giovedì 13 maggio 2010

Il Papa:Porto con me le preoccupazioni e le attese di questo nostro tempo e le sofferenze dell'umanità ferita e vengo a deporli ai piedi della Madonna


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Il Papa offre alla Madonna le sofferenze di tutti. Benedetto XVI in preghiera nel sanntuario: "Aiutare i confratelli a non cedere al maligno".

Andrea Gagliarducci

«Porto con me le preoccupazioni e le attese di questo nostro tempo e le sofferenze dell'umanità ferita, i problemi del mondo, e vengo a deporli ai piedi della Madonna di Fatima». Benedetto XVI arriva a Fatima nel secondo giorno del suo viaggio in Portogallo. E le sue parole suonano come una richiesta forte ai sacerdoti, che non devono «cedere al mondo del maligno». Dal discorso al mondo della cultura, passando per le parole pronunciate durante la celebrazione dei Vespri, fino all'ultimo discorso della giornata all'inizio del Rosario, Benedetto XVI porta avanti il suo disegno di purificazione della Chiesa. Il terzo mistero di Fatima non è finito con l'attentato a Giovanni Paolo II: è la sofferenza che la Chiesa vive ancora oggi. Ed è una sofferenza che la Chiesa vive per «i peccati che ci sono dall'interno», come ha detto Benedetto XVI già durante il viaggio in aereo.
Sullo sfondo dello scandalo della pedofilia, il Papa invoca la Madonna affinché aiuti i sacerdoti a non cedere «alle suggestioni del Maligno» in una preghiera di «affidamento e consacrazione dei sacerdoti al cuore immacolato di Maria» pronunciata al santuario di Fatima. «Aiutaci, con la tua potente intercessione, a non venir mai meno a questa sublime vocazione, a non cedere ai nostri egoismi, alle lusinghe del mondo ed alle suggestioni del Maligno - dice la preghiera - Madre nostra da sempre, non ti stancare di visitarci, di consolarci, di sostenerci. Vieni in nostro soccorso e liberaci da ogni pericolo che incombe su di noi. Con questo atto di affidamento e di consacrazione, vogliamo accoglierti in modo più profondo e radicale, per sempre e totalmente, nella nostra esistenza umana e sacerdotale. La tua presenza faccia rifiorire il deserto delle nostre solitudini e brillare il sole sulle nostre oscurità, faccia tornare la calma dopo la tempesta, affinché ogni uomo veda la salvezza del Signore, che ha il nome e il volto di Gesù, riflesso nei nostri cuori, per sempre uniti al tuo».
«Possa la Chiesa - ha detto ancora il Papa - essere rinnovata da santi sacerdoti, trasfigurati dalla grazia di Colui che fa nuove tutte le cose». Ammonisce il Papa, riprendendo le parole del Curato d'Ars: «Guai al Pastore che rimane zitto vedendo Dio oltraggiato e le anime perdersi». Sottolinea che deve suonare un campanello d'allarme di fronte alle «situazioni di un certo indebolimento degli ideali sacerdotali oppure al fatto di vedere sacerdoti che si dedicano ad attività che non si accordano integralmente con ciò che è proprio di un ministro di Gesù Cristo». Perché, aveva spiegato in precedenza nella nuova chiesa della Santissima Trinità, costruita per accogliere 10 mila fedeli, «è quello il momento di assumere insieme con il calore della fraternità, il fermo atteggiamento del fratello che aiuta il proprio fratello a restare in piedi». I preti «siano poveri, casti, obbedienti».
Il Papa non usa mai il termine pedofilia: sa che la crisi della Chiesa viene da un indebolimento della vocazione, e afferma: «La fedeltà alla propria vocazione esige coraggio e fiducia, ma il Signore vuole anche che sappiate unire le vostre forze; siate solleciti gli uni verso gli altri, sostenendovi fraternamente». Ma da dove parte la crisi della Chiesa? Già nella lettera ai sacerdoti d'Irlanda, il Papa aveva indicato in alcune interpretazioni del Concilio le radici di una crisi. Nella mattinata, ancora a Lisbona, nell'incontro con il mondo della cultura, il Papa aveva guardato alla positività del Concilio Vaticano II, che accolse «le migliori istanze della modernità», facendo sì che la Chiesa «superasse gli errori del passato» e «i vicoli senza uscita», ponendo i presupposti «per un autentico rinnovamento cattolico e per una nuova civiltà, la civiltà dell'amore, come servizio evangelico all'uomo e alla società».
È un importante apertura al rinnovamento del Concilio, ma è anche una dichiarazione di metodo: tradizione e modernità non si escludono l'una con l'altra. E la religione deve confrontarsi con la modernità. «Infatti - dice il Papa - il dialogo senza ambiguità e rispettoso delle parti in esso coinvolte è oggi una priorità nel mondo, alla quale la Chiesa non intende sottrarsi».

© Copyright Il Tempo, 13 maggio 2010 consultabile online anche qui.

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