per loro?
MARTINI: La fede si trasmette alle persone a partire dall’ambiente che le circonda, ma poi può entrare concretamente in ognuno attraverso quattro vie: la testa, il cuore, le mani e i piedi. Ossia la formazione umana e intellettuale, la preghiera, oppure il lavoro con le mani per aiutare gli altri. A seconda dei tipi, l’una o l’altra cosa funziona come via preferenziale.
E i piedi che c’entrano?
MARTINI: I piedi li usano gli scout, per fare chilometri nelle loro camminate.
Eppure, in un altro suo libro recente, Una parola per te. Pagine bibliche narrate ai più piccoli, è riportata l’obiezione di un ragazzo che dice: «Non so che farmene della fede. Non ho nulla in contrario, ma cosa dovrebbe darmi la Chiesa? […] Sto bene, che altro mi serve?».
MARTINI: Molti giovani hanno l’inferno nel cuore, non lo si deve negare. Eppure vedo che proprio per i giovani che non sanno niente della Chiesa, spesso è più facile cominciare dalle mani. Si buttano in opere di carità quando vedono altri che fanno le cose con la pace e la serenità nel cuore.
Ma questo senso di estraneità, così diverso dalle contestazioni e dalle critiche delle generazioni precedenti, davvero può essere vinto proponendo la via di una vita impegnativa, esigente, difficile?
MARTINI: Non si può pretendere alcun sacrificio da nessuno, se prima non ha assaporato quanto sia allettante il traguardo. Ma quello che può impressionare gli altri è la carità in atto. E in essa, lo Spirito è la prima realtà. San Tommaso dice che la legge del Nuovo Testamento è lo Spirito Santo, le altre leggi sono secondarie. San Paolo sottolinea che la stessa osservanza etica non è pienamente realizzabile come frutto dell’uomo e della sua fatica. Lo si dimentica spesso, anche nella Chiesa, e allora si tenta di dar noi stessi mostra di forza e rigore. Ma soprattutto la carità è possibile solo se c’è lo Spirito Santo. È la grazia dello Spirito che rende facile ciò che per gli uomini appare difficile o addirittura prodigioso.
Si dice che la Chiesa è sotto attacco. Molti parlano di cristianofobia. Anche da noi c’è chi parla di Italia anticristiana. Da dove esce fuori tutto questo? Dall’ostilità del mondo scristianizzato?
MARTINI: L’ostilità in un certo modo può essere utile. Fa risaltare l’inermità della Chiesa, il suo essere sempre affidata al Signore. Però la Chiesa gode anche della stima e della cordialità di molti, che chiedono solo che la Chiesa sia Vangelo, cioè sia sé stessa.
Il Vangelo basta? Proprio lei viene spesso additato come il fautore di una Chiesa senza dogmi e strutture. Una Chiesa tutta umiltà e misericordia, senza precetti.
MARTINI: Se si pensa alle tante proposte religiose che ci sono nel mondo, a distinguerci dagli altri sono Gesù e il suo cammino, e non l’appartenenza a un’organizzazione con regole e precetti. Ma nella fede in Gesù non ha senso contrapporre Vangelo e dogmi, misericordia e comandamenti: vale anche per questo ciò che ho già detto sulla priorità dello Spirito Santo. Tutto si compagina in unità, nella realtà della Chiesa, che ha un aspetto interiore e anche un aspetto esteriore, e quindi comprende anche strutture, regole, strumenti di organizzazione. L’importante è che anche queste realtà siano per quel che è possibile espressioni di vita interiore. E poi, occorre anche distinguere le cose importanti e quelle che non lo sono. Credo che la Chiesa abbia già fatto un’opera di purificazione da tante cose esteriori che non servivano. E comunque, quando ancora leggo sui giornali che io sarei il “capo dei progressisti”, ormai ci rido sopra.
Per alcuni la risposta adeguata a questa situazione di ostilità è aumentare il protagonismo pubblico della Chiesa.
MARTINI: La Chiesa non può aver timore di apparire con cordialità verso gli altri nella vita pubblica. Ma è un fatto che il suo vero tesoro è il Vangelo letto in noi dallo Spirito Santo. Un tesoro di preghiera e di umiltà. E infatti il Vangelo nel mondo si testimonia come ha indicato Gesù nel discorso della montagna, che ho già citato. Non si tratta di proposte “confessionali”. Hanno anche una connotazione laica. Parlano a ogni uomo. Perché fanno intravedere un modo desiderabile di essere uomini, che tutti vorrebbero aver vicino.
Queste sono settimane di tempesta per lo scandalo della pedofilia. Come valuta questa situazione? Quale richiamo emerge per la Chiesa in queste circostanze?
MARTINI: Tutto questo certo può aiutare in tutti l’umiltà. Ma valgono anche le parole di Gesù: ci sono state azioni gravi, e chi ha scandalizzato i piccoli, sarebbe meglio per lui che gli fosse messa una macina da mulino al collo e fosse gettato nel mare. Questo non toglie che si registra anche una grande ipocrisia. C’è una totale libertà sessuale, la pubblicità utilizza motivi sessuali anche per i bambini.
Come difendere il Papa dai tentativi di chiamarlo in causa in queste vicende?
MARTINI: Il Papa non ha bisogno di essere difeso, perché a tutti è chiara la sua irreprensibilità, il suo senso del dovere e la sua volontà di fare del bene. Le accuse lanciate contro di lui in questi giorni sono ignobili e false. Sarà bello constatare la compattezza di tutti gli uomini di buona volontà nello stare con lui e nel sostenerlo nel suo difficile compito.
Nella lettera ai cattolici irlandesi, Benedetto XVI ha richiamato a tutti il digiuno, la preghiera, la lettura della Sacra Scrittura e il sacramento della confessione «per ottenere la grazia della guarigione e del rinnovamento per la Chiesa in Irlanda».
MARTINI: Queste cose valgono per le comunità in cui sono avvenuti questi casi come valgono per tutta la Chiesa. Ma per i protagonisti di questi casi, dove c’è una perversione e una compulsione interna, ci vuole anche l’intervento degli psicoterapeuti. Si tratta di capire il perché di queste compulsioni, e come è possibile dominarle, e gli altri mezzi non entrano in questo aspetto specifico.
Spesso fanno passare lei come un fustigatore delle insufficienze e dei limiti della Chiesa. Si ritrova in simili descrizioni?
MARTINI: La Chiesa, considerata nella sua globalità, è piena di santità e di forza interiore. La stampa si accanisce su episodi particolari, ma in tutto il mondo c’è tanta gente leale, buona, devota, che opera senza rumore. E io sono tanto grato a Dio, anche proprio per aver potuto vivere questo tempo. Non avrei mai voluto vivere in momenti come quello della Riforma protestante, o dello Scisma d’Oriente, o al tempo dello Scisma d’Occidente, quando c’erano due papi, uno a Roma e l’altro ad Avignone. Adesso, la Chiesa dà una bella mostra di sé. Ci sono limiti e mancanze inevitabili, e anche essi rientrano nel disegno misterioso della volontà di Dio.
Allora non è vero che il suo sentimento dominante sia una sorta di amarezza, centrata sulla denuncia di debolezze e carrierismi.
MARTINI: Io ringrazio sempre Dio per come ha accompagnato la mia vita, per tante persone che ha messo al mio fianco lungo il cammino. Dico sempre che Lui mi ha anche viziato. Tutta la vita mi ha mostrato che Dio è buono e prepara la strada a ciascuno di noi. Ho avuto tantissimo, ho anche dato quel che ho potuto. E davvero sono contento, davanti a Lui.
http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=22311
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