giovedì 24 giugno 2010

Ministero curia romana (Filippo Di Giacomo)


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Indagini sul card. Sepe: altri articoli di martedì 22 giugno 2010

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Giovedì prossimo, il Papa in visita al Centro "Don Orione" e al Monastero domenicano di Monte Mario. La testimonianza della priora,suor Maria Angelica

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Un ex chierichetto di Mixa esclude che possa aver commesso avance omosessuali

Dietrofront. Il SZ precisa che nel dossier su Mixa non si farebbe riferimento ad abusi sessuali su minori ma ad avances omosessuali su maggiorenni

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Il card. Sepe non ci sta a passare per capro espiatorio e si difende chiamando in causa direttamente la Segreteria di Stato vaticana (Galeazzi)

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Card. Stanislao Dziwicsz: qualcuno vuole fare del male a Sepe. Lo conosco da anni, ha fatto solo del bene alla Chiesa

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Sepe, gli altri, e le domande degli ingenui (Aldo Maria Valli)

Ora la Santa Sede ha la possibilità di agire con la massima trasparenza. Lo faccia! Costi quel che costi...

Indagini sul card. Sepe: altri articoli di lunedì 21 giugno 2010

Rusconi per «La Stampa» sull'omelia del Papa: Parole lucide e puntuali (Osservatore Romano)

Appello per ottenere dal Santo Padre la grazia di veder proclamato San Giovanni Maria Vianney Patrono di tutti i sacerdoti

Papa Ratzinger paga anche per gli altri: coraggioso commento di Rusconi

Chi è Sepe, l'impresario di Dio. Commento di Sandro Magister

Il "caso" Propaganda Fide e l'indagine sul card. Sepe: lo speciale del blog

Su segnalazione di Eufemia leggiamo:

Ministero curia romana

Filippo Di Giacomo

Pare sia stata Claire Booth Luce, ambasciatrice americana a Roma dal 1953 al 1957, a meritare una delle stilettate più famose di monsignor Tardini, allora pro-segretario di stato di Pio XII. Appena arrivata a Via Veneto, l’ex direttrice di Vanity Fair andò in Vaticano per ottenere una dichiarazione pontificia a favore della politica di Eisenhower nel Sud-Est asiatico. E di fronte alle evidenti reticenze del diplomatico vaticano, tentò di forzare la mano esclamando: «ma insomma, di cosa avete paura, siete la prima diplomazia del mondo». Il prelato, guardandola di sottecchi, rispose: «Noi siamo i primi? Figuriamoci come devono stare i secondi». All’epoca, le rappresentanze diplomatiche della Santa Sede erano una trentina (diventeranno quaranta con Giovanni XXIII, settanta con Paolo VI, centosettantotto con Giovanni Paolo II), le congregazioni undici, le diocesi un migliaio circa e tanto bastava a coordinare una cattolicità in effervescenza sia in Occidente e sia, grazie alle missioni, negli altri continenti. Dentro e fuori dal Vaticano, alla fine degli anni Cinquanta, sopravvivevano strutture casarecce che, magari solo nominalmente, fingevano di mantenere in piedi i fasti della corte pontificia e del potere temporale, “congelate” così com’erano dal risorgimento italiano.
Nel 1964, Paolo VI mandò a casa famigli, nobili ed armigeri e ristrutturò la vita fra le sacre mura confidando nell’aiuto delle diocesi e nel volontariato dei laici cattolici. I “gentiluomini del papa” nascono allora, come scelta squadra di uomini per bene che, senza ricompensa, sostituivano i rampolli della nobiltà nera romana. La curia di Papa Montini tentò di captare le energie di una cattolicità sempre meno occidentale inserendole in un reticolo di strutture (nove congregazioni, undici consigli, sette commissioni, tre tribunali, due banche, otto accademie) e di altre numerose istituzioni collegate. Queste, insieme alle oltre duemilasettecento diocesi sparse nel mondo, vennero poste sotto il controllo dalla “segreteria di stato”, una sorta di consiglio di amministrazione con un presidente (il segretario di stato) e un direttore generale (il sostituto) unici due personaggi ad avere accesso diretto alla scrivania del pontefice regnante. Nella Curia Romana lavorano 2.748 persone (44 unità in più del 2006) di cui 778 ecclesiastici, 333 religiosi e 1.637 laici (di cui 425 donne). Il costo sostenuto nel 2007 (anno degli ultimi dati posseduti) è stato di 102,5 milioni di euro, di cui 24,6 milioni per oneri sociali. I pensionati sono 929, con un costo complessivo di 18,2 milioni. Una macchina così articolata, ovviamente ha bisogno di un bacino di risorse umane adeguato sia al funzionamento ordinario sia alla formazione e alla scelta dei leader. Il problema base dell’attuale impasse del centro della curia romana, forse, è tutto qui. Dalle diocesi del mondo il personale tra mille difficoltà arriva con il contagocce, e non è detto che per Roma i vescovi siano sempre disposti a privarsi dei giovani più promettenti. Anche gli istituti religiosi, da sempre “serbatoio” privilegiato di intelligenze e talenti, ormai lamentano il reclutamento dei loro uomini migliori sottratti al rinnovamento della vita consacrata per sopperire alle carenze di personale in diocesi in cui il clero non è sufficiente: diventano vescovi e lasciano vacanti posti delicati nei loro istituti. E il gigantismo organizzativo della curia, che Giovanni Paolo II provò due volte invano di semplificare, sembra aver prodotto due effetti: l’aumento delle motivazioni morali dei più, anonimi che si sacrificano e “tirano la carretta” quasi con eroismo, proprio per sovvenire all’incapacità di troppi, e le straordinarie carriere di pochi decise con categorie da far impallidire quelle da casta che la società civile, a dispetto di quella dei chierici, ha ormai il coraggio di denunciare. Per quanto se ne sa, la “colpa” del cardinale Sepe è stata affidarsi, per superare questi due gap, a tre “competenti” (un esperto di opere pubbliche, un magistrato e un ex manager pubblico) almeno uno dei quali approdato a Propaganda Fide con la sua esperienza professionale e i suoi non pochi demoni esistenziali. Comunque, per misteriose coincidenze, già ai suoi inizi, nel nuovo millennio il tempo sembra scorrere velocemente e intenzionato a portarsi via molte contraddizioni storiche. Con il Concilio, agli inizi degli anni Sessanta, la Chiesa Cattolica ha compreso di dover affrontare le fasi di formazione di una nuova società mondiale, una realtà considerata dalla teologia di Ratzinger un evento spartiacque, l’inversione del corso di una corrente. È il momento forse, che la Chiesa promuova una seria indagine sociologica per comprendere quanto di nuovo ha già ricevuto dalla storia e quanto di vecchio debba ancora essere abbandonato.

© Copyright L'Unità, 23 giugno 2010 consultabile online anche qui.

Sono proprio necessari tutti quei dipendenti?
R.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Qualsiasi ministero ha molti più dipendenti della Curia romana, per non parlare degli enti locali che spesso hanno competenze sovrapposte e confliggenti con quelli centrali. Se poi vogliamo contare i dipendenti dei partiti, dei giornali (che ricevono i contributi pubblici), si capisce perché a Pomigliano non siano tanto contenti. Certo vivendo a Roma è difficile non essere anticlericale, ma il catarismo fu considerato un'eresia e per fortuna che c'era san Domenico. Eufemia